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Amnesty International: “Schiaccianti prove di crimini di guerra a Gaza. La  comunità internazionale deve agire ora per impedire che diventi un gigantesco cimitero. Sedici anni di blocco illegale di Israele hanno reso Gaza la più grande prigione a cielo aperto del mondo”

Mentre le forze israeliane continuano a intensificare il loro assalto devastante alla Striscia di Gaza occupata, Amnesty International ha documentato attacchi illegali israeliani – compresi attacchi indiscriminati – che hanno causato massicce perdite civili e che devono essere indagati come crimini di guerra. L’organizzazione ha parlato con sopravvissuti e testimoni, ha analizzato immagini satellitari e ha verificato fotografie e video per indagare sui bombardamenti aerei condotti dalle forze israeliane dal 7 al 12 ottobre. Questi attacchi hanno causato orribili distruzioni e, in alcuni casi, hanno spazzato via intere famiglie. In ciascuno dei casi indagati, Israele ha violato il diritto internazionale umanitario: non prendendo le fattibili precauzioni per risparmiare vite civili, portando a termine attacchi indiscriminati che non hanno fatto distinzione tra obiettivi civili e obiettivi militari o compiendo attacchi che possono essere stati diretti contro obiettivi civili. “Nel dichiarato intento di utilizzare ogni mezzo per distruggere Hamas, Israele ha mostrato uno scioccante disprezzo per le vite dei civili. Hanno polverizzato palazzi residenziali, strada dopo strada, compiendo massicce uccisioni di civili e distruggendo infrastrutture fondamentali, proprio mentre i loro nuovi provvedimenti stavano rapidamente portando all’esaurirsi di acqua, cibo, carburante ed elettricità. Le dichiarazioni dei testimoni e dei sopravvissuti evidenziano come, ancora una volta, gli attacchi israeliani abbiano decimato famiglie palestinesi, causando una distruzione tale che i parenti superstiti non avevano che macerie per ricordare i loro cari”, ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International. “I cinque casi che seguono rappresentano solo una minima parte del terrore che Amnesty International ha documentato e illustrano il devastante impatto che i bombardamenti aerei di Israele stanno avendo sulla popolazione di Gaza.

 comunicato Amnesty International

 

Ursula von der Leyen, dimettiti! Resign now! Petizione di Unione Popolare: ” insensibilità umana verso le vittime palestinesi”

Come Unione Popolare siamo assolutamente colpiti e in profondo dissenso con il modo con cui la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen sta affrontando la gravissima crisi tra Israele e Palestina. Dinnanzi all’inadeguatezza dimostrata dalla presidente von der Leyen, ci sentiamo in dovere di prendere parola. Tanto più dopo aver letto la giusta lettera di ben 800 funzionari della Commissione europea che avanzano critiche che condividiamo. E che sono evidenti anche dalle “differenziazioni” assunte dal presidente del Consiglio europeo e dall’alta autorità alla politica estera. La presidente von der Leyen si è mossa formalmente e sostanzialmente fuori dal suo ruolo. Ha assunto iniziative e preso posizioni che non le spettavano e in contrasto con la stessa politica consolidata dell’Unione europea. I suoi pronunciamenti sono stati del tutto squilibrati in direzione di una parte e privi addirittura della sensibilità umana verso le vittime palestinesi. Addirittura, in questo, von der Leyen si è distinta negativamente dallo stesso presidente Biden. Noi, che siamo profondamente critici con la politica UE che non fa quello che dovrebbe per portare la pace e riconoscere i diritti del popolo palestinese e l’attuazione delle risoluzioni dell’Onu, pensiamo che la presidente von der Leyen sia andata ben oltre e che questo costituisca un atto intollerabile per le stesse istituzioni europee oltre che naturalmente per i cittadini. Per questo ne chiediamo le dimissioni.

