Al viaggiare associamo diverse virtù, come uscire dalla propria zona di comfort, scoprire luoghi pittoreschi e confrontarsi con culture diverse. Ma negli ultimi vent’anni circa, il mondo dei viaggi ha subito profondi cambiamenti con l’esplosione del turismo di massa, noto come overtourism globale. Un gran numero di turisti affolla i luoghi che sono diventati veri e propri oggetti di consumo. Il turismo di massa minaccia gli ecosistemi naturali e sociali?

Il turismo globale è cresciuto del 133% in 20 anni e oggi rappresenta il 10% del PIL mondiale. Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 2023 si batterà il record pre-pandemia con l’arrivo di 1,5 miliardi di viaggiatori internazionali.

Tuttavia, i viaggi in aereo rimangono appannaggio di una minoranza di persone. Infatti, l’80% della popolazione mondiale non è mai salita a bordo di un aereo, mentre quell’11% rappresentato dagli europei e nordamericani occupa il 66% dei voli. I viaggi sono il privilegio dei più abbienti: poiché il 20% dei più fortunati della popolazione mondiale è responsabile dell’80% dei viaggi aerei e il primo 2% si accaparra il 40% dei voli[1]. Di conseguenza, l’1% più ricco del mondo genera la metà delle emissioni di CO2 dovute al traffico aereo[2].

Ripercussioni del turismo eccessivo

L’overtourism è una cattiva notizia per quanto riguarda le sfide climatiche e ambientali. Tenendo conto dei consumi dei viaggiatori (trasporti, cibo, alloggio e acquisti), il turismo globale è responsabile del 10% delle emissioni di gas serra. Il trasporto aereo da solo emette il 5,9% dei gas serra[3]. Il trasporto aereo è la modalità di trasporto più inquinante, con emissioni di gas serra per chilometro e per passeggero sei volte superiori a quelle dell’automobile. Un singolo volo transatlantico di andata e ritorno emette 1,6 tonnellate di CO2 a persona, un valore enorme se si considera che una persona media in Quebec emette 9,6 tonnellate di CO2 all’anno.

Il turismo di massa è inoltre caratterizzato da un elevato grado di concentrazione geografica: solo il 10% delle destinazioni turistiche è preso d’assalto dall’80% dei visitatori, con l’effetto di sovraccaricare le aree visitate e di minacciare il patrimonio culturale e la sopravvivenza degli ecosistemi umani e naturali. I residenti locali vengono sfrattati dalle loro case, trasformate in appartamenti Airbnb, causando una carenza di alloggi e un aumento degli affitti. Anche l’economia locale viene distrutta quando i negozi locali (alimentari, panetterie, ecc.) vengono sostituiti da bar, hotel e negozi di souvenir. Infine, l’overtourism sta distruggendo gli ambienti naturali attraverso la cementificazione del suolo dovuta alla costruzione di residenze e siti turistici.

Le soluzioni

Al ritmo attuale, si prevede che il turismo globale genererà tra i 5 e i 6,5 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, il che potrebbe compromettere il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei gas serra. Cosa possiamo fare?

La sobrietà individuale è un modo per limitare la nostra impronta turistica. Per farlo, dobbiamo semplicemente viaggiare di meno e meno lontano, privilegiando le modalità di trasporto meno inquinanti. I ricercatori hanno stimato che la sostituzione di 20-27 milioni di viaggi d’affari all’anno con riunioni virtuali ridurrebbe le emissioni di CO2 da 1 a 3,8 miliardi di tonnellate nei prossimi 25 anni[4].

Le compagnie aeree e le agenzie di viaggio si offrono di piantare alberi per compensare le emissioni di CO2. Secondo Greenpeace, questa soluzione non è sostenibile, poiché i giovani alberi impiegheranno dai 20 ai 30 anni per assorbire la CO2 emessa oggi. È inoltre paradossale notare che, nonostante i programmi di compensazione, il numero di alberi sulla terra sta diminuendo a causa della massiccia deforestazione in altre parti del pianeta e che la terra disponibile per piantare alberi sta diventando sempre più scarsa.

L’azione volontaria è importante, ma non è sufficiente per affrontare l’attuale crisi climatica. Per frenare i viaggi aerei, di recente sono stati ideati diversi schemi di carbon tax per il trasporto aereo. Ad esempio, l’International Council on Clean Transportation (ICCT) ha proposto una tassa progressiva che potrebbe raggiungere i 260 dollari USA per chi prende il ventesimo volo nell’arco dell’anno. Dal 2020, la Francia ha imposto una tassa sui biglietti aerei che va da 1,50 a 18 euro, a seconda della destinazione e della classe. L’Olanda ha introdotto una tassa simile nel 2021 e prevede di aumentare l’importo da 7 a 24 euro per passeggero nel 2023. Infine, la Commissione Europea applicherà presto una tassa sul prezzo del cherosene, che farebbe fluttuare il prezzo dei biglietti aerei in base alla distanza percorsa dai passeggeri.

Fonti:

[1] “Far pagare di più a chi vola molto: quanto è realistico (e giusto)?”, Business AM, 24 ottobre 2022.

[2] ” Traffico aereo: l’1% più ricco genera la metà delle emissioni globali”, Forbes, 19 novembre 2020.

[3] Se si tiene conto della produzione e della distribuzione del carburante per aerei e dell’impatto della condensazione (strisce bianche) sull’effetto serra. Le vert du faux, 22 settembre 2022.

[4] “Quali sono le soluzioni per ridurre l’impronta di carbonio del trasporto aereo?” Média de l’action climatique au Québec, 4 ottobre 2021.

Traduzione dal francese di Thomas Schmid. Revisione di Alessandra Mazzone.

L’articolo originale può essere letto qui