Manifestazioni in tutto il mondo per chiedere una rapida ed equa transizione dalle fonti fossili: previste decine di azioni in Italia e oltre 550 iniziative in 56 nazioni. Lungo l’elenco delle organizzazioni aderenti nel nostro paese.

La popolazione mondiale è pronta a scendere in piazza in ogni continente, organizzando manifestazioni, azioni performative, marce e sit-in, con un’unica forte richiesta in comune: stop alle fonti fossili, principale causa della crisi climatica che sta devastando l’intero pianeta. È previsto per il 15-17 settembre infatti il Global Fight to End Fossil Fuels, la mobilitazione organizzata da diverse reti internazionali, tra le quali Climate Action Network e Demand Climate Justice.

Decine di manifestazioni sono previste in tutta Italia, e oltre 550 in 54 paesi: dalle nazioni dell’Oceano Pacifico, pesantemente colpite dalle tempeste e dall’aumento del livello del mare, a Mumbai e Manila, passando per Londra e Nairobi, fino alla grande marcia del 17 settembre a New York, organizzata in risposta all’appello per la lotta ai cambiamenti climatici ed il superamento dei combustibili fossili rivolto ai leader internazionali da parte del Segretario Generale dell’ONU António Guterres.

Più di 3800 organizzazioni attive nelle lotte per il clima, sindacati, unioni di categorie professionali, associazioni religiose e di settore, rappresentanze di agricoltori, pompieri e svariati altri soggetti hanno aderito alla mobilitazione, che si attende riesca a coinvolgere milioni di partecipanti. L’obiettivo principale del Global Fight to End Fossil Fuels è quello di sensibilizzare i governi verso una transizione rapida ed equa dalle fonti fossili ad un sistema basato sulle fonti di energia rinnovabili. L’industria del petrolio, del gas e del carbone, registra profitti vertiginosi, mentre la crisi climatica mette a repentaglio la sicurezza delle città, la biodiversità degli ecosistemi e gli equilibri di settori strategici dell’economia, come l’agricoltura.

Numerose organizzazioni italiane hanno individuato in Eni, multinazionale controllata per oltre il 30% dallo Stato Italiano, il bersaglio delle proprie azioni di denuncia, previste da Sud a Nord della Penisola. Il cane a sei zampe infatti continua a registrare profitti record, basando il core business della propria attività proprio sui combustibili fossili al centro delle proteste. Tutto questo potendo contare annualmente su miliardi di sussidi provenienti dalle casse pubbliche, in netto contrasto con le politiche in materia climatica concordate con l’Unione Europea per il taglio di emissioni di carbonio.

Tra le organizzazioni riportate sulla mappa globale della mobilitazione, o che hanno manifestato il proprio sostegno all’iniziativa, figurano Fridays For Future, Legambiente, Rinascimento Green, Greenpeace, ReCommon, Kyoto Club, ISDE – Medici per l’ambiente, 6000 Sardine, WWF, WWF YOUng, Extinction Rebellion, Attac, Eco Lobby, Cittadini per l’Italia Rinnovabile e Transistor.

Seguono i virgolettati di alcuni dei soggetti italiani che hanno aderito alla campagna Global Fight to End Fossil Fuels.

“Le nazioni più ricche e potenti, tra le quali non manca l’Italia, sono le principali responsabili dell’aumento delle temperature globali e della conseguenze distruttive che la crisi climatica comporta in Italia e in tutto il mondo. Per questo è nostro dovere mobilitarci per chiedere una volta per tutte la fine dell’era delle fonti fossili, insieme ad una transizione rapida e inclusiva verso un nuovo modello energetico. Un modello energetico equo, rispettoso della natura e dei diritti fondamentali delle comunità locali e dei popoli di tutto il pianeta” Stephanie Brancaforte, direttrice di Rinascimento Green e co-coordinatrice della mobilitazione internazionale.

“Un governo che nega la correlazione tra i fenomeni atmosferici estremi e la crisi climatica è un governo negazionista, quindi inadeguato a indicare le risposte per prevenire i peggiori scenari causati dai cambiamenti climatici. Secondo l’International Energy Agency, per raggiungere gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi è necessario abbandonare immediatamente tutti i nuovi investimenti in petrolio, gas e carbone. Con il piano Mattei invece il governo italiano lega il paese ai combustibili fossili, quindi a subire eventi estremi sempre più frequenti e intesti. La protesta contro gli investimenti nelle fonti fossili è un atto di resistenza: Fridays For Future  manifesterà il 15 settembre in numerose città, e scenderà in piazza nuovamente il 6 ottobre. Possiamo vivere senza le fonti fossili, ma non potremmo sopravvivere nemmeno un giorno senza le risorse del pianeta. Non possiamo bere petrolio”. Fridays For Future Italia.

“Come Legambiente abbiamo scelto di aderire alla mobilitazione globale per ribadire i nostri dubbi sul nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima che mette al centro della strategia energetica, economica e climatica del Paese, proprio le fonti fossili. Una vera e propria retromarcia su diversi fronti: efficientamento energetico, sviluppo delle rinnovabili, uscita dal carbone, possibile ritorno al nucleare. L’Italia ha tutte le carte in regola per diventare l’hub europeo delle rinnovabili e puntare ad un PNIEC più ambizioso che porti l’obiettivo di riduzione delle emissioni dal 40,3% al 65% per contribuire a fronteggiare l’emergenza climatica. E invece che percorrere questa strada si sceglie quella che trasformerebbe l’Italia in hub del gas per il continente” Legambiente.

“Come community WWF YOUng crediamo fortemente che per affrontare la crisi climatica che ormai condiziona le vite di tutti, sia necessario definire il percorso che porti all’eliminazione di tutti i combustibili fossili e dei loro sussidi. Non si può continuare a rinviare la prima cosa da fare di fronte a un problema gigantesco come il cambiamento climatico: rimuoverne la causa principale. Contemporaneamente, occorre lavorare per il futuro, riducendo i consumi di energia e risorse e puntando al completo approvvigionamento da fonti rinnovabili. Queste sono le indicazioni della comunità scientifica e sulla scienza non si può negoziare. Per questi motivi, per la mattina di venerdì 15 settembre, abbiamo promosso un’iniziativa collettiva per creare insieme ad altr* giovani e student* uno striscione artistico che rappresenterà la richiesta della nostra generazione che vede messo a rischio il proprio futuro: bisogna uscire dai combustibili fossili. Abbiamo voluto realizzare la performance all’interno di un Ateneo per creare attenzione, informazione ma soprattutto dibattito e coinvolgimento sul problema dell’uso dei combustibili fossili. Porteremo questa richiesta anche nelle iniziative delle prossime settimane: a partire dal 6 Ottobre, data in cui esporremo l’opera realizzata al Corteo dei Fridays For Future a Roma. Il collasso climatico è alle porte e noi vogliamo che sia fatto tutto il possibile per evitarlo” Valerio Renzoni, Coordinatore Clima&Energia WWF YOUng.

“Le prove che l’emergenza climatica negli ultimi anni abbia subito una drammatica accelerazione sono evidenti: gli eventi climatici estremi sono sempre più frequenti e stanno avendo impatti sempre maggiori sui Paesi di tutto il mondo, compreso il nostro. Solo con la transizione da un sistema fossile e lineare, come quello attuale, ad uno circolare, basato sulle energie rinnovabili e a zero emissioni potremo affrontare il cambiamento climatico. In poche parole la cosa da fare è solo una: decarbonizzare, decarbonizzare e decarbonizzare”  Giacomo Pellini, Kyoto Club.

“Aderiamo alla Manifestazione globale come 6000 Sardine perché è arrivato il momento di invertire la rotta per garantire un futuro non solo a noi stessi, ma soprattutto ai nostri figli e ai nostri nipoti. Chiediamo pertanto, assieme alle altre associazioni e movimenti coinvolti, lo stop immediato ai combustibili fossili e l’utilizzo di risorse green per tutelare il futuro e il bene comune” 6000 Sardine.

“Un mondo basato sulla cura di sé, delle altre e degli altri, del vivente e del pianeta è radicalmente altro da questo modello basato sulla finanza, la rendita e il profitto. Abbandonare subito i combustibili fossili e trasformare il sistema energetico in un bene comune è il primo passo per costruirlo”. Marco Bersani, coordinatore nazionale di Attac Italia.

“Le simulazioni della Banca Centrale Europea dicono che accelerare la conversione alle energie rinnovabili diminuisce il rischio default per banche e imprese europee. L’Agenzia Internazionale per l’Energia afferma che sole e vento sono ormai le fonti energetiche più economiche nel mondo. Tutti i Paesi del Mediterraneo sono percorsi da eventi estremi catastrofici, ma il sistema folle dei profitti petroliferi ugualmente non vuole fermarsi e neppure rallentare, e continua a investire e trivellare, boicotta le energie pulite, semina fake news antiscientifiche, negando il problema climatico. Il tutto grazie anche a opinionisti, politici e burocrati asserviti e senza morale. È necessaria a partire da oggi una mobilitazione mondiale permanente per chiedere il conto a chi sta distruggendo il presente e il futuro.” Mauro Romanelli, cofondatore di Ecolobby e Cittadini per l’Italia Rinnovabile.

La comunità scientifica concorda nel ritenere inderogabile una rapida transizione verso le tecnologie basate su fonti di energia rinnovabile, abbandonando definitivamente l’impiego dei combustibili fossili. Qualsiasi nuova estrazione di petrolio, gas e carbone, risulta totalmente incompatibile con gli impegni internazionali volti a limitare il riscaldamento globale sotto 1.5°C.

Queste le dichiarazioni di Lidy Nacpil, coordinatrice dell’Asian Peoples Movement on Debt and Development: “Non stiamo combattendo soltanto per le comunità che vivono attorno alle infrastrutture di combustibili fossili, è in gioco la salute e il benessere dell’intera specie umana e degli ecosistemi. Diciamo #FastFairForever (rapida, equa, per sempre) perché la lotta contro l’industria dei combustibili fossili deve avere al centro l’equità e la giustizia, altrimenti non avrà successo. Dobbiamo ricostruire le nostre economie come economie post-carbonio, prima o entro il 2050. Questo momento di settembre è una fase di convergenza di diversi momenti internazionali, tra cui il vertice delle Nazioni Unite e l’Africa Climate Summit, in cui popoli di tutto il mondo chiedono giustizia climatica. In Asia abbiamo dimostrato che l’azione per il clima porta a vittorie e risultati. Riconosciamo le nostre vittorie, e allo stesso tempo riconosciamo che possiamo e dobbiamo fare ancora di più”.

La popolazione mondiale ribadisce quindi la richiesta di giustizia climatica: i paesi con alle spalle un’eredità storica di inquinamento e distruzione ambientale devono guidare questo processo di cambiamento, finanziandolo e rendendolo sostenibile a livello internazionale. Una transizione equa, un sistema energetico efficiente e giusto, deve rispettare tanto la natura, quanto i diritti fondamentali delle popolazioni e delle comunità.