Nella conca di via Matteo Bonello, confortate da un sole che declinava dolcemente tra i sommacchi, più di mille persone, soprattutto giovani, si sono raccolte la sera del 23 agosto a Palermo all’appello di Non Una Di Meno, per progettare una risposta di lunga lena a fronte dello stupro perpetrato il 6 luglio e reiterato in questi giorni sui media.

L’assemblea ha visto molteplici e argomentati interventi. Proviamo a riassumerli, benché non sia facile, tanto più che l’avvertenza più volte ripetuta era di non semplificare.

La violenza di genere è un fatto pubblico, interno al sistema patriarcale-capitalistico; siamo immersi in una cultura dello stupro, che vuole le donne, ma non solo loro, gerarchizzate e subalterne. Le carceri, la loro pena, la loro giustizia – proseguono le ragazze di NUDM – non ci interessano: vogliamo una sicurezza transessuale costruita dal basso. Non vogliamo securitarismo e militarizzazione del territorio, ma creazione di spazi safe, luoghi di incontro dove ci si possa sentire al sicuro, dove noi possiamo indossare una spilla o un nastro arcobaleno tale da rassicurare chi ha bisogno di protezione, allontanando persone moleste o proponendo di accompagnarlo. La città che vogliamo dobbiamo inventarcela noi e non delegarla ai militari; la sicurezza deve venire dall’educazione, dall’autocoscienza e non dalla repressione o, men che meno, dalla castrazione chimica del “branco”!

 

La cultura dello stupro è nelle famiglie e nelle scuole; è perfino dentro i tribunali, se la Corte Costituzionale ha trovato che una malintesa interpretazione del consenso può assolvere chi è imputato di violenza, aggirando così il dettato della Carta di Istanbul, che della mancanza di consenso fa il nodo dirimente dell’imputazione e della colpevolezza. 

Occorre andare in radice: lavorare nel quotidiano, sollecitare la consapevolezza di una responsabilità condivisa da ciascuno di noi, portatore di un pezzo di cultura patriarcale e classista – avverte Luigi Carollo, storico organizzatore del Day Pride.

Viene indicata anche la necessità di riconoscere il ruolo del maschilismo nella Chiesa Cattolica.

Enza Pisa (CGIL) mette in guardia dal considerare l’episodio emergenziale: si tratta della punta di un iceberg di violenza diffusa. Ogni tre minuti una donna subisce violenza, da Nord a Sud. L’attenzione e la vigilanza collettiva dovrebbero estendersi a livello nazionale ed europeo. Intanto qui, a Palermo, è stato chiuso nel silenzio il centro Armonia che in provincia assisteva le donne molestate.

Dal mondo della scuola, viene l’accorato monito ad educare all’affettività ed alla destrutturazione degli stereotipi di genere.

Intervengono anche rappresentanti delle istituzioni. Mariangela Di Gangi, consigliera comunale, propone un esposto alla Procura di Caltanissetta e un altro all’Ordine dei Giornalisti, per il modo in cui la vicenda è stata trattata dai media. Invita ad esigere prevenzione piuttosto che criminalizzazione e ad operare sulla fragilità genitoriale. Sottolinea come la vicenda potrebbe essere strumentalizzata e ritorcersi in una stretta repressiva contro la libertà di movimento dei giovani in città.

Valentina Chinnici, deputata all’Ars, raccomanda di non smettere di premere sulle istituzioni, che in definitiva molto possono sul piano legislativo ed economico, e ricorda che c’è una legge regionale contro la violenza proposta da Clelia Bartoli, che potrebbe rivelarsi efficace se sostenuta dal basso.

In conclusione, vengono riassunte le proposte:

  • una passeggiata rumorosa  nel centro storico il prossimo sabato, che dia seguito alle altre due già svoltesi;
  • un presidio davanti al Tribunale, ogni volta che si terrà un’udienza del dibattimento, a sostegno della ragazza, che presumibilmente sarà sempre più umiliata, affinché avverta di essere sostenuta: “Sorella, non sei sola!”
  • un’iniziativa per sanzionare i mass-media, nella loro spettacolarizzazione del crimine;
  • una particolare attenzione e denuncia della costruzione patriarcale del diritto nella facoltà di giurisprudenza;
  • un percorso di educazione alternativa al patriarcato nelle famiglie, nelle scuole, nelle relazioni tutte.