Alla darsena di Milano, luogo di confluenza dei Navigli, da qualche giorno è apparsa una barca ribaltata su cui campeggia una scritta bianca su sfondo azzurro: «Strage di Lampedusa 3 ottobre 2013».
A dieci anni da quella vicenda dove – ricordiamo – sono deceduti 368 esseri umani (perché dire sempre e solo migranti?) accertati, in uno dei più gravi incidenti marittimi: migranti, uomini, donne e bambini provenienti dalla Libia per migliorare le loro condizioni di vita.
Esseri umani in fuga dai loro paesi di provenienza, nel tentativo di sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria. Il Municipio di quell’area milanese ha voluto ricordare quella strage umana con una “installazione artistica”: un’immagine che sostituisca la retorica per consacrare alla memoria quanto accaduto. A contorno di questa installazione si vedono numerose braccia di adulti e bambini alzate intorno all’imbarcazione circondate, appunto, da 368 crisantemi.
All’inaugurazione il presidente del Municipio cittadino ha ricordato che «le braccia che affiorano dall’acqua danno un messaggio crudo ma vero. Una scena che siamo tristemente abituati a vedere nelle immagini che arrivano dal Mediterraneo e che ci trasmette un dovere: tendere la mano. Perché le braccia che affiorano dall’acqua sono persone che lottano per la propria vita, uomini, donne e bambini che l’indifferenza e le misure ideologiche contro i salvataggi in mare rischiano di trasformare in corpi morti, a riempire quell’enorme cimitero che è ormai il Mar Mediterraneo».
L’installazione, tuttavia, induce alcune critiche da parte di esperti d’arte che affrontano la tematica riportando che si tratti di «… un afflato più che condivisibile, specie per il pensiero che sostiene il ragionamento, che però conferma quanto la trattazione del tema sia stata scolastica, affidata alla retorica del “tendere la mano”. Ma non è ingiusto sostenere che un’operazione animata da buoni propositi sia intrisa di cattivo gusto? No, proprio perché l’installazione, così concepita, non rende giustizia alla causa dei migranti…» … «…l’opera in questione manca totalmente di visione, limitandosi ad affrontare il tema in modo didascalico, più attenta a scioccare chi osserva con un’iconografia ingenua e banale (pure mal realizzata, all’insegna di un dilagante cattivo gusto che sarebbe fuori luogo anche nel più trash degli allestimenti del Fuorisalone), che a stimolare una riflessione ricorrendo al potere dell’immaginazione. Perché questo dovrebbe fare l’arte contemporanea in un contesto pubblico: schivare la retorica del “semplice ma potente”, per potenziare il messaggio di denuncia. Che invece al cospetto della chiglia di nave capovolta, circondata da 368 crisantemi e da braccia che emergono dall’acqua – come si presenta l’installazione meneghina – è fin troppo esplicito e didascalico nei contenuti, ma si perde nella fragilità di una messa in scena kitsch e politicamente corretta, priva di potenza concettuale».
Il tema che ci poniamo riportando questa critica è l’incapacità della politica di rapportarsi all’arte per ciò che dovrebbe rappresentare, senza espedienti che possano distrarre dalle possibili soluzioni, ovvero: «una forza che non cerca scorciatoie e che non propone soluzioni facili al fine di generare consenso (e voti in cabina elettorale)».
Per quanti hanno interesse a “farsi colpire” da quanto la municipalità volesse esprimere con quest’opera e la possibile critica che è stata esposta, l’installazione sarà visibile fino al prossimo 08 ottobre.