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Cambierà la politica palestinese? Nour Odeh – ex portavoce dell’ANP- ritiene che « La barbara e mostruosa guerra posta in essere a Gaza avrà molti effetti a catena sulla scena politica palestinese: ci saranno personalità che saranno messe ai margini e figure politiche che non potranno più avere alcuna rilevanza. Ma credo sia troppo prematuro prevedere come andranno a finire le cose: ciò che è certo è che la politica palestinese non sarà più la stessa di quella che conoscevamo, antecedente al 7 ottobre»

Non siamo neanche a 20 giorni dall’impennata dell’escalation delle stragi, eppure è già piuttosto netta la sensazione che, almeno in questo angolo di mondo, ci si stia abituando. Si corre a precipizio verso il traguardo di tappa delle 10mila vittime palestinesi, diverse migliaia delle quali bambini, che non sono voluti fuggire da Gaza e dunque sostengono di fatto Hamas. Oggi, 25 ottobre, dal territorio siriano è partito un razzo verso le alture del Golan, che Israele occupa dal 1967, la risposta via aerea dello Stato ebraico ha ucciso 8 soldati siriani e ne ha feriti altri 7. Se il segretario generale delle Nazioni Unite dice che gli attacchi di Hamas del 7 ottobre non possono giustificare la portata della “punizione collettiva del popolo palestinese”, l’ambasciatore di Tel Aviv all’Onu, a nome di Israele, si sente autorizzato a chiederne indignato le dimissioni. Tutto normale, tutto va secondo il copione di sempre, verrebbe da dire. Ma è davvero così? Cosa è cambiato, sta cambiando o cambierà, ad esempio, nella politica palestinese alla luce di questa inevitabile svolta storica? È naturalmente molto presto per dirlo, Pasquale Liguori lo ha chiesto però, in questa ampia intervista, a Nour Odeh, autorevole analista ed ex portavoce dell’Autorità nazionale palestinese. La barbara e mostruosa guerra posta in essere a Gaza avrà molti effetti a catena, dice la Odeh, ciò che è certo è che la politica palestinese non sarà più la stessa. Sarebbe importante re-immaginare un sistema politico che possa rappresentare adeguatamente i palestinesi, non solo nell’affrontare l’occupazione israeliana nel tentativo di porvi fine, ma anche per connettersi con il resto del mondo in un contesto fatto di rispetto reciproco e non di sottomissione. Serve una nuova leadership politica, certo, che li rappresenti con dignità, fiducia e legittimità e fondata sull’approvazione popolare piuttosto che sulla protezione statunitense o occidentale in genere. Come finirà e quali persone saranno coinvolte è troppo presto per dirlo. Questa guerra reclamerà parte della nostra anima, ci spaventerà per molti anni a venire e, proprio per la pura violenza che ha scatenato, indurrà molte ragioni di cambiamento in Palestina

leggi l’intervista su comune-info

 

Indagine openpolis: “La presenza di alberi e di aree verdi rappresenta un aspetto centrale per la qualità della vita dei bambini”

