Valentin Mufila, autore di 30 articoli usciti su Pressenza sulla riscoperta della storia africana, cantante, musicista e compositore originario della Repubblica Democratica del Congo, ha lavorato dal 2021 insieme al produttore Antonio Testa al nuovo album “Il Faut Vivre”, a cui hanno contribuito numerosi amici e musicisti. Uscito da pochi giorni, il CD unisce sonorità africane, strumenti etnici tradizionali e non, elaborati e miscelati con la musica ambient ed elettronica. Con il nome di Sanzamamu, portano la loro musica in eventi sociali e culturali, riproducendo dal vivo le percussioni etniche di Antonio e la chitarra e voce di Valentin. Gli abbiamo chiesto di parlare di questo progetto.
Da dove nasce l’idea dell’album “Il Faut Vivre”?
L’album è nato quasi per miracolo, dato che il mio mondo e quello del Maestro Antonio Testa sembravano molto diversi. Antonio è uno specialista di musica ambient, mentre i miei generi sono la musica tradizionale africana, il pop, e tanti altri. Un giorno l’associazione Fonte di Speranza con cui collaboro nel campo sociale mi chiese se c’era la possibilità di fare un album umanitario per loro, ma il progetto non andò in porto. Antonio Testa mi disse: “Perché non lo facciamo noi?” E cosi per due anni ci siamo messi a lavorare su questo album.
L’abbiamo realizzato in pieno lockdown con tante difficoltà, innanzitutto sulla direzione da prendere, ma una cosa era certa: in quel clima di emergenza bisognava celebrare la vita per curare prima noi e poi il pubblico.
Di quanti pezzi è composto? Puoi descriverceli?
L’album contiene 14 pezzi, con chitarra, cori e percussioni multietniche. Io ne ho scritti dodici. Con il maestro Antonio Testa ne abbiamo composti tredici. C’è anche un pezzo solo di Antonio, che adoro, “Dance to Bobo”, registrato dopo un soggiorno in Burkina Faso.
II maestro ha realizzato dei bellissimi arrangiamenti e invitato tanti bravi musicisti, tra cui Lino Canavacciolo, ex violoncellista di Pino Daniele. Dovevo duettare con Sarah Jane Morison, una grande cantante nel pezzo che dà il titolo all’album, ma purtroppo non è stato possibile.
Si va da pezzi tradizionali africani al jazz, all’Afro beat, al pop, all’hip hop, fino alla musica ambient, sempre con strumenti suonati dal vivo.
Vorrei ringraziare i figli di Antonio Testa e tutta la squadra che ha lavorato alla realizzazione dell’album. Trovate i loro nomi sul disco e anche nelle descrizioni video.
Che cosa vuol dire Sanzamamu?
In alcuni Paesi africani Sanza è un altro nome della Kalimba, un antichissimo strumento musicale suonato nei villaggi per raccontare storie o celebrare feste, mentre nella lingua congolese Lingala significa Luna. Mamu vuol dire Mamma in varie parti del Congo, quindi è un gioco di parole tra lo strumento, la Luna e la Mamma.
Che legame c’è tra la tua musica e la storia e la cultura africana, di cui sei un profondo conoscitore?
Io sono un cantastorie e per me il passato dell’Africa (Kama) è una fonte di inspirazione infinita, soprattutto per quanto riguarda vari riti iniziatici. Per esempio “Kalumbandi” la canzone numero 3 dell’album, è ispirata al rito che riguarda la nascita in Kongo (uso la K perché nelle lingue Kongo la C non esiste). Bisogna sapere che le stelle cadenti giocano un ruolo fondamentale per i nomi dei bambini; per esempio nel mio popolo, i Luba, se una donna incinta vede una stella cadente sopra la sua casa sua il bambino o la bambina si chiamerà Ntumba wa mulu, ossia “portato da una stella”.
Un altro esempio è la canzone numero 14, “Tshanga”, che si richiama alla filosofia africana dell’Ubuntu, basata sulla solidarietà e la connessione tra tutti gli esseri viventi.
Dove si può trovare l’album?
Potete trovare su Youtube il nostro primo video clip “Who knows” realizzato da Simona Picchi Macchiavelli.
Altri link:
https://www.facebook.com/SanzaMamu/
https://www.facebook.com/valentin.mufila
https://www.youtube.com/@ValentinMufila_Official81
https://www.youtube.com/@SANZAMAMU