Amnesty International ha sollecitato gli stati che confinano con il Sudan ad annullare immediatamente le restrizioni all’ingresso nei confronti delle persone in fuga dal conflitto e ad assicurare protezione e incolumità alle quasi 500.000 persone già fuggite.

Tra il 9 e il 16 giugno, Amnesty International ha intervistato 29 civili sudanesi alle prese con due opzioni difficili: tornare in Sudan o rimanere bloccati lungo il confine con la prospettiva di attendere a lungo senza risorse basilari per preservare la loro salute, la loro riservatezza e la loro dignità.

Alcune delle persone intervistate si trovavano a Wadi Hafa, presso il confine con l’Egitto, e a Port Sudan, sul mar Rosso. Altre avevano già superato la frontiera ed erano in viaggio, o intendevano mettersi in viaggio verso Addis Abeba (Etiopia), Juba e Renk (Sud Sudan), Cairo (Egitto), Dubai (Emirati Arabi Uniti) e N’Djamena (Ciad).

“Permettere alle persone in fuga dal conflitto un rapido attraversamento della frontiera e mettere immediatamente a disposizione le procedure per chiedere asilo migliorerebbero la drammatica situazione umanitaria alle frontiere”, ha dichiarato Tigere Chagutah, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale.

Omar*, 35 anni, è bloccato a Port Sudan dalla fine di aprile perché non ha il passaporto, rimasto dentro un’ambasciata cui aveva chiesto un visto Schengen quando era iniziata la guerra.

“Gli stati non dovrebbero vietare l’ingresso a coloro che fuggono da un conflitto perché privi di un visto o di un documento d’identità. Invece, le norme in vigore stanno creando ostacoli insormontabili per chi è in disperata necessità di salvezza e che così si trova in grave pericolo”, ha aggiunto Chagutah.

“Le innumerevoli persone che sono riuscite ad attraversare i confini vivono una fase di incertezza e vulnerabilità. È difficile accedere alle procedure d’asilo o mantenere il loro status, quando l’avessero già avuto, dato che non posso rinnovare i documenti d’identità scaduti o prossimi alla scadenza”, ha proseguito Chagutah.

Gli stati che ad aprile hanno effettuato l’evacuazione da Port Sudan ai propri connazionali l’hanno negata ai sudanesi privi di visto.

Amnesty International ha intervistato anche testimoni e operatori umanitari, ha analizzato video e fotografie ed esaminato notizie degli organi d’informazione e delle Ong presenti nella regione.

I “controlli di sicurezza” da parte delle autorità sudanesi

Coloro che fuggono da Khartoum e da altre parti del Sudan devono superare numerosi posti di blocco, dove subiscono vessazioni, minacce ed estorsioni.

Tre delle persone intervistate da Amnesty International hanno riferito di essere state interrogate dai militari sudanesi: “Gli addetti all’immigrazione a Gadarif [una località nei pressi del confine con l’Etiopia] hanno detto che dovevo essere interrogato da un funzionario dei servizi militari. Per due ore, mi ha chiesto perché stavo lasciando il paese, cosa facevo a Khartoum e se avessi voluto entrare nell’esercito. Ho risposto che volevo andare in Etiopia per sentirmi al sicuro. Allora, mi hanno fatto passare”, ha raccontato uno di loro.

Ali*, 26 anni, è stato costretto a chiamare un testimone che confermasse la sua identità, è stato interrogato e poi obbligato a versare circa 2000 sterline sudanesi (circa quattro euro) per valicare la frontiera di Gallabat.

La situazione umanitaria

 Secondo le informazioni raccolte da Amnesty International, le centinaia di persone in attesa di varcare il confine a Qustul e Argeen, nei pressi di Wadi Haifa, stanno affollando le strutture disponibili nella zona e nelle città adiacenti.

Osman*, 30 anni, ha raccontato che le persone bloccate al confine di Wadi Haifa erano costrette a trascorrere la notte all’aperto, senza riparo, acqua né cibo. La mancanza di acqua potabile e di servizi igienici aveva creato un ambiente insalubre, soprattutto per le persone anziane e i bambini. Sul lato egiziano della frontiera c’era la Croce rossa ma dal lato sudanese non c’è era alcun presidio medico.

Questa è la testimonianza di Aamira*, 30 anni:

“Siamo arrivati di notte e la frontiera egiziana era chiusa. Abbiamo dovuto dormire all’aperto. I miei parenti sono rimasti bloccati per tre giorni al valico di frontiera di Argeen, senza assistenza medica, acqua né gabinetti”.

Ulteriori limitazioni imposte dalle autorità egiziane

 L’Egitto ha accolto il maggior numero di persone in fuga dal conflitto sudanese: oltre 250.000 alla data del 26 giugno, secondo il ministero degli Affari esteri del Cairo.

Secondo le informazioni raccolte da Amnesty International, risalenti al 10 giugno, le autorità egiziane chiedevano a tutti i sudanesi di munirsi di un visto d’ingresso presso il consolato di Wadi Haifa o a Port Sudan, sia per combattere la produzione di visti falsi che per gestire meglio l’afflusso alla frontiera.

Fino a quella data, sulla base delle norme vigenti prima del conflitto, il visto d’ingresso era richiesto solo ai ragazzi sudanesi di oltre 16 anni e agli uomini sudanesi di età inferiore ai 50 anni. All’inizio della crisi, le autorità egiziane addette all’immigrazione hanno accettato, alla frontiera terrestre, documenti temporanei di viaggio per le donne, le ragazze, i ragazzi di meno di 16 anni e gli uomini ultra-cinquantenni.

Questa prassi è tuttavia terminata, senza preavviso, il 25 maggio, provocando caos, gravi ritardi e sovraffollamento ai valichi di frontiera. Le autorità egiziane hanno anche annullato la prassi di consentire l’ingresso ai cittadini sudanesi col passaporto scaduto, estendendone la validità per altri sei mesi, e di permettere ai bambini di essere aggiunti al passaporto dei genitori.

Le immagini satellitari acquisite da Amnesty International tra il 6 e il 13, mostrano un significativo aumento di veicoli sul lato sudanese della frontiera di Argeen.

Con un’altra decisione, presa il 29 maggio e il cui testo è stato esaminato da Amnesty International, le autorità egiziane hanno introdotto nuovi controlli di sicurezza per i ragazzi e gli uomini compresi tra i 16 e i 50 anni in arrivo all’aeroporto internazionale del Cairo. Per poter entrare in territorio egiziano, il numero e la data dei controlli di sicurezza devono essere stampati sul visto d’ingresso.

Amnesty International ha poi ricevuto allarmanti segnalazioni sul rifiuto, da parte delle autorità egiziane, dell’ingresso alla frontiera terrestre ricevuto da rifugiati siriani ed eritrei in fuga dal Sudan. Un testimone ha riferito che alla fine di aprile, alla frontiera di Argeen, l’ingresso era stato negato in quanto i documenti in loro possesso era scaduto. Ciò ha causato anche separazioni familiari.

Il 7 giugno la stampa egiziana ha annunciato che le autorità avevano intenzione di accelerare l’adozione di una nuova legge sull’asilo. Sebbene non sia pubblico, il testo richiederebbe a tutte le persone richiedenti asilo e rifugiate presenti in Egitto di registrarsi e regolarizzare la loro posizione entro sei mesi dalla sua entrata in vigore.

La risposta regionale alla crisi dei rifugiati

 Le organizzazioni locali e a guida locale stanno fornendo assistenza ai sudanesi in fuga dal conflitto, particolarmente alle frontiere col Sud Sudan e con il Ciad. Tuttavia, la mancanza di assistenza da parte della comunità internazionale sta rendendo ancora più fragile la situazione, mettendo in crisi le limitate risorse disponibili a livello locale.

In Ciad le organizzazioni umanitarie stanno fornendo acqua, cibo, medicinali e rifugi a oltre 120.000 sudanesi fuggiti da conflitto. Nel Sud Sudan ne sono recentemente arrivati 129.000.

Alla data del 27 giugno, gli oltre 566 milioni di dollari chiesti dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati erano stati finanziati solo per il 13 per cento.

“Amnesty International sollecita gli stati confinanti col Sudan a rispettare i loro obblighi di diritto internazionale aprendo le loro frontiere a coloro che fuggono da un conflitto in continua escalation. Tutti gli stati devono annullare le restrizioni che impediscono un ingresso rapido, sicuro, in dignità e privo di discriminazioni a tutte le persone in fuga da Sudan e assicurare che i richiedenti asilo abbiano accesso all’assistenza umanitaria e a una procedura corretta ed efficace d’asilo”, ha sottolineato Chagutah.

“Le autorità egiziane devono assicurare che la nuova proposta di legge sull’asilo sia pienamente in linea con le norme e gli standard internazionali sui diritti dei rifugiati”, ha concluso Chagutah.

Ulteriori informazioni

 Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, oltre 563.000 persone hanno superato la frontiera sudanese. Le organizzazioni umanitarie presenti all’interno e all’esterno del Sudan stanno denunciando la drammatica situazione umanitaria sottolineando l’urgente bisogno di assistenza e sostegno internazionali.