Il patrimonio arboreo, così come l’estensione del verde pubblico, sono elementi essenziali per la vita delle città. Anche al netto degli aspetti paesaggistici – gli alberi contribuiscono a delineare la fisionomia di un territorio e la sua stessa identità – vi sono anche altre ragioni, ambientali e sociali. Specialmente nei maggiori agglomerati urbani, il traffico veicolare, il consumo e l’impermeabilizzazione del suolo hanno effetti negativi, sia in termini ambientali che di vivibilità. Nell’approfondire la disponibilità di patrimonio arboreo in rapporto ai minori nei capoluoghi italiani si registra che, all’incirca in un capoluogo su 3 (32%), vi sono oltre 1,4 alberature per minore. Nei capoluoghi italiani, in media, sono presenti 1,1 alberi per ogni residente con meno di 18 anni. Parliamo infatti di 2.966.307 alberi complessivamente conteggiati nel catasto delle alberature effettuato dalle città, a fronte dei circa 2,7 milioni di bambini e ragazzi che vivono nei capoluoghi. La legislazione italiana che ha istituito il 21 novembre come «giornata nazionale degli alberi», collega direttamente la nascita di bambine e bambini alla piantumazione di nuove alberature: «In attuazione degli indirizzi definiti nel piano forestale nazionale, i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti provvedono, entro sei mesi dalla registrazione anagrafica di ogni neonato residente e di ciascun minore adottato, a porre a dimora un albero nel territorio comunale» (giusta Legge 113/1992, art. 1 (come modificata da legge 10/2013). In attuazione di questa normativa, i capoluoghi di provincia italiani hanno dichiarato la messa a dimora di 80.968 nuovi alberi nel 2020 e di quasi 69.029 l’anno successivo. La grande maggioranza di queste nuove piantumazioni ha riguardato le aree metropolitane. Quasi il 70% degli alberi di cui è stata dichiarata la messa a dimora nel 2021, pari  a 48mila unità, è stata piantata in capoluoghi di città metropolitana. Il restante 30% invece in capoluoghi di provincia. In conclusione, il dato che emerge è che circa due terzi del nuovo patrimonio arboreo ha trovato sede nelle città del nord-ovest, mentre in tutto il resto del territorio, ovvero la gran parte del paese, ci si divide il rimante terzo, un vera miseria verde portata in dote alla maggior parte dei minori italiani.

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Rapporto Istat: “Gli italiani in povertà assoluta nel 2022 erano 5,6 milioni, quasi il 10% della popolazione, contro il 9,1% del 2021. Peggioramento imputabile soprattutto all’inflazione (+7% ), che ha colpito più pesantemente le famiglie meno abbienti (+12,1%)”

Aumenta la povertà assoluta ed è colpa soprattutto dell’inflazione: nel 2022 erano in condizione di povertà assoluta poco meno di 2,2 milioni di famiglie, pari a circa l’8,3% del totale. Un incremento di oltre un punto e mezzo rispetto al 2021, quando la percentuale delle famiglie in questa condizione era del 7,7% nel 2021. Gli individui in povertà assoluta passano, a loro volta, dal 9,1 al 9,7%: oltre 5,6 milioni, nel 2022. Sono alcuni dei dati emersi dal Rapporto Istat su “La povertà in Italia 2022”, presentato questa mattina. Un peggioramento imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione (+8,7% la variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo), ma che ha colpito in maniera diversa la popolazione, con un impatto più elevato sulle famiglie meno abbienti: +12,1% è la variazione su base annua dei prezzi stimata per il primo quinto di famiglie, le cui spese per consumo non hanno tenuto il passo dell’inflazione, determinando un calo in termini reali della loro spesa equivalente del -2,5%. L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (10,7%, da 10,1% del 2021), con un picco nel Sud (11,2%), seguita dal Nord-est (7,9%) e Nord-ovest (7,2%); il Centro conferma i valori più bassi dell’incidenza (6,4%). Tra le famiglie povere il 41,4% risiede nel Mezzogiorno (41,7% nel 2021) e il 42,9% al Nord (42,6% nel 2021). Nel 2022, la povertà assoluta in Italia interessa quasi 1 milione 269 mila minori (13,4%, rispetto al 9,7% degli individui a livello nazionale); l’incidenza varia dall’11,5% del Centro al 15,9% del Mezzogiorno. Rispetto al 2021 la condizione dei minori è stabile a livello nazionale, ma si colgono segnali di peggioramento per i bambini da 4 a 6 anni del Centro (l’incidenza sale dal 9,3% al 14,2%) e per quelli dai 7 ai 13 anni del Mezzogiorno, per i quali si arriva al 16,8% dal 13,8% osservato nell’anno precedente. Le famiglie in povertà assoluta in cui sono presenti minori sono 720 mila, con un’incidenza dell’11,8% (era l’11% nel 2021).

articolo integrale su Redattore Sociale

 

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