In un articolo pubblicato dalla rivista per le donne Elle, si analizza la situazione del tasso di occupazione delle donne in Italia. E come sempre non vi si manca di riproporre l’abituale stigmatizzazione negativa delle donne e soprattutto di quelle meridionali. Secondo le statistiche ufficiali le donne italiane hanno il tasso di occupazione più basso d’Europa. Il primo elemento che colpisce è ancora una volta si ignora che tutte le donne adulte lavorano sempre a cominciare dalla loro occupazione per il lavoro domestico e per allevare i figli oltre che a garantire la riproduzione stessa della popolazione e quindi di chi lavora. Ma questa attività non è mai stata riconosciuta e i cosiddetti assegni famigliari sono notoriamente ridicoli. Com’è noto questa è la caratteristica principale del regime patriarcalista-capitalista che cosi scarica il costo della riproduzione della popolazione e della forza-lavoro sulla stessa popolazione, che però paga anche le tasse ma ne beneficia in infima misura (rispetto agli ingenti finanziamenti dati alle banche, alle imprese, alle lobby fra le quali quella militare-poliziesca in generale agli amici dei governanti delle destre o dell’ex-sinistra). Allora la donna che lavora è di fatto la persona che ha un doppio impiego, fatto mai riconosciuto!
Secondo le statistiche ufficiali le donne sono state la categoria più colpita dell’era Covid-19 con una diminuzione della loro occupazione che nel 2021 è arrivata al 48%. Nel corso del 2021, nonostante l’andamento positivo dell’economia nel primo semestre, le donne occupate hanno continuato a diminuire: a fine del 2020 erano 9.516.000 mentre nel 2019 erano 9.869.000.
Per questo si invocano i progetti con finanziamenti PNRR per l’aumento degli asili nido (meno di 1 bambino su 3 riesce a trovare posto all’asilo nido e questi posti sono troppo costosi; col PNRR si dovrebbe ottenere la creazione di 264.480 posti entro il 2025 con circa 4,7 miliardi di euro). Si sa che la cura dei figli pesa infatti soprattutto sulle donne e la mancanza di asili è considerato tra le prime cause di uno dei più bassi tassi di occupazione femminile in Europa.
Comunque secondo gli ultimi dati 2023 il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni sarebbe salito al 52,6%, segnando un incremento di 1,2 punti negli ultimi dodici mesi. Ma l’Italia rimane ancora al di sotto della media europea, che si aggira intorno al 66%.
Inoltre, in Italia il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni mostra due estremi: le madri del Mezzogiorno con un basso titolo di studio (22,9%) e le donne laureate che vivono da sole al Centro (97,0%). “Un paese a due velocità, spaccato tra un Centro-Nord che qua e là ha un buon ritmo, e un Sud che arranca”. Disparità in ogni settore e anche fra le persone laureate. Il 90% dei laureati della Lombardia ha un lavoro, un dato in piena media europea, mentre se si passa alla Calabria, ecco che solo il 65,3% dei laureati trova lavoro. In Campania e Sicilia risultano occupate solo il 29,1% delle donne et tra marzo 2020 e marzo 2021 il numero di donne occupate è diminuito di 377.000 unità, quasi il doppio rispetto agli uomini. Eppure le laureate presentano comunque un tasso di occupazione superiore di due punti, quelle diplomate vantano un tasso dello 0,8% in più, mentre per le donne con la licenza media il vantaggio si annulla. Al Nord quasi il 70% delle donne ha un posto di lavoro. Secondo l’Istat il titolo di studio “risulta fondamentale per la partecipazione al mercato del lavoro delle donne: esso influenza sia l’entrata nel mercato del lavoro sia le opportunità lavorative, anche in un ottica di riduzione dei divari di genere”.
Ma studiare è un privilegio nonostante l’istruzione sia pubblica. Secondo i dati Eurostat, aggiornati al 2021, un giovane italiano su 4 fra i 15 e i 29 anni è attualmente a rischio povertà!!! Nell’Unione Europea, invece, la percentuale si riduce al 20% circa.
Ma perché il Sud e le isole sono svantaggiati? Perché le donne sono sempre inferiorizzate e persino oggetto di brutalità e assassinii? La storia, in particolare quella dall’unità d’Italia (1860) a oggi, mostra in maniera inequivocabile che il cosiddetto sottosviluppo del Sud è servito però al super-sfruttamento della popolazione meridionale a beneficio della rendita fondiaria che ha finanziato lo sviluppo del Nord. Lo stesso vale per quanto riguarda l’inferiorizzazione, il super-sfruttamento e le violenze a danno delle donne. Il sottosviluppo ha costretto i meridionali e le meridionali a emigrare come del resto emigravano prima anche le famiglie del Nord e del centro Italia per lo sviluppo dei paesi di immigrazione e del Nord Italia. E la storia di ripete!
L’attuale governo, ancor peggio di quelli che l’hanno preceduto, pretende varare la legge sull’autonomia differenziata che accentuerà il divario fra Nord e Sud a sfavore di questo. E il progetto ponte sullo stretto come altre mega grandi opere saranno, ancora una volta, uno spreco di soldi a favore di speculatori finanziari e imprese amiche del governo e un nuovo scempio del territorio. La resistenza del popolo meridionale così come quella delle donne, non cessa perché è una questione di sopravvivenza. Ma, c’è asimmetria di forza e di potere rispetto ai nemici delle donne e del Sud, anche fra i meridionali, le mafie e i continui imbrogli via social network, tv e media vari. Non si finirà mai di RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE.