Sabato 21 ottobre è stata una giornata nazionale di manifestazioni contro la guerra, le basi militari, l’industria bellica. Si sono svolti affollati cortei in varie parti d’Italia, in particolare a Ghedi in Lombardia, a Pisa e a Palermo.
La data è stata scelta nella consapevolezza che il conflitto in corso in Ucraina non vede vie d’uscita, che la possibilità del suo allargamento e del coinvolgimento diretto di altri Paesi è concreta e reale, che l’Occidente, e in particolare il nostro Paese, è sempre più compromesso nel conflitto e sempre più schierato su posizione atlantiste. L’impegno bellico dell’Italia, inoltre, contribuisce in modo diretto alla crescita dell’inflazione, all’aumento del costo dei generi di prima necessità, alla crescita sconsiderata del costo di gas, energia elettrica e carburante. La politica italiana appare orientata verso una militarizzazione crescente che impone una informazione a senso unico. Così manifestare pubblicamente contro la guerra contribuisce anche a creare un varco nella narrazione mediatica unidirezionale, nazionale e locale, pubblica e privata.
Dalle 17 una nutrita folla si è radunata a Palermo in via Oreto Nuova, luogo insolito per appuntamenti politici. Attivisti giunti da varie parti dell’Isola ed in particolare da Messina, Catania, Ragusa hanno riempito la piazza. La dimostrazione, indetta dal movimento No Muos, ha visto la partecipazione di diverse realtà politiche, sociali e sindacali. Il corteo è stato colorato dalle bandiere palestinesi, del Kurdistan, del No Muos, del No Ponte, dei sindacati di base Cobas, Slaicobas, Cub, Usb, di organizzazioni politiche e sociali come Antudo, Pcl, Fgc e Fas.
Lo striscione di apertura recitava: “Guerra alla guerra dei padroni”. Diverse centinaia (almeno cinquecento) le persone che hanno sfilato per le vie del quartiere Guadagna, quartiere periferico che raramente è stato testimone di proteste politiche o sindacali, ma che da qualche tempo ospita una fabbrica militare della Leonardo spa. Grande attenzione fra la gente che ha ascoltato gli interventi al microfono, che ha osservato con interesse dai balconi e dalle piazze attraversate. Grande spiegamento delle forze dell’ordine che hanno presidiato gli obiettivi “sensibili” e “accompagnato” il corteo per tutto il tragitto. Corteo seguito dall’inizio alla fine anche da un elicottero della polizia.
Il raduno è stato caratterizzato dalla presenza di una delegazione di palestinesi che con un grandissimo bandierone della Palestina ha voluto rimarcare la terribile situazione che sta interessando la striscia di Gaza e tutto il Medio Oriente.
La piazza di Palermo è stata “contro la guerra senza se e senza ma”: contro le politiche di guerra russe e ucraine, contro le politiche aggressive degli Stati Uniti, della Nato e dell’Occidente europeo, contro l’orrore delle stragi di civili in Medio Oriente e la devastazione di Gaza perpetrata dall’esercito Israeliano.
Tantissimi giovani, tante donne in un corteo colorato e inclusivo, attraversato dagli organizzatori del Disability Pride che con le loro carrozzine hano dato ancor più senso alla richiesta di sospendere i finanziamenti all’industria bellica e investire invece nella salute pubblica. Da via Oreto si è fatta sosta in piazza Guadagna interagendo con la gente del quartiere, per poi fermarsi dinanzi all’ASL Guadagna (ex Lazzaretto) e chiedere la sanità di prossimità; il corteo ha quindi proseguito fin davanti ai cancelli della Leonardo spa, dove sono state esposte fotografie che denunciavano le atrocità della guerra, fino a terminare nuovamente in via Oreto, dove a microfono aperto si sono susseguiti tanti interventi.
Si è voluto evidenziare il ruolo attivo dell’industria bellica italiana – e in particolare della nostra città* – nei vari conflitti che stanno incendiando varie parti del Pianeta. Ma ci si è prefissi anche uno scopo di controinformazione: i residenti nei palazzoni-alveari della zona sapevano dell’esistenza della fabbrica (ogni tanto udivano strani scoppi…) ma ne ignoravano la destinazione militare e quindi la pericolosità. Parlarne insieme, mostrare le immagini di diversi conflitti è stato un modo per favorire una presa di coscienza dei diritti di ognunɘ alla serenità e alla pace.
Obiettivo più vasto e lungimirante, infine, era ed è la riconversione dell’industria bellica in industria civile e di pace, il taglio alle spese militari e l’investimento delle risorse pubbliche per la sanità, l’istruzione, il tessuto sociale in genere e la lotta alla povertà.
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