225 rifugiatə, detenutə nel lager di Ain Zara da un anno e mezzo, sono statə rilasciatə ieri dalle autorità libiche con la supervisione dell’UNHCR.
Si tratta di fratelli e sorelle internatə a seguito delle proteste del 2021 che denunciavano le terribili condizioni di vita in Libia. È una prima straordinaria vittoria del movimento Refugees in Libya e della piattaforma europea di lotta Unfair che, a partire dal 2022, hanno iniziato una costante mobilitazione in tutta Europa per chiedere la liberazione dellə detenutə e l’evacuazione verso Paesi sicuri.
La storia di questa lotta in Libia e in Europa è la prova che, insieme, possiamo cambiare il destino di donne, uomini e bambinə intrappolatə nell’inferno libico a causa delle politiche disumanizzanti di esternalizzazione delle frontiere e di respingimento attuate dai governi europei.
Il presidio davanti alla sede dell’UNHCR di Tripoli
La storia di una lotta straordinaria
Nella notte tra il 1° e il 2 ottobre 2021, migliaia di persone migranti vengono rastrellate e internate nei lager a seguito di una violenta operazione di polizia e milizie del governo di Tripoli avvenuta casa per casa nel quartiere Gargaresh.
Per rispondere alla repressione e denunciare le condizioni di vita dellə detenutə, le migliaia di rifugiatə scampatə all’arresto si organizzano in presidio permanente davanti agli uffici dell’UNHCR a Tripoli. È la nascita del movimento Refugees in Libya. Chiedono di essere evacuati verso Paesi sicuri, la fine delle torture, dei sequestri a opera delle milizie, dei ricatti, delle uccisioni, degli stupri. Chiedono all’Europa e alle Nazioni Unite di intervenire.
È la prima volta che dall’inferno libico si leva una voce forte e collettiva, fino a giungere al Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli e a Papa Francesco, che più volte manifesta la sua vicinanza a questi fratelli e sorelle. Il presidio dura cento giorni, finché il 10 gennaio del 2022 i miliziani di Al Khoja, capo del DCIM (Directorate for Combating Illegal Migration) sgomberano con violenza lə manifestanti internando oltre 600 persone nel famigerato lager di Ain Zara. Due giorni prima l’UNHCR, l’Agenzia Onu formalmente incaricata della loro protezione, aveva chiuso i propri uffici.
Il movimento resiste. La voglia di vita è più forte dell’orrore. Alcunə attivistə e portavoce, sottrattisi alla cattura, fuggono in Italia e continuano la lotta fuori dal suolo libico. Non possono lasciare indietro le loro sorelle e i loro fratelli. Si mettono in rete con la società civile europea e nel novembre 2022, in occasione del rinnovo del Memorandum Italia-Libia, scendono nelle piazze di 20 città europee, presidiando le sedi locali dell’UNHCR. A seguito di questa pressione politica e pubblica, 300 tra donne e bambinə vengono trasferitə in alloggi sicuri.
È il primo passo. Il secