Si aggrava la situazione umanitaria dei migranti subsahariani a Sfax. Dopo quattro giorni di scontri e l’uccisione di un tunisino accoltellato da tre camerunesi, la polizia ha messo in atto un’azione di punizione collettiva, rastrellando tutti i migranti senza permessi di soggiorno e deportandoli nel deserto a sud della città, senza cibo e acqua. Soltanto grazie alla generosità degli abitanti dei villaggi attorno e alla mobilitazione delle Ong tunisine della società civile, gli sfollati hanno ricevuto un minimo di assistenza.
Molti abitanti di Sfax respingono l’accusa di xenofobia e chiedono l’intervento dello Stato per riportare l’ordine e il rispetto della legge da parte di tutti, tunisini e migranti. Gli sfollati chiedono il diritto di passaggio, oppure la possibilità di ritornare nei Paesi di origine. Il problema non è di semplice soluzione, perché quel “diritto di passaggio” è impedito dalle autorità europee, che vorrebbero che la Tunisia facesse il cane da guardia per i suoi confini. Il ritorno nei propri Paesi richiede documenti, che molti di loro non hanno più.
La stampa benpensante europea bolla la Tunisia come paese razzista; un doppio standard intollerabile. La repressione poliziesca dello Stato tunisino nasce proprio dalla necessità dell’élite al potere a Tunisi di dimostrare ai signori di Bruxelles la sua determinazione a bloccare i flussi verso nord.