Un Memorandum che lascia tutto come prima, a parte la mancia che incassa Saied per la “lotta all’imigrazione irregolare”. Nella sostanza si è confermata l’intesa di massima raggiunta negli incontri a Tunisi nel mese di giugno, ma non ci sono impegni vincolanti, solo dichiarazioni di principio, che adesso, come ha dichiarato la Meloni “dovranno essere messe a terra”. Sempre che le parti raggiungano un accordo concreto sul piano operativo, che ieri è mancato. Basta paragonare il Memorandum d’intenti tra la Tunisia e l’Unione Europea ed emerge chiaramente la mancanza di contenuti specifici che possaono tradurre in fatti gli indirizzi espressi dalle parti. La linea Meloni è stata così sconfitta ancora una volta, tanto che la firma del memorandum è avvenuta tra il Commissario europeo per il vicinato e l’allargamento Olivér Várhelyi e il segretario generale del ministero degli Affari esteri, delle migrazioni e dei tunisini all’estero Mounir Ben Rjiba, senza che nessuno dei leader presenti a Tunisi apponesse la propria sottoscrizione. Che non poteva certo impegnare la parte europea dopo la mancata approvazione del Memorandum (ancora in fase di trattative) da parte del Consiglio europeo del 29 e 30 giugno a Bruxelles.
Saied ha imposto la clausola secondo cui la Tunisia non diventerà piattaforma per i rimpatri dall’Unione europea, ed ha ottenuto invece una promessa di supporto dall’Unione europea, per i respingimenti collettivi che già sta attuando verso i paesi confinanti, Ma nel rispetto del diritto internazionale, si legge nel Memorandum. Dunque non si vede come l’Unione Europea, attraverso Frontex possa partecipare con il supporto finanziario, se non operativo, ad operazioni di intercettazione in mare o di rimpatrio forzato in violazione del divieto di respingimenti collettivi o degli obblighi di soccorso e di sbarco in un porto sicuro affermati dal Regolamento n.656 del 2014. La Tunisia non è un “paese terzo sicuro”. Lo mettono in dubbio i rapporti più recenti delle Nazioni Unite.
Nelle regioni meridionali del paese, soprattutto a Sfax si è intensificata la caccia ai migranti subsahariani, in molti casi presenti da anni in Tunisia ed inseriti in attività lavorative alla luce del sole. Una “pulizia etnica” che non accenna ad affievolirsi, malgrado i richiami delle principali agenzie umanitarie , dopo che il presidente Saied ha indicato gli immigrati “neri” come una delle cause della gravissima crisi economica che sta portando lo Stato allo sfacelo sociale ed economico.
Gli immigrati subsahariani rastrellati a Sfax ed in altre zone delle regioni meridionali sono stati prima espulsi verso la terra di nessuno, in pieno deserto tra la Tunisia e la Libia, o l’Algeria, quindi, dopo che la deportazione aveva già cominciato a produrre le prime vittime, sono stati in parte ripresi, arrestati e rimangono attualmente sottoposti ad un severo regime detentivo, se non vengono gettati per strada come merce di scarto. L’accesso alla procedura di asilo in Tunisia è un miraggio, e le autorità di polizia violano regolarmente il divieto di respingimenti collettivi sancito dalle Convenzioni internazionali sottoscritte da tutti gli Stati europei.
Le promesse su “connecting people” e collaborazione tra paesi mediterranei sono destinate a restare sulla carta senza un ampio consenso europeo, condizionato all’accettazione da parte della Tunisia del piano di riduzione del debito proposto dal Fondo monetario internazionale. Per il resto, per quanto concerne le prassi di rimpatrio e la lotta all’immigrazione irregolare, sarà tutto coperto da segreto militare e affidato alla discrezionalità delle forze di polizia sotto l’occhio vigile di Frontex. Anche per supportare i respingimenti collettivi dalla Tunisia verso i paesi di origine, a partire dalla Costa d’Avorio, dal Gambia e dal Senegal, obiettivo che si propone Saied impegnato da mesi nella pulizia etnica contro gli immigrati subsahariani presenti in Tunisia. Adesso anche con il supporto della Meloni e dell’Unione Europea. Vedremo se il Parlamento europeo, grande assente in queste trattative, condividerà queste politiche di morte.
Possiamo prevedere come andrà a finire: tanta propaganda in vista delle prossime elezioni europee, tante vittime innocenti in mare e ai confini europei “esternalizzati” in Libia e in Tunisia. E gli arrivi aumenteranno ancora. Con questo Memorandum d’intesa siamo alla enunciazione di principi e non ci sono accordi su impegni “vincolanti” sulle politiche di riammissione e di esternalizzazione che dovranno ancora essere definite. Secondo quanto scritto nel Memorandum, i “partenariati operativi”, dunque gli accordi che riguardano la cooperazione d polizia e la collaborazione con la guardia costiera, in materia di contrasto dell’immigrazione irregolare, sono ancora oggetto di discussione.
Vedremo quali impegni vincolanti deriveranno dalla visita del ministro dell’interno tunisino mercoledì prossimo a Roma da Piantedosi e dalla Conferenza dei capi di governo dei paesi africani, annunciata da Giorgia Meloni per domenica prossima a Roma. Monta la propaganda ma gli aiuti più consistenti alla Tunisia rimangono ancora in forse. E da Saied non mancano attacchi ai soccorsi umanitari in acque internazionali ed alle ONG che denunciano il degrado democratico inflitto al suo paese.
“L’assistenza macrofinanziaria sarà fornita quando le condizioni lo permetteranno”, ha precisato von der Leyen. Il presidente tunisino ha invece attaccato ancora una volta le organizzazioni non governative: «Dalle Ong arrivano fake news con l’obiettivo di danneggiare la Tunisia e il suo popolo». Ora, ad essere convinti, dovranno essere i 27 Paesi chiamati a dare via libera all’intesa. «Sono fiducioso in un ampio supporto», ha sottolineato Rutte. Ma con Ungheria e Polonia in trincea sul dossier migranti, il cammino della ratifica non sarà semplicissimo”. Gli impegni finanziari e le modifiche normative non potranno prescindere comunque dal voto del Parlamento europeo. E la questione dei diritti umani, che comprende i soccorsi in mare, non potrà essere accantonata ancora una volta. Come si dovrà chiarire, una volta per tutte, il rapporto tra la Tunisia ed il Fondo monetario internazionale, che ben difficilmente potrà essere sostituito dall’Unione europea o dalle sue istituzioni finanziarie.
Il presidente Kais Saied ha criticato il sistema monetario globale, dicendo che “crea oscurità dove vuole”, mentre la Tunisia “cerca di far splendere un nuovo sole sul mondo intero”. La Tunisia “non ha missili intercontinentali, ma ha sovranità su oceani e continenti”, ha aggiunto, ricordando che la Tunisia guarda a un nuovo futuro “per realizzare le speranze di ogni essere umano”. Ma sotto queste belle parole rimane fermo l’obiettivo di bloccare la “sostituzione etnica” che starebbe subendo la Tunisia. Un cavallo di battaglia che accomuna Saied alle destre europee.
Leggendo bene le dichiarazioni del presidente Saied si capisce che le parti sono ancora ferme alle intese di massima maturate l’11 giugno scorso. E sulle questioni dei diritti umani, del rispetto dello Stato di diritto (rule of law) in Tunisia e dei rapporti con il Fondo monetario internazionale, buio totale. Anzi Saied sferra un duro attacco al Fondo monetario internazionale il cui intervento a favore della Tunisia, condizionato alle riforme richieste, è ritenuto dall’Unione Europea una precondizione per erogare l’intero pacchetto di aiuti previsti dal Memorandum, oltre i primi 100-120 milioni di euro previsti per il contrasto dell’immigrazione irregolare, ed altri 150 milioni che Bruxelles promette di inviare subito per evitare il default dell’economia tunisina. Ma gli impegni di principio sugli aiuti alla popolazione tunisina schiacciata dalla crisi economica (e democratica) sono destinati a restare sulla carta. Le procedure prevedono modifiche legislative e tempi lunghi. Evidentemente l’Unione Europea e il governo italiano puntano più sull’obiettivo immediato di aumentare gli strumenti di deterrenza per rallentare gli arrivi in Italia. Tuttavia, una maggiore “effettività’” delle politiche di rimpatrio verso la Tunisia o altri paesi terzi, in assenza di consistenti canali legali di ingresso e di possibilità effettive di evacuazione dei migranti sub-sahariani presenti in quel paese, ed un contrasto più violento dei tentativi di attraversamento del Mediterraneo, con un aumento dei respingimenti collettivi delegati alla Guardia costiera tunisina, non potranno che fare esplodere il conflitto sociale in Tunisia e travolgere le sue relazioni con i paesi dell’area subsahariana, come la Costa d’Avorio ed il Gambia.