La Val di Susa è ormai il luogo del nonsense, della messinscena, un teatro dell’assurdo recitato in nome di un interessato e mitizzato progresso. Mi riferisco ai recenti sondaggi archeologici propedeutici all’apertura dei cantieri TAV e avviati fra giugno e settembre a Bussoleno (in località Santa Petronilla) e a Susa, sui terreni intorno alla RSA San Giacomo.
Il Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 18/2016 n. 50) prevede che le opere che ricadono nel proprio ambito normativo siano precedute da una verifica dell’interesse archeologico delle aree interessate dalla costruzione delle stesse opere. L’art. 20 del D.Lgs. 42/2004 prevede inoltre che i beni culturali non possano essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti a usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico, o tali da recare pregiudizio alla loro conservazione.
Si fatica a vedere la nobiltà di un’azione quando questa è richiesta dalla norma, alla quale ci si deve per forza attenere a pena di discredito, riprovazione e sanzioni. Conoscendo le intenzioni e il modus operandi di TELT, committente privato delle verifiche preventive e promotrice della Nuova Linea ferroviaria Torino Lione, escluderei che la loro sincera intenzione sia quella di rispettare le prescrizioni di legge, né un’azione di tutela dettata da un profondo interesse artistico, storico, archeologico o etnografico. Questo mio dubbio non nasce da pregiudizio, bensì da un precedente che ben rappresenta il senso (o non-senso) che i proponenti la Torino Lione hanno dei beni comuni.
È il 3 luglio 2011. A seguito di un violento intervento militare ai danni dei manifestati NO TAV (70.000 persone, oltre 4000 lacrimogeni sparati dalle FFOO, più di 200 manifestanti feriti), le ruspe della polizia attraversano con sdegnosa noncuranza l’area archeologica de La Maddalena di Chiomonte, danneggiando gravemente i lacerti delle tombe.
Torniamo indietro nel tempo. La Necropoli de La Maddalena di Chiomonte (3900 a. C.), insieme all’ampia area archeologica che la circonda, vengono scoperte nel 1986 dal Gruppo Archeologico Torinese (GAT) e dal prof. Aureliano Bertone nel corso di un saggio esplorativo legato ai lavori di costruzione dell’autostrada Torino-Bardonecchia. Nel corso degli scavi, soprintendenza e volontari del GAT portano alla luce un’enorme mole di ritrovamenti, arrivando a contare centinaia di migliaia di reperti ceramici e migliaia di manufatti litici in selce e pietra levigata. La quantità e il pregio dei ritrovamenti sono tali da indicare, sin da subito, la necessità di creare un museo che possa ospitarli. Nel 1987 il Museo di Chiomonte viene allestito a Palazzo Levis insieme alla mostra “5000 anni fa. Chiomonte”. Successivamente (2004) il museo viene trasferito proprio a La Maddalena nell’area degli scavi e allestito all’interno di un’antica cascina: diventa così uno dei siti neolitici più importanti in Italia.
Ciò che ha richiesto due anni di lavoro degli archeologi è stato devastato in poche ore dalle forze di polizia, cui un soggetto privato ha dato ordine di fare il necessario per consentire l’apertura del cantiere del tunnel geognostico di Chiomonte e per non perdere i finanziamenti UE. Quegli stessi mezzi che il 27 giugno erano stati utilizzati dalle forze di polizia per abbattere le barricate costruite dai manifestanti per rallentare l’accesso e l’occupazione dell’area di cantiere, il 3 luglio devastano l’area della necropoli che ospitava, fra le altre, una tomba femminile celtica (la cosiddetta “tomba della principessa”), che testimonia la fase di mobilità dei gruppi gallici nella zona alpina nei primi decenni del IV secolo a.C.
In poco tempo la sede del Museo de La Maddalena è trasformata in caserma per poliziotti e militari posti a difesa del nuovo cantiere. Intorno alla Necropoli e al museo è la devastazione! Anche le tende dei manifestanti, sparse fra i ripari rupestri, vengono fatte a brandelli e diventano latrine per gli agenti di polizia mentre gli effetti personali abbandonati vengono distrutti, dispersi o trafugati.
