Nel 2022 è proseguito il calo delle nascite, in tutte le aree del Paese. Un fenomeno  dipendente dall’effetto della modificazione della struttura per età della popolazione femminile e dalla diminuzione della propensione ad avere figli, ma anche dalle tante difficoltà connesse con il lavoro (povero, precario, intermittente, inesistente), la casa (sempre più proibitiva anche in affitto), il costo della vita in generale e la carenza di servizi di welfare. Difficoltà che mal si coinciliano con la maternità e la paternità. Le cittadine straniere hanno finora compensato questo squilibrio strutturale, tuttavia negli ultimi anni si nota una diminuzione della fecondità delle donne straniere. La fecondità si mantiene pressoché costante rispetto agli anni precedenti: nel 2022 il numero medio di figli per donna è pari a 1,24 (rispetto a 1,42 del 2012). I dati per il 2022 danno livelli più elevati di fecondità al Nord nelle Province Autonome di Trento e Bolzano e nel Mezzogiorno in Campania e Sicilia. Le regioni in assoluto meno prolifiche sono invece Sardegna e Molise.

Sono alcuni dei dati del Rapporto annuale sull’evento nascita in Italia, a cura dell’Ufficio di Statistica del Ministero della Salute, che illustra le analisi dei dati rilevati per l’anno 2022 dal flusso informativo del Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP), evidenziando innanzitutto come l’ 89,0% dei parti sia avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, il 10,8% nelle case di cura e solo lo 0,15% altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, etc.). Naturalmente nelle Regioni in cui è rilevante la presenza di strutture private accreditate rispetto alle pubbliche, le percentuali sono sostanzialmente diverse. Il 62,2% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Tali strutture, in numero di 137, rappresentano il 34,7% dei punti nascita totali, che sono 359. Il 7,5% dei parti ha luogo invece in strutture che accolgono meno di 500 parti annui.

Nel 2022, circa il 20,0% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Tale fenomeno è più diffuso nelle aree del Paese con maggiore presenza straniera, ovvero al Centro-Nord, dove più del 26% dei parti avviene da madri non italiane; in particolare, in Emilia-Romagna, Liguria e Marche oltre il 30% delle nascite è riferito a madri straniere. Le aree geografiche di provenienza più rappresentate, sono quella dell’Africa (28,7%) e dell’Unione Europea (19,6%). Le madri di origine Asiatica e Sud Americana costituiscono rispettivamente il 19,3% e il 7,9% delle madri straniere.

L’età media della madre è di 33,1 anni per le italiane mentre scende a 31,1 anni per le cittadine straniere.  L’età media al primo figlio è per le donne italiane, quasi in tutte le Regioni, superiore a 31 anni, con variazioni sensibili tra le regioni del Nord e quelle del Sud. Le donne straniere partoriscono il primo figlio in media a 29,2 anni. Delle donne che hanno partorito nell’anno 2022,  il 42,5% ha una scolarità medio alta, il 22,7% medio bassa ed il 34,8% ha conseguito la laurea. Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (41,3%). Il 58,6% delle madri ha inoltre un’occupazione lavorativa, il 24,7% sono casalinghe ed il 14,5% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione. La condizione professionale delle straniere che hanno partorito nel 2022 è per il 50,4% quella di casalinga a fronte del 66,1% delle donne italiane che hanno invece un’occupazione lavorativa.

Si conferma il ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica: in media  il 31,0% dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali che comunque evidenziano che in Italia vi è un ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. I dati denotano comunque una tendenza alla diminuzione in linea con le indicazioni delle “Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”. Rispetto al luogo del parto si registra un’elevata propensione all’uso del taglio cesareo nelle case di cura accreditate, in cui si registra tale procedura in circa il 44,5% dei parti contro il 29,3% negli ospedali pubblici. Il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto alle donne straniere: si ricorre al taglio cesareo nel 27,4% dei parti di madri straniere e nel 31,8% dei parti di madri italiane.

Lo 0,9% dei nati ha un peso inferiore a 1.500 grammi ed il 6,2% tra 1.500 e 2.500 grammi. Nei test di valutazione della vitalità del neonato (tramite indice Apgar che valuta al 1°, al 5° minuto dalla nascita e ogni 5 minuti se ritenuto necessario. In base al punteggio è possibile suddividere i neonati in 3 gruppi.
Il punteggio da 7 a 10 individua un neonato normale, vitale e sano. Da 0 a 6 identifica una condizione neonatale grave o gravissima)
, il 98,5% dei nati ha riportato un punteggio a 5 minuti dalla nascita compreso tra 7 e 10. Sono stati rilevati 994 nati morti corrispondenti ad un tasso di natimortalità, pari a 2,40 nati morti ogni 1.000 nati, e registrati 4.332 casi di malformazioni diagnosticate alla nascita. L’indicazione della diagnosi è presente rispettivamente solo nel 34,1% dei casi di natimortalità e nell’ 85,3% di nati con malformazioni.

Il ricorso ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) risulta effettuato in media in 3,7 gravidanze ogni 100. La tecnica più utilizzata è stata la fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero (FIVET), seguita dal metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (ICSI).

Il numero di parti plurimi nel 2022 è pari a 6.096 che rappresenta l’1,6% del totale dei parti. Non si registrano differenze regionali significative: il range di variazione va dallo 0,1% del Molise al 2,7% della Sardegna. L’incidenza di parti plurimi è considerevolmente maggiore nelle gravidanze con procreazione medicalmente assistita, con un valore nazionale pari all’8,9%. La frequenza dei parti plurimi risulta più elevata fra le madri con più di 40 anni.

La donna ha accanto a sé al momento del parto (esclusi i cesarei) nel 94,9% dei casi il padre del bambino, nel 4,1% un familiare e nell’1,0% un’altra persona di fiducia. La presenza di una persona di fiducia piuttosto che di un’altra risulta essere influenzata dall’area geografica.

Qui per scaricare il Rapporto: https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3346_allegato.pdf.