Il carovita mette in difficoltà il lavoro domestico, un settore che ha contribuito negli ultmi 20 anni al 13,3% dell’occupazione italiana. E’ quanto sottolinea il 4° Paper del Rapporto 2023 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, presentato da Assindatcolf.
Nonostante nel 2022 il comparto domestico abbia contribuito al 5,6% dell’occupazione nazionale, dando lavoro a 1.429.000 collaboratori (regolari e non), l’emergenza inflazione ha iniziato a pesare sulle famiglie italiane determinando nei primi sei mesi del 2023 un aumento medio del costo dei servizi di assistenza forniti dai collaboratori domestici pari a 58 € (passando da 733 di gennaio a 791 di luglio), che diventano quasi 80 € netti nel caso della badante, con pesanti ricadute sui budget familiari.
Dal 2000 a 2022, l’occupazione in ambito domestico è aumentata del 30,5%, a fronte di un dato medio del 10,9%. Su 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro sorti in più di 20 anni, 334.000 (il 13,3%) sono stati creati grazie alle famiglie italiane. Un forte segnale della rilevanza di questo settore sul versante occupazionale, economico e sociale del Paese, che necessita di essere valorizzato maggiormente. A questo si aggiunge la questione del lavoro sommerso.
Nelle collaborazioni domestiche si concentra infatti il grosso dell’occupazione dipendente irregolare in Italia. “L’attività di collaborazione domestica- si legge nel Report– costituisce da anni il comparto con la maggiore densità di occupazione irregolare. Nel 2020, il tasso di irregolarità stimato dall’Istat era del 51,7%, un valore di molto superiore a quello medio italiano (12%) e di comparti dove esiste da sempre un’ampia diffusione di sommerso, come l’agricoltura (24,4%), le attività di intrattenimento, culturale e sportivo (23,1%), i servizi di alloggio e ristorazione (15,3%), le costruzioni (14,8%)”.
Anche sul lavoro domestico si registrano condizioni territoriali differenti: “Al Nord – evidenzia il Rapporto– la quota di collaboratori a cui è riconosciuta una retribuzione superiore ai 13.000 euro è più elevata (19,1% al Nord-Ovest e 18,9% al Nord-Est), mentre al Sud questa si ferma al 4,4%. Di contro, in quest’area è particolarmente alta (35,4%) la quota di quanti ne percepiscono una inferiore ai 3.000 euro. Tale dato trova in buona parte ragione anche nelle caratteristiche del rapporto di lavoro, e in particolare nell’intensità. Al Sud, il 21,5% dei collaboratori dichiarati lavora meno di 10 ore e solo il 16,6% più di 30 ore alla settimana. Al Nord-Est, dove prevale l’attività di assistenza come badante, è il 59% dei lavoratori a essere occupato per più di 30 ore alla settimana, e solo l’11,7% per meno di 10 ore.”
E la stessa diminuzione del lavoro domestico non appare uniforme su tutto il territorio nazionale: “Sempre considerando l’arco temporale che va dal 2013 al 2022, si specifica nel Rapporto, a fronte di un andamento che risulta comune in tutte le aree del Paese, va segnalato il caso del Centro, dove la contrazione dei collaboratori domestici è particolarmente accentuata (-11,1%), per effetto soprattutto delle negative performance del Lazio, che vede ridurre la base di occupati del 15,6%. È però la Campania la regione che registra il calo più vistoso (-21,2%), trainata dal cattivo andamento di Napoli (-28,9%) e Caserta (-31,4%), mentre le uniche regioni ad avere un andamento in controtendenza sono Trentino-Alto Adige (+3,6%), Puglia (+2,6%), ma soprattutto Sardegna (+10,2%) e Friuli-Venezia Giulia (+28,9%): in queste ultime due regioni, l’aumento dei collaboratori è significativo. A Trieste e Gorizia si ha la crescita più vistosa, rispettivamente del 42,5% e 57,5%.”
Secondo Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, “per sostenere economicamente le famiglie, ma anche per porre un argine al dilagare del lavoro sommerso, occorre modificare la fiscalità introducendo la totale deduzione del costo che i datori sostengono per colf, badanti e baby sitter. Rimane il fatto che una spesa irrinunciabile come quella per la non autosufficienza e per i bambini non tutti possono permettersela. È quindi fondamentale che a fianco della deducibilità fiscale si dia spazio ad un assegno unico più sostanzioso e che arrivi presto la Prestazione universale per la non autosufficienza. Contiamo che già nella Legge di Bilancio vi siano indicazioni chiare in questa direzione: pensiamo al raddoppio della deducibilità dei contributi Inps, al finanziamento della Prestazione universale, ed anche all’inclusione dei lavoratori domestici nell’abbattimento del cuneo fiscale e contributivo.”
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