La religione del capitale: \ Con le sue gerarchie e scale \ Tra saperi \ merci \ Oggetti \ per \ Predatori \ Carnefici \ Simulacri e sacrifici \ altrui \ La relazione nell’attuale religione del capitale? \ Tra oggetti, e s-oggetti? Soggetti al guinzaglio \ presi dal dominio
Nel riflesso \ Nelle trame millenarie \ Di questo rapporto \ Mi sono imbruttita? \Per piacervi di più? \ Per assomigliarvi \ Per assomigliare \ Al mondo dell’uomo \ Per condividerne qualcosa \ Perché la condivisione \ È la mia arma di difesa \ perché senza condivisione \ Non c’è vita \ E senza, il mondo rimane \ nella divisione e sopraffazione \ è ovunque l’uomo del dominio \ nel dominio dell’uomo.
La presenza vola via \ Tra le pieghe dolorose \ di paure \ affamate \ per \ comodo altrui \ per comando \ altrui. \ Ho sofferto e pianto, \ di lacrime \ versate \ in-utili altrui. \ Altre \ Acque \ Sono \ ora \ Corse in me \ E sorgenti e cascate \ Riversamenti a gocce \ Scavano sentieri \ Si, entra \ Nel tempo \ nelle tempeste \ che sono \ i cieli dell’avvenire \ Sogni \ Condivisi \ Gioiosi \ Di ombre danzanti \ Contro gli abbaglianti \ tra ombreggianti \ luci illuminanti
tra noi \ Oppresse e liberatrici \ Per la vita \ Per la creazione che distrugge il dominio
Lesse tutto d’un fiato questi versi, mentre si era ritrovata davanti ad un portone antico, nel centro storico di un paese che un tempo si sarebbe detto del profondo sud. Questo perché, infatti, ancora, in quella fase, Nord, Sud, Ovest, Est, avevano senso, per qualcuno, nell’orientamento e divisioni generali dell’epoca. Tuttavia, il mondo era piombato in un unico monolite o forse ne rimaneva un’unica immagine frattale, tra le pieghe di alterità ormai andate, auto bandite e auto-censurate. Via via tutto ciò che apparteneva ad alcune sfere e aree del mondo, così com’era stato conosciuto fino ad allora, era scomparso, distrutto, annientato, e comunque sussunto e svenduto al mercato delle armi di ogni genere.
Qualcuno ancora si chiedeva come era stato possibile rimpicciolire così il mondo, piallarlo così, renderlo così a portata di tasca e finalmente dominabile e, si andava dicendo nella propaganda di regime, conoscibile per tutti, per tutti?
Tutti: genere maschile, numero plurale, ma ridotto, ristretto – tutto/tutti: il tutto era finito sotto le mani di tutti, maschi, per lo più bianchi.
Forse, per alcuni, per comprendere meglio questa storia, bisognerà fare un passo indietro.
Intanto che il mondo cresceva per numero di persone che lo popolavano e per luoghi conosciuti e colonizzati dalla specie umana, le altre specie iniziavano a estinguersi, la terra stessa si surriscaldava troppo in superficie e tra nucleo e crosta le distanze si accorciavano. E, tra il paradiso in terra glorificato dall’ideologia capitalista del progresso senza fine e l’inferno di un tragico finale senza fine per la vita intera, il passo fu davvero breve.
Tutto questo è accaduto nel giro di qualche millennio e, poi, in qualche centinaio di anni, attraverso un’accelerazione e intensificazione dei processi fondativi della struttura contemporanea di dominio dell’uomo sull’uomo, siamo arrivati fino a qui, fino a questa storia.
Gli uomini sulla terra avevano trovato il modo di auto-distruggersi definitivamente, finalmente, direbbe qualcuno! Si riproducevano per cloni e tramite gli avanzamenti biotecnologici e cibernetici.
Tutto questo non per tutte le persone, chiaramente, ma, volto il tutto all’autodistruzione, si decise per la soluzione finale da completare, portare a termine eliminando, in primo luogo, tutte quelle persone che ancora volevano vivere, e quindi liberarsi dal capitalismo, e quindi risultava che erano degli invasati che volevano salvare il mondo! – perché salvarsi (dal capitalismo, dal sistema auto-distruttivo) non poteva voler dire nient’altro che salvarsi insieme ad altri e altre – Insomma, chi non voleva essere/fare/clonarsi come maschio bianco, ed era possibile anche se si sceglieva di mantenere sembianze femminile o altre, doveva essere definitivamente eliminato, poiché costituiva la minaccia al fine ultimo, l’autodistruzione, appunto.
Le prime ad essere eliminate furono le donne e tutte quelle persone che avevano altri progetti per se stesse e per il mondo, tutte quelle persone che non volevano consegnarsi e pensare la vita in mano a degli uomini volti e proiettati al proprio profitto personale, costi quel che costi, e che, messi davanti all’evidenza che il modo di produzione e riproduzione dominante del mondo è volto e porta all’autodistruzione della struttura stessa, che criticamente tiene in piedi, continuano imperterriti in questo stesso modo.
Il tutto era in mano a questi pochi tutti, maschi, che si autoriproducevano ed erano ormai sviliti nella loro essenza più profonda.
Questo racconto potrebbe durare all’infinito e, comunque, potremmo addentrarci in descrizioni dettagliate che diano un’idea dell’intimo svilimento dell’umana natura, nella sua corsa all’affermazione come uomo del progresso infinito.
Diremo solo che “a causa della razionalità degli umani”, che ingoia la ragione, “l’equilibrio viene distrutto”.
Detto questo, tornando alla scena iniziale della storia, davanti a quella scrittura, in quel luogo che era una porta aperta sul tempo, la persona in questione ricordava vite che non sapeva davvero se avesse vissuto o meno, ma, al di là del ricordo vissuto o no, erano vite di altre come lei e diverse da lei che vivevano dentro di sé.
Le sembrava tutto così chiaro, le sembrava di vedere secoli di storia di dominio scorrerle davanti ad ogni parola che leggeva, che sentiva, per ogni foglia che cadeva in terra e ogni albero abbattuto, per ogni raggio di sole che la attraversava il pensiero era del domino in cui il mondo era preso e per la liberazione possibile.
Non voleva pensare ad altro, voleva incontrare persone con cui ragionare su questo e scacciare la tirannia del capitale. Non voleva altro, voleva la vita, desiderava per la vita.
Fissò il portone, si sedette, c’era solo una cosa che non riusciva a spiegarsi lì su due piedi: erano tutte, tutte le persone ‘pericolose’ state eliminate? Era mai possibile che era rimasta solo lei in quella porzione di spazio contro il dominio da cui rifuggiva e a cui resisteva? Se mai fosse stato così, significava che era venuta meno anche lei stessa, prossima, quindi, all’eliminazione fisica o, peggio, resa docile e assoggettata.
No, non era proprio possibile. Non era da sola. Si risedette. Appoggiò la testa al muro dell’antica costruzione su cui la scritta s’innalzava ancora e, chissà per quale distrazione, il potere non l’aveva notata.
Arrivò uno sciame di donne, alzò gli occhi, le vide e senza dirsi nulla entrarono nel portone dove c’era la scrittura. Pensò che ne era sicura, c’erano anche loro, potevano iniziare. Si sistemarono nella struttura abbandonata e da lì ricominciarono la battaglia. Ogni giorno si asserragliavano e trovavano il modo di liberarsi dai dominatori. Ogni momento dovevano reinventarsi e reinventarsene una di vita insieme contro il potere: sfuggire al domino consisteva proprio in questo, nella riscoperta continua di modi di stare insieme contrari alla logica della tecnoscienza binaria.
Era notte fonda e, tra la stanchezza e la gioia di essere lì, si rese conto di essere in un sogno, che stava sognando del sogno condiviso…
L’indomani si sarebbe svegliata, pensò ancora nel sonno, e l’incubo del mondo a dominio dell’uomo sarebbe ricominciato, sarebbe stato ancora lì: era tempo di aprire gli occhi e sognare insieme.