Nell’attuale contesto marittimo, le normative sembrano non avere più alcun valore. Nell’ultimo mese, in risposta alle richieste di supporto da parte della Guardia Costiera italiana, la Open Arms ha effettuato fino a 7 operazioni di soccorso in un giorno, tutte coordinate dalle autorità italiane. Oggi, senza alcun motivo e in modo del tutto incoerente, ci viene imposto l’obbligo di un solo soccorso in applicazione del Decreto Piantedosi.
Durante la precedente Missione 103, la nostra nave si è trovata in una situazione molto complessa: decine le imbarcazioni in condizioni di pericolo in alto mare e le autorità italiane non in grado di rispondere a tutte le richieste di aiuto. Per questo ci è stato richiesto proprio da queste ultime di intervenire e dare loro supporto. Abbiamo dunque effettuato 7 differenti operazioni di soccorso e 18 operazioni di assistenza in un giorno solo, sempre coordinati dalla Guardia Costiera italiana, che peraltro, proprio in quelle ore, aveva le motovedette ferme perché prive di carburante.
Solo qualche giorno dopo, durante questa Missione 105, la Open Arms si è trovata ad effettuare 3 diverse operazioni di soccorso in acque internazionali per un totale di 196 persone, tra cui 15 donne e 19 minori non accompagnati. Dopo aver soccorso le prime 26 persone, ci è stata indicata Carrara come porto di sbarco, a più di 600 miglia di distanza e 4 giorni di navigazione. Mentre ci dirigevamo verso il Pos assegnato, abbiamo ricevuto un avviso di distress da parte di Alarm Phone riguardo a due imbarcazioni in pericolo a sud della nostra posizione, avviso confermato dall’assetto aereo Seabird 2 della ONG Sea-Watch.
Data la mancanza di risposte da parte del Centro di Coordinamento Marittimo, allertato anch’esso come la Open Arms, ci siamo recati a prestare assistenza, così come previsto dalle Convenzioni Internazionali e dal Diritto Marittimo Internazionale. Una volta raggiunte le coordinate del primo caso, l’MRCC italiano ha insistito perché abbandonassimo la ricerca e procedessimo verso il porto assegnato, poiché le autorità competenti avevano già preso in carico il caso. Tuttavia, alla nostra richiesta di maggiori informazioni, come ad esempio l’orario di arrivo dei soccorsi, non sono stati in grado di fornire alcuna risposta. Alla fine, il nostro rimorchiatore ha raggiunto la posizione e ha realizzato il soccorso di 132 persone. L’operazione è durata circa 2 ore, durante le quali non si è presentato alcun assetto governativo, confermando ancora una volta, che si trattava di persone abbandonate alla deriva. Abbiamo poi soccorso il secondo caso, per un totale di 196 persone.
Una volta tratte in salvo tutte le persone presenti nei due natanti, abbiamo chiesto conferma del Pos e ci siamo diretti nuovamente verso Carrara, porto di sbarco indicato dalle autorità italiane. Dopo una breve sosta a Lampedusa per l’evacuazione medica di un ragazzo, la nostra nave è arrivata ieri mattina alle 8:00 nel porto di Carrara, dove dopo aver ascoltato il Capitano, il Sar Coordinator e il Primo Ufficiale a bordo, le autorità italiane ci hanno notificato un fermo amministrativo di 20 giorni e una multa fino a 10 mila euro.
Quanto accaduto ci appare davvero incredibile, non solo perché sanzionare una nave umanitaria che non ha fatto altro che soccorrere vite umane viola qualunque Convenzione internazionale, il Diritto del Mare e i principi alla base delle nostre Costituzioni, ma anche perché questo conferma che in mare non esistono più regole. Le navi umanitarie si trovano in balia di scelte arbitrarie e del tutto incostituzionali, per cui a volte vengono chiamate a fare le veci della Guardia Costiera, altre sono invece oggetto di sanzioni e fermi amministrativi.
Un decreto che impedisce di soccorrere vite non può essere considerato legittimo. Questo è ancora più vero se viene reiteratamente violato dalle stesse autorità che dovrebbero farlo rispettare, obbligate come sono a chiedere aiuto per assolvere all’obbligo che ogni imbarcazione ha in mare: salvare vite in pericolo. Ricordiamo che nell’ultimo mese il nostro rimorchiatore, la Open Arms, ha salvato 734 persone e ha fornito assistenza ad altre 540, sempre sotto il coordinamento dalla Guardia Costiera italiana.
Soccorrere donne, bambini, uomini alla deriva non è una scelta, è un dovere morale e giuridico per chiunque venga a conoscenza della presenza di una situazione di pericolo. Fermare per 20 giorni uno dei pochi mezzi in grado di soccorrere in un momento in cui la crisi umanitaria è al suo apice e il mare è pieno di imbarcazioni in pericolo, è una decisione pericolosa che implica enormi responsabilità per chi l’ha assunta.