In questi mesi, come capita ancora di più nella stagione estiva, al centro dell’attenzione ci sono gli sbarchi a Lampedusa, di fronte ai quali il governo sta rispondendo con provvedimenti estremamente gravi, oltre la solita retorica,  falsa e truffaldina, sull’“invasione”. Ma c’è un altro confine, di cui si sta parlando poco, dove da molto tempo esiste uno scenario pesantissimo, in cui i migranti vivono in condizioni indegne, sottoposti a soprusi e violenze. Le forze dell’associazionismo e del volontariato cercano di rispondere portando il loro sostegno alle centinaia di giovani provenienti da vari parti del mondo che gravitano a ridosso del confine francese, cercando di oltrepassarlo nei modi più disparati.

Su questa situazione abbiamo intervistato Carlo Pellegrino, medico romano che esercita la professione da 40 anni, con una lunga esperienza in vari ospedali della capitale, poi nella provincia di Rieti e non solo. Da sempre impegnato nel sociale, anche nell’ambito lavorativo si è contraddistinto nel seguire le persone emarginate, in primis i migranti.

Al Policlinico avevano attaccato un cartello con scritto “Qui non esistono clandestini, ma solo cittadini”. E l’ultima fase della sua vita lavorativa, andrà in pensione a dicembre e a giugno si è trasferito a Ventimiglia, dove si adopera per portare aiuto ai tanti migranti presenti nella zona.

Come nasce l’idea di andare a Ventimiglia?

In Liguria, come altrove, con i noti “numeri chiusi”, hanno fatto i conti senza l’oste. Pensavano, come è accaduto in  altri Paesi, di prendersi medici dall’est europeo o dal sud del mondo, ma in Italia c’è il grosso problema della burocrazia e qui vengono pagati molto di meno di quanto guadagnino i colleghi europei, per cui chi arrivava e arriva da Paesi più poveri, giustamente si reca in Germania, Francia o Nord Europa. Io mi sono trasferito da giugno con contratto temporaneo all’ospedale Saint Charles di Bordighera, che è in una fase di rilancio.

Veniamo alla situazione dei migranti

Diciamo subito che sono trattati come corpi estranei. Il sindaco di Ventimiglia, leghista, ha fatto la sua battaglia per rendere loro la vita estremamente difficile e invece di investire i soldi per un minimo di sostegno umanitario, li ha impiegati in vigilantes, che stanno anche davanti alle fontane pubbliche per evitare che i migranti possano utilizzarle. E questo la dice lunga sul personaggio e sulla situazione. Inoltre ha creato un clima di terrore tra la cittadinanza. C’è da tenere presente che chi arriva a Ventimiglia non vuole rimanere, ma raggiungere amici e parenti in Francia, come i magrebini, o negli altri Paesi del Nord Europa. Inoltre gira voce che il sindaco voglia realizzare un Centro di detenzione.

Per quanto riguarda l’associazionismo che forze esistono?

C’è un collettivo locale da tempo impegnato su questo fronte, anche aiutando i migranti a passare il confine con la Francia. con cui però non sono ancora riuscito ad entrare in contatto. E’ ben presente la Caritas, con la quale collaboro, ed è molto affidabile. Siamo riusciti a ricoverare alcuni migranti che finalmente hanno potuto beneficiare di assistenza, anche dal punto di vista umano.

Quali interventi fate dal punto di vista medico?

Un migrante aveva problemi respiratori, un ragazzo aveva un diabete giovanile, un altro ancora una ferita da accoltellamento, perché va detto che all’interno di questo universo esistono certe dinamiche. In questo caso era stato taglieggiato da una banda di magrebini, ma sono dinamiche circoscritte, non bisogna generalizzare.

Quanti migranti si riesce ad assistere?

Al pronto soccorso di Bordighera mediamente c’è un afflusso che va dai 5 ai 10 al giorno, con il prevalere di patologie respiratorie, traumi, distorsioni, un po’ di tutto, conseguenze di condizioni materiali molto pesanti. Ci sono diversi casi di malnutrizione perché cibarsi è complicato. E’ un contesto terribile. Da quando sono arrivato abbiamo avuto  il decesso di un eritreo di circa 40 anni e nonostante il ricovero in rianimazione non c’è stato nulla da fare. E’ da considerare che anche da parte della polizia di frontiera francese c’è una crudeltà notevole. Quando li prendono gli tolgono le scarpe e li rimandano indietro. Potete immaginare le conseguenze su un sentiero di montagna, durante la stagione invernale.

E la popolazione locale come reagisce a questo contesto?

E’ molto divisa, una parte consistente segue il sindaco, ma c’è anche chi aiuta i migranti, tanto è vero che alcuni ragazzi fortunatamente e per loro capacità sono riusciti ad inserirsi, lavorando nell’edilizia e nell’artigianato come falegnami e marmisti. Si è capito che l’inclusione dà una possibilità di integrarsi nel tessuto locale e nello stesso tempo diventa anche una risorsa in un contesto dove la popolazione è molto anziana.