La Lettonia ha una nuova premier: con l’estrema destra fuori dal governo e i progressisti dentro, ci sarà una svolta sui diritti?
Venerdì 15 settembre il parlamento lettone, la Saeima, ha approvato la fiducia al nuovo governo di larghe intese guidato da Evika Siliņa.
Oltre al suo partito Nuova Unità (Jaunā Vienotība), di centrodestra, hanno votato a favore i deputati dell’Unione dei Verdi e dei Contadini (ZZS, partito agrario) e i Progressisti (PRO), per un totale di 53 su 100. Si tratta della stessa maggioranza che lo scorso 31 maggio ha eletto Edgars Rinkēvičs come Presidente della Repubblica.
Siliņa succede a Krišjānis Kariņš, che nel nuovo governo assume l’incarico di Ministro degli esteri.
Kariņš, vincitore delle elezioni di ottobre 2022, aveva formato una coalizione di destra con Lista Unita (centro) e Alleanza Nazionale (estrema destra).
Ma dopo neanche un anno e un tentato rimpasto, aveva gettato la spugna dimettendosi a sorpresa lo scorso agosto.
Avvocata e già ministra del welfare, Siliņa è la seconda donna a diventare premier della Lettonia, dopo Laimdota Straujuma nel 2014-2016.
Con la sua nomina, tutti e tre i paesi baltici sono guidati da premier donne – Kaja Kallas dal 2021 in Estonia, e Ingrida Šimonytė dal 2020 in Lituania.
Il governo Kariņš era stato uno dei principali sostenitori di Kyiv nell’UE e nella NATO nel fronteggiare l’invasione russa.
Siliņa conferma il posizionamento del governo lettone, impegnandosi ad aumentare la spesa per la difesa (oggi al 2,25%) fino al 3% del prodotto interno lordo entro il 2027.
Riga inoltre innalzerà barriere alla frontiere con Russia e Bielorussia entro fine anno.
Anche il primo ministro ucraino Denys Shmyhal si è congratulato con Siliņa, affermando che attende con impazienza “la nostra continua cooperazione per ottenere una vittoria decisiva sull’aggressore” ed espandere il partenariato tra Ucraina e Lettonia.
“Penso che non ci saranno cambiamenti nella severa politica di sicurezza della Lettonia, e non ci saranno cambiamenti nel sostegno all’Ucraina”, ha affermato Filips Rajevskis, politologo di Riga, a Reuters. “Il cambiamento politico più significativo potrebbe essere l’intenzione del nuovo governo di legiferare sui diritti umani, cercando ad esempio di consentire i matrimoni per le coppie dello stesso sesso”.
La principale novità del nuovo governo Siliņa potrebbe essere una svolta sui diritti.
È la prima volta dal ristabilimento dell’indipendenza lettone nel 1991, infatti, che un partito progressista entra nelle coalizioni di governo.
Si tratta di Progresīvie, membro dal 2022 del Partito Verde Europeo, cui esponenti guideranno i ministeri alla cultura, trasporti e difesa.
La Lettonia è oggi il sesto paese UE in cui i verdi sono parte delle coalizioni di governo, con Austria, Belgio, Germania, Irlanda e Lussemburgo.
Progresīvie è passato dal 2,6 al 6,2% e ha ottenuto ben 10 seggi in parlamento alle elezioni del 2022.
Tra i punti del programma di coalizione, i progressisti hanno ottenuto la ratifica della Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne e la legalizzazione delle unioni omosessuali.
Restano tuttavia in dubbio i diritti delle minoranze linguistiche: Siliņa si è impegnata affinché tutta l’istruzione pubblica passi alla lingua lettone entro il 2025 – in un paese in cui fino a un quarto della popolazione è di madrelingua russa.
I Progressisti vogliono abolire lo status di non-cittadini (nepilsoņi), ma non è detto che Nuova Unità lo consenta.
E sul governo Siliņa pesa anche l’ombra di Aivars Lembergs, oligarca ed ex sindaco della città portuale di Ventspils e capo politico del partito ZZS, una coalizione di gruppi conservatori e agrari. Lembergs è sotto sanzioni USA dal 2019 per presunta corruzione. Condannato nel 2021 a cinque anni per riciclaggio e abuso d’ufficio, Lembergs è stato rilasciato su cauzione nel 2022 ma ha mantenuto la guida del partito, nonostante dissidi interni. Il capogruppo ZZS Viktors Valainis guiderà il ministero dell’economia.
Le prossime elezioni parlamentari in Lettonia sono previste per il 2026.