In un articolo del dicembre 2012 di Fabrizio Diciotti del GAT, dal titolo “Chiomonte e la maledizione del TAV. Requiem per un sito archeologico” si legge: “La Maddalena di Chiomonte, così com’era solo due anni fa, semplicemente ora non esiste più; ciò che di essa resiste […] è l’ombra di ciò che è stata. Se un giorno l’area verrà ripristinata, si dovrà comunque fare i conti con le mutilazioni subite (e con i costi di ripristino). Sembra un incubo”. L’art. 733 C. P. prevede l’arresto fino a un anno o un’ammenda non inferiore a euro 2.065 nei casi di distruzione, deterioramento o danneggiamento di un monumento o altro oggetto di pregio, quando ciò determina un danno al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale.
TELT non ha certo subito la sanzione prevista dalla norma, ma ciò non scandalizza nessuno né ha creato riprovazione sociale. È infatti nota da tempo la sua abilità nell’usare, nel silenzio della Procura di Torino, il Codice Penale a suo esclusivo vantaggio, trasformandolo di volta in volta in carta da toeletta, o in strumento di repressione e linciaggio dei “rozzi” oppositori.
La chiusura al pubblico del museo e dell’area archeologica de La Maddalena è, sempre con le parole di Fabrizio Diciotti, “una vicenda spinosa, dolorosa e complessa, che vede troneggiare su tutto e su tutti le logiche paraeconomiche legate alla costruzione della tratta Torino Lione”. Da quando queste parole sono state scritte, quante ferite sono state inferte alla Val di Susa e alla sua gente! Finti sondaggi, apertura di vuoti e inoperosi cantieri, consumo di suolo e acqua, cementificazione, repressione giudiziaria. Chi ha vissuto in prima persona l’arroganza, il potere e la violenza di uno Stato al soldo degli interessi economici che vogliono la Torino Lione, sa bene che nessuna operazione messa in atto da costoro è degna di merito, che nulla si fonda sull’onestà e sulla nobiltà d’animo.
La legge impone loro di fare queste verifiche preventive, fra i lampeggianti blu e i complimenti di chi li crede ancora paladini del progresso. Nuove fregole, contingenze economiche e scadenze UE imporranno loro di procedere, magari nottetempo, alla devastazione di quei luoghi che ora trattano con gli strumenti da scavo dell’archeologo. Se si troveranno davanti reperti archeologici, campi, alberi, case costruite con i sacrifici di intere generazioni o i corpi di chi ostinatamente si oppone all’ingiusto e inutile scempio, poco cambierà. Ci sarà sempre chi darà ordine di ingranare la marcia avanti e chi risponderà con foga “Signorsì, signore!”. Ciò sia di monito a quegli archeologi che oggi, a Susa e Bussoleno, credono di svolgere un’azione di tutela nella dissimulata speranza di “rimanere muti per lo stupore” (Howard Carter alla scoperta della tomba di Tutankhamon, 1922).
Come alla Maddalena di Chiomonte, se nulla di tutto ciò verrà fermato, la Valle e le sue genti continueranno a fare esperienza del disprezzo, della violenza fatta a un territorio, alla convivenza civile, ai suoi beni comuni. “Democrazia, tutela, dialogo e valorizzazione” continueranno ad essere “parole senza significato” (Fabrizio Diciotti). Chi non ha consapevolezza di ciò è gravemente in errore o è colpevolmente impegnato a soddisfare interessi propri o delle sue ristrette cerchie.
Se i cantieri della Torino Lione sono stati una “maledizione” per l’area archeologica di Chiomonte
oserei sperare in una vendetta della principessa celtica della Maddalena, per aver profanato la sua millenaria tomba. Una maledizione in grado di fermare tutto ciò in un attimo e con tutto il peso della storia.
Per ora, con ostinazione, continuo a credere e avere fiducia nelle idee e nella volontà di tant* compagne e compagni che vogliono porre fine a questo scellerato banchetto!
Roberto Mairone