Gaza è una scatola chiusa con 2 milioni di persone sotto assedio israeliano.
In Cisgiordania si moltiplicano gli attacchi e i rastrellamenti dell’esercito occupante.
Il popolo, nel mondo, scende in piazza per chiedere immediato ingresso degli aiuti umanitari e porre fine al genocidio del popolo palestinese.
Dal 7 ottobre l’odio sionista tiene in ostaggio gli oltre 2 milioni di persone che vivono a Gaza, privandole di acqua, cibo, elettricità, soccorsi umanitari, bombardando indiscriminatamente.
Da 17 anni Gaza è ostaggio di un assedio omicida, un castigo collettivo inflitto alla popolazione, costretta da Israele a vivere in una prigione a cielo aperto, sotto embargo e con i confini – terrestri, aerei e marittimi – controllati militarmente.
Da 75 anni, l’intero popolo palestinese è ostaggio dell’occupazione israeliana che infierisce con logiche coloniali e di apartheid nei territori di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme est.
In questo quadro, necessario per contestualizzare una situazione tanto complessa, entrare nelle maglie narrative occidentali, inutili e perverse, su chi ha bombardato l’ospedale Al Ahli, è fuorviante perché unanimemente appurato che:
Israele sta bombardando scuole ONU e luoghi di ogni culto dove i gazawi cercano rifugio;
Israele ha chiesto a un milione di persone di evacuare l’area nord di Gaza per poi bombardare quella sud dove aveva indicato loro di trovare riparo; Israele ha intimato l’immediata evacuazione degli ospedali di tutta Gaza per procedere con un bombardamento indiscriminato;Israele ha intensificat o i rastrellamenti quotidiani in Cisgiordania; Israele, nei primi 8 mesi del 2023, ha ucciso in un’escalation senza pari il più alto numero di palestinesi mai registrato dalla seconda Intifada;Israele tiene oltre 1500 palestinesi ostaggio di una detenzione amministrativa totalmente discrezionale.
Non c’è tregua dove c’è uno Stato, come è il caso di Israele, che opera in spregio a tutte le risoluzioni ONU e al diritto internazionale dal 1948.
Non c’è tregua quando il ricorso alla forza, brutale e indiscriminata, è parte di una tradizione consolidata in Israele e attuata, sia da un corpo militare ufficiale in divisa, l’army, che da un corpo militare in borghese, i coloni.
Tutto questo ha condotto a un grado di esasperazione di cui Netanyahu e l’estrema destra con cui governa sono i primi responsabili. Sostenuti e rafforzati da una comunità internazionale vile, connivente e compiacente.
La supremazia bianca, occidentale, economico-finanziaria, tecnologica e militare, piega alle sue logiche la narrativa globale, opprime e distrugge.
La resilienza del popolo palestinese ha radici profonde. E’ stata soffocata in questi anni ma mai schiacciata. E’ ora di pretendere e rivendicare onestà intellettuale dalla comunità internazionale e giustizia sociale per un popolo che resiste da 75 anni.
Non ci sono parole, c’è sangue che scorre. Urge azione, urge rompere il muro politico e mediatico: scendere in piazza con i colori del popolo che resiste è una comunicazione potente.