L’81% dei genitori di bambini o ragazzi con disabilità dichiara di aver acquistato prestazioni sanitarie private per i propri figli nell’ultimo anno. Un rispondente su due ha vissuto una esperienza di discriminazione sul luogo di lavoro, con il 17% che ha dichiarato “moltissime volte”. Sono questi alcuni dei risultati emersi dall’indagine di Fondazione Paideia e BVA Doxa sull’impatto della disabilità sul sistema familiare, condotta attraverso 988 famiglie italiane con bambini e ragazzi fino a 18 anni di età, di cui un terzo con disabilità.

La rilevazione si è concentrata in particolare su alcuni ambiti di interesse emersi in seguito a focus group che hanno coinvolto operatori sociali, professionisti sanitari e familiari di bambini con disabilità: rete e percezione di aiuto, scuola, servizi socio-sanitari, informazioni, tempo libero, lavoro, futuro dei figli.

In particolare, per quanto riguarda la scuola, Il 77% dei rispondenti che hanno bambini o ragazzi con disabilità ritiene che la scuola “risponda ai loro bisogni” (55% abbastanza, 22% molto), mentre il resto della popolazione, con figli che non hanno disabilità, si attesta al 73% (con una voce di “molto” ridotta all’11%). Sono state inoltre indagate alcune voci specifiche che riguardano acquisizione di nuove conoscenze, sviluppo di maggiore autonomia e aiuto nella socializzazione. L’80% dei genitori con bambini con disabilità ritiene che la scuola aiuti “molto” o “abbastanza” il figlio o la figlia ad acquisire nuove conoscenze, dato che si ferma al 77% per il campione di rispondenti che non hanno figli con disabilità. Per quasi 1 genitore su 3 di bambini con disabilità la scuola aiuta “poco” (26%) o “per nulla” (5%) il figlio a sviluppare una maggiore autonomia, mentre il 26% dei genitori di bambini con disabilità ritiene che la scuola aiuti “poco” (21%) o “per nulla” (5%) nella socializzazione.

Alla domanda “Quali pensa che siano le priorità per favorire la partecipazione attiva dei bambini con disabilità a scuola?”, il 43% dei genitori di bambini con disabilità- si legge nel Rapporto- segnala la “formazione specializzata per gli insegnanti di sostegno”, prima voce anche per madri e padri di bambini che non hanno disabilità (30%). Al secondo posto per le famiglie che non hanno figli con disabilità viene citata l’accessibilità (23%), che si colloca però all’ultimo posto per i genitori dei bambini con disabilità (9%), che valutano come più importanti, invece, le “ore garantite di sostegno” (22%) e la “continuità degli insegnanti nel ciclo scolastico” (17%). Per il 77% delle famiglie italiane in cui non è presente un figlio con disabilità, la presenza di bambini con disabilità condiziona positivamente le attività scolastiche, perché favorisce nuove forme di apprendimento (51%) o migliora il clima in classe (26%). Per il 14% la presenza di bambini con disabilità non condiziona in alcun modo le attività scolastiche (dato che si attesta al 7% per i genitori di bambini con disabilità), mentre secondo il 9% delle famiglie che non hanno figli con disabilità condiziona negativamente le attività perché rende faticoso il clima in classe (5%) o rallenta la didattica (4%), una voce che si ferma al 2% per quanto riguarda il Nord Ovest e che raggiunge l’11% per Sud e isole.

Per quanto concerne i servizi socio-sanitari, il 58% dei rispondenti che hanno figli minori di 18 anni con disabilità dichiara di utilizzare servizi di professionisti sanitari in ambito pubblico per i propri figli quotidianamente (7%), settimanalmente (37%) o mensilmente (14%), contro il 35% delle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità. Ancora più sbilanciata la frequenza di utilizzo di servizi socio-assistenziali (es. assistenti sociali, educatori, ecc.) in ambito pubblico, con un 80% di utilizzo da parte delle famiglie con bambini con disabilità (di cui il 36% settimanalmente), mentre il 58% delle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità dichiara di non averne mai usufruito. Alla domanda “Quanto si è sentito accolto e ascoltato dai professionisti sanitari a cui si è rivolto in ambito pubblico per la cura di Suo figlio (o dei Suoi figli)?”, il 39% delle madri che hanno figli con disabilità ha indicato “poco” o “per nulla” (il 21% dei padri), rispetto a una media del 31% riferita alle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità (madri 33%, padri 29%). Voci simili per quanto riguarda l’accoglienza da parte dei servizi socio-assistenziali in ambito pubblico, con un 38% di madri di bambini con disabilità “poco” o “per nulla” soddisfatte (22% dei padri) rispetto al 29% riferito in media alle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità.

Una parte dell’indagine si è concentrata sulla facilità di reperimento delle informazioni in merito a servizi socio-sanitari, scuola, tempo libero e diritti come genitori. Per quanto riguarda le informazioni sui servizi socio-sanitari, 1 rispondente su 2 che ha figli con disabilità ha dichiarato “poca” (39%) o “per nulla” (12%) facilità di reperimento, rispetto al 36% delle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità. Sul tema scuola il 65% del campione con figli con disabilità ha dichiarato “molta” (16%) o “abbastanza” (49%) facilità di reperimento delle informazioni, rispetto al 79% delle famiglie che non hanno bambini con disabilità. Il 51% dei rispondenti che hanno figli con disabilità ha dichiarato “poca” (36%) o “per nulla” (15%) facilità di reperimento delle informazioni rispetto ai diritti come genitore, voce che si ferma al 41% per le famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità. La voce più negativa riguarda la facilità di reperimento di informazioni sulle risorse del territorio e l’impiego del tempo libero: per il 59% dei rispondenti che hanno figli con disabilità la facilità è “poca” (41%) o “nulla” (18%), rispetto al 35% delle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità.

Imfine, per quanto attiene al lavoro, Il 64% delle madri di bambini o ragazzi con disabilità ha dichiarato di aver chiesto la riduzione dell’orario di lavoro da quando è diventato genitore, rispetto al 42% delle madri che non hanno figli con disabilità. Divergente anche il confronto tra i padri: il 38% di chi ha un figlio con disabilità ha richiesto una riduzione di orario rispetto al 19% dei padri di figli che non hanno una disabilità. Il 47% dei genitori di figli con disabilità ha usufruito di regime di lavoro da remoto o smart-working (57% padri, 43% madri), mentre per le famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità ha dichiarato di averne usufruito il 41%. Si segnala che la differenza tra i due campioni, in questo caso, è legata al maggior ricorso allo smart-working da parte dei padri dei bambini con disabilità (57% vs 40%) in particolare durante la pandemia, mentre il dato relativo alle madri è uguale in entrambi i campioni (43%).

 

Qui per scaricare l’indagine di Fondazione Paideia e BVA Doxa: https://fondazionepaideia.it/wp-content/uploads/2023/09/Paideia_Doxa_Indagine_15.9.23.pdf.