Il capo degli aiuti di emergenza delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, lunedì ha espresso profonda preoccupazione per l’aggravarsi della crisi umanitaria a Gaza e per la sorte degli ostaggi israeliani, pur anticipando “buone notizie” sull’accesso degli aiuti nel sud di Gaza dall’Egitto.
“Stiamo vivendo i tempi peggiori. La prima cosa che voglio sottolineare è l’atto inaccettabile e illegale di prendere gli ostaggi da Israele, molti dei quali sono bambini, donne, vecchi e malati, e tenerli nascosti a Gaza contro qualche eventualità futura. Devono essere liberati immediatamente.
Numero due: la risposta a questo atto vergognoso comprende anche le regole umanitarie di guerra. Non si può chiedere alle persone di allontanarsi dal pericolo senza aiutarle a farlo, a recarsi in luoghi di loro scelta dove vogliono essere al sicuro e con gli aiuti umanitari di cui hanno bisogno per compiere il viaggio in sicurezza.
In questo momento, gli spostamenti che si sono verificati non hanno avuto queste disposizioni e devono averle; gli ospedali stanno esaurendo il carburante, stanno esaurendo le scorte nel nord. Le persone non possono muoversi senza aiuto.
Numero tre: abbiamo bisogno di accesso agli aiuti. Stiamo discutendo a fondo con gli israeliani, con gli egiziani e con altri, aiutati enormemente dal Segretario Blinken nei suoi viaggi nella regione. E spero di sentire qualche buona notizia questa mattina sulla possibilità di far passare gli aiuti attraverso Rafah, uno dei punti di passaggio ma importante, a Gaza per aiutare quel milione di persone che si sono spostate a sud e quelli che già vivono lì. Quindi, regole di guerra, aiuti, accesso.
Domani mi recherò personalmente nella regione per cercare di contribuire ai negoziati, per testimoniare ed esprimere solidarietà allo straordinario coraggio delle migliaia di operatori umanitari che hanno mantenuto la rotta e che sono ancora lì ad aiutare la popolazione di Gaza e della Cisgiordania.
E voglio lasciarvi con un’ultima riflessione. La storia ci dice che un atto di guerra ha conseguenze che spesso non vengono considerate, quando le persone si muovono in quegli atti di guerra. Abbiamo già visto questo film troppo spesso.
Dobbiamo preoccuparci di creare una situazione – per quanto assurda possa sembrare al momento – in cui israeliani e palestinesi possano vivere come vicini, come amici, idealmente, certamente come interlocutori, senza bisogno di darsi lezioni a vicenda attraverso la guerra. Grazie”