Delegazioni dei partiti palestinesi sono giunte al Cairo. È in corso una conferenza mediata dall’Egitto per raggiungere l’unità del movimento di resistenza. Ieri si è riunita la segreteria organizzativa e oggi si terrà la conferenza con la partecipazione dei segretari generali, con lo stesso presidente Abbas a introdurre i lavori. La conferenza si tiene ad Al-Alamein e il ruolo egiziano si limita a mettere a disposizione un luogo neutro per il confronto senza interferenze. Infatti non è prevista la presenza nella conferenza del presidente Al-Sissi o del suo ministro degli esteri.

Alla conferenza sono arrivate tutte le delegazioni tranne quella di Jihad islamica, che contesta gli arresti di suoi militanti, da parte della polizia palestinese in Cisgiordania. Il discorso del presidente Abbas sarà improntato – secondo le anticipazioni – su tre linee: Legalità internazionale, OLP unico rappresentante del popolo palestinese e la linea della resistenza popolare pacifica e nonviolenta. Le opposizioni di sinistra, Fronte Popolare e Fronte Democratico, chiedono invece la fine degli accordi di Oslo e la formazione di un governo palestinese provvisorio al posto dell’ANP, sull’esempio dell’esperienza algerina degli anni ’50 dello scorso secolo contro l’occupazione coloniale francese. Più fumosa la posizione di Hamas che controlla amministrativamente la striscia di Gaza. Ad Al-Alamein sarà rappresentata da Ismail Hanie, capo dell’ufficio politico.

Questa conferenza non è il primo incontro tra i capi politici palestinesi. Sono avvenute già in passato riunioni con la mediazione egiziana e, due anni fa ad Algeri, con l’intervento personale del presidente Tabboune. Anche allora sono stati proclamati impegni solenni di unità, ma poi sul terreno concreto non è stato fatto nulla di quanto concordato. Il dualismo di potere tra le due organizzazioni maggiori, Hamas e Fatah e la debolezza delle sinistre, hanno lasciato spazio all’espansionismo coloniale israeliano che sta annettendo enormi fette dei territori e città palestinesi della Cisgiordania e a Gerusalemme est. È sotto accusa il ruolo delle forze di sicurezza dell’ANP che detengono nelle proprie carceri militanti di altre organizzazioni, in difesa della sicurezza di Israele.