I gravissimi fatti di violenza contro le donne avvenuti a Palermo e a Napoli hanno acceso un dibattito senza fine che ha visto scatenarsi i “giustizialisti” delle pene esemplari e della castrazione chimica in contrapposizione ai “giustificazionisti” vecchia maniera del “se l’è cercata”. Una sorta di gioco delle parti in uno scontro solo apparente, che spinge verso un maggiore controllo sociale e un inasprimento delle pene come sola soluzione.  

 

Fanno apparentemente eccezione i “benpensanti progressisti” che partendo dalla considerazione del degrado sociale delle periferie e dall’assenza dello Stato, auspicano un maggiore controllo dei territori e soprattutto l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole e la creazione di servizi di assistenza  psicologica per i giovani e le famiglie. Una posizione che pare opposta a chi chiede pene severissime, ma che in realtà converge sulla questione centrale: “CI VUOLE PIÙ STATO!”.

 

Maggiore presenza nelle periferie significa controlli di polizia e militarizzazione dei territori, in sostanza “CONTROLLO DEI CORPI”. Più educazione imposta dall’alto significa “CONTROLLO DELLE MENTI”. Più Stato, a queste condizioni significa solo più dominio e più repressione.

 

Se si vuole che la mano pubblica faccia la sua parte per affrontare il problema del degrado sociale, si deve pensare a tutt’altro tipo di interventi. 

1 – ASSICURARE UN REDDITO A TUTTI. Il degrado si combatte contrastando la povertà che ne è la prima causa. Piena occupazione e/o reddito base sono le strade da percorrere.

2 – CREARE INFRASTRUTTURE. Costruire strade. Curare l’arredo urbano e il verde pubblico. Promuovere l’edilizia popolare come ormai non si fa più da tempo immemorabile.

3 – REALIZZARE SERVIZI PUBBLICI. Trasporti, scuole e presidi sanitari. Ritornare in sostanza alle politiche, oggi dismesse, del vecchio welfare.

 

Solo in questo modo si potrà contrastare degrado e povertà in modo da avviare un processo di AUTOPROMOZIONE ED AUTOEDUCAZIONE DAL BASSO che metta al centro l’autonomia costruttiva delle soggettività liberate. Un processo che ad educatori ed esperti potrà anche fare ricorso, ma su precisa richiesta e nella piena consapevolezza di coloro che ne sono i protagonisti.