Una denuncia contro le armi nucleari in Italia. Una denuncia in cui si chiede, intanto, un’indagine vera che accerti la presenza o meno di questi ordigni sul nostro suolo, dato che ufficialmente nessuno mai si è assunto la responsabilità di dire in proposito una parola chiara.
Sono ventidue i rappresentanti di associazioni pacifiste, antimilitariste e cattoliche (tra queste Abbasso la guerra, WILPF, Centro sociale 28 maggio, Associazione Papa Giovanni XXIII, Pax Christi) che, insieme a docenti universitari, avvocati, medici, educatori, volontari, Padri Colombiani e personaggi come Moni Ovadia e Alex Zanotelli hanno sottoscritto la denuncia presentata lunedì 2 ottobre alla Procura della Repubblica. A trasmettere la denuncia gli avvocati Joachim Lau e Caludio Giangiacomo, portavoce dei denuncianti l’avvocato Ugo Giannangeli.
Primo punto: queste armi ci sono o non ci sono? Allegati, diversi indizi (per estremo garantismo meglio non parlare di prove) che provengono da fonti autorevoli sia nazionali che internazionali, come un documento del CASD (Contro Alti Studi Difesa) e del CEMISS (Centro Militare di Studi Strategici), e la risposta del Ministro Mauro a un’interrogazione parlamentare del 17 febbraio 2014, risposta che, mirando a legittimare la presenza di tali ordigni, implicitamente ne riconosce l’esistenza, e una ricerca di Bellingcat (associazione di ricercatori, studiosi e giornalisti investigatici) del 28 maggio 2021. Curiosità: un errore nell’uso delle applicazioni con cui le forze armate statunitensi memorizzano i dati sulla custodia degli ordigni ha fatto sì che le schede di queste applicazioni siano diventate di dominio pubblico…
La questione dell’esistenza di armi nucleari in Italia, oltre ad essere ovviamente rilevante sotto il profilo morale, politico e della sicurezza, è complessa dal punto di vista giuridico. L’Italia non rientra tra gli “Stati con armi nucleari” o NWS, espressione con cui, in base al trattato di non proliferazione nucleare TNP, si indicano gli Stati che hanno costruito, assemblato e testato ordigni nucleari prima del 1° gennaio 1967 (USA, Unione Sovietica poi diventata Russia, Regno Unito, Francia, Cina). Non fa parte nemmeno degli altri Stati che, non aderenti al TNP, hanno sviluppato e sono in possesso di armamenti nucleari (India, Pakistan, Corea del Nord, Israele – ma il governo israeliano non ha mai confermato ufficialmente di possedere il nucleare). Però l’Italia ha ratificato il 24 aprile 1975 il TNP, che è l’impegno degli Stati in possesso di armi nucleari a non trasferirne agli Stati che ne sono privi, i quali a loro volta si obbligano a non riceverne né ad acquisirne il controllo diretto o indiretto. Fin qui, tutto lineare. È il successivo passaggio che desta sospetti: l’Italia NON ha firmato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari approvato il 7 luglio 2017 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021. Perché? La risposta più semplice (e non sempre le cose semplici non sono veritiere) è che sottoscriverlo porrebbe il nostro Paese, qualora nel suo territorio ci fossero armi nucleari, in una conclamata posizione di illegalità.
Pressenza, l’Agenzia Stampa Internazionale che da tempo sta raccogliendo e proponendo articoli e indagini su questa ingarbugliatissima questione, ha recentemente ospitato pareri autorevoli su quanto l’esistenza di ordigni nucleari presupporrebbe licenze e/o autorizzazioni alla loro importazione, ma queste confliggerebbero con l’articolo 1 della legge 185/90: «L’esportazione, l’importazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione e la delocalizzazione produttiva devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principii della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Tutto questo è riportato nella denuncia trasmessa alla Procura, illustrata nella conferenza stampa tenuta, non a caso, di fronte alla base militare di Ghedi, dove si pensa ci siano ordigni nucleari.
Intanto ci si allarma, e giustamente, per la notizia data dal New York Times di un missile nucleare che la Russia potrebbe testare o avrebbe già testato: il Burevestnik, arma a “raggio strategico” capace di distruggere aree molto vaste. E fa paura che la Corea del Nord abbia varato il primo “sottomarino tattico da attacco nucleare”, dopo una riuscita e ben pubblicizzata esercitazione. Ma qui in Italia? Silenzio. Nessuno che dichiari che le armi nucleari ci sono davvero, o che smentisca quello che tutti pensano e molti sanno o dicono di sapere.