Sono passati due anni dall’ingresso delle milizie talebane a Kabul, dopo la precipitosa fuga delle truppe occupanti occidentali. Dopo una guerra infinita che ha stremato e distrutto un Paese già dilaniato da oltre 40 anni di conflitto, con la scelta dettata da calcoli geopolitici del disimpegno, il popolo afghano, quelle donne di cui si dichiarava di voler difendere i diritti, sono state abbandonate a se stesse e ad un regime oscurantista, criminale, feroce. Repressione e povertà – circa 29 milioni di persone alla fame secondo MSF – ogni attività chiusa o controllata dagli studenti islamici, le donne, che tuttora si ribellano, costrette nell’ombra.
L’ennesimo risultato del tentativo di esportare la democrazia con le bombe a cui tutti i governi che dal 2001 si sono avvicendati in Italia hanno contribuito, rifinanziando missioni militari. Oggi mancano gli aiuti internazionali, le interlocuzioni con la società civile afghana sono ridotte al minimo, il silenzio e il buio hanno avvolto il Paese. In Italia ci si lava la coscienza facendo arrivare poche decine di richiedenti asilo e c’è già chi parla della necessità di collaborare, per “fini umanitari”, col nuovo regime.
Perché, come accaduto giustamente per i profughi ucraini, l’UE non attua la direttiva 55/2001 che garantisce e facilita l’arrivo e la sistemazione in Europa per chi fugge da quella catastrofe? Forse sono troppo lontani e meno importanti le loro vite per garantire un minimo di soccorso? Non dimenticare il coraggio di chi continua a lottare in ogni parte del mondo per combattere l’oppressione, sostenerla e non farla sparire dalla memoria è un obbligo. L’Europa che dimentica è semplicemente complice e connivente del regime talebano.
Maurizio Acerbo, Segretario nazionale
Stefano Galieni Resp immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista- Sinistra Europea, Coordinamento Unione Popolare