Ci sarà sempre qualcuno che penserà che nel nostro Paese tutti possono nutrirsi (se lo vogliono) seguendo la tanto decantata dieta mediterranea, arrivando addirittura ad esternare che: “in Italia spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi”. Ma nella realtà molti cittadini si stanno invece arrendendo ad un’inflazione che non lascia scampo, che ha rincarato di oltre il 21% il costo dei beni alimentari, che non promette di arrestarsi prima dei prossimi due anni (il 72% dei manager del settore ritiene che l’inflazione alimentare non tornerà sotto il 2% prima del 2025) e stanno, di conseguenza, alleggerendo sempre di più i carrelli della spesa. Secondo il recente Rapporto Coop 2023, i carrelli degli italiani diventano leggerissimi: -3,0% la variazione delle vendite a prezzi costanti nei primi 7 mesi dell’anno e in previsione 2024 su 2023, il 60% dei manager intervistati si aspetta un risultato in ulteriore seppur modesto calo (-0,5%).
Dopo la riduzione delle quantità acquistate, con l’arrivo dell’autunno – e l’ulteriore aumento dei prezzi – gli italiani sembrano pronti a cambiare nuovamente strategia grazie ad un quotidiano impegno per contenere gli sprechi, alla rinuncia ai prodotti non strettamente necessari e a quelli a maggiore contenuto di servizio. Così la spesa diventa più frequente, l’attenzione al risparmio fa piazza pulita della fedeltà al canale di acquisto e discount e marca del distributore (Mdd) sembrano ancore di salvezza: otto italiani su 10 indicano nel primo il modo per mitigare l’effetto dell’inflazione, altrettanti acquisteranno più marca del distributore a discapito della marca industriale.
Quindi, se è sempre più articolata l’identità alimentare della parte economicamente e culturalmente più attrezzata del Paese, nell’ultimo anno sono raddoppiati quanti – oramai 1 italiano su 5 soprattutto baby boomers e appartenenti alla lower class –dichiarano di aver perso ogni riferimento identitario abbandonando anche i dettami della cultura tradizionale, delle tipicità e del territorio. Una deriva che potrà continuare nei prossimi mesi e metterà in discussione il concetto di alimentazione italiana e dieta mediterranea, a partire dal consumo di frutta e verdura (-15,2% il consumo negli ultimi due anni e per il 16% degli italiani si ridurrà ancora).
Tra i dati del Rapporto Coop 2023 non mancano però segnali positivi, come la volontà di contribuire con la propria dieta al miglioramento delle sorti del pianeta. Già oggi, 5,1 milioni di italiani dichiarano di alimentarsi a spreco zero, 2,8 si definiscono reducetariani (che seguono una dieta “riduttiva” in cui riducono la quantità di carne che consumano) e 1,4 sono i cosiddetti climatariani (ovvero coloro che usano prodotti a basso impatto C02). A farne le spese è soprattutto la carne, il 39% del campione dichiara di essere disposto a ridurne il consumo. D’altronde sulla tavola di un futuro nemmeno troppo lontano, della carne rimarrà solo il sapore: nella top 5 dei nuovi cibi che secondo gli italiani compariranno in tavola nei prossimi 10 anni figurano i prodotti a base vegetale con il sapore di carne (31%) e la carne sintetica prodotta in laboratorio (28%).
La fotografia scattata dal Rapporto Coop 2023 è quella di un Paese certamente inquieto (il 30% si dichiara tale) e dove crescono i timori (dal 20 al 32%), dove tuttavia ad oggi permane una patina di ostinato e pacato ottimismo sotto il quale forse incubano ma certo non esplodono stati d’animo più contrastanti.
Campioni nelle rinunce (calano le compravendite immobiliari, le auto, i beni tecnologici), gli italiani hanno sostituito il nuovo con l’usato (33 milioni nell’anno passato hanno venduto o acquistato beni usati). Un cambiamento che porta in sé anche effetti positivi, di contrasto rispetto ad un consumismo sfrenato. Ciò che invece preoccupa è un drammatico impoverimento (con un lavoro che quando c’è non paga), che potrebbe costringere tanti a non curarsi o a non alimentarsi correttamente. 27 milioni di persone, sottolinea il Rapporto, in crescita del 50% rispetto al 2021, si trovano in una condizione di disagio duraturo, avendo dovuto rinunciare allo standard di vita per loro minimo accettabile almeno in un ambito (cibo, salute, casa, mobilità, tecnologia, socialità e intrattenimento).
“Il disagio, si legge nell’anteprima del Rapporto, affonda nella carne viva della classe media. Tra le famiglie della middle class, meno della metà riuscirebbe a fare fronte senza difficoltà ad una spesa imprevista di 800 euro e solo un terzo ad una di 2.000 euro. E tra quanti pagano più degli altri la difficile condizione sociale dell’Italia di oggi certamente i giovani. La generazione Z (18-34 anni) vive in una sorta di apartheid in termini retributivi (e non solo); il dislivello generazionale fra loro e i baby boomers è impietoso e a fronte di una retribuzione media i primi scendono di un buon 23% mentre i secondi salgono di oltre un 17%. In sostanza, a parità di inquadramento, un giovane italiano guadagna quasi la metà di un over 50. Non stupisce allora se il 40% di loro si immagina di vivere altrove da qui a 2/3 anni e il 20% sta già progettando di farlo”.
Qui per scaricare i materiali del Rapporto Coop 2023: https://italiani.coop/rapporto-coop-2023-anteprima-digitale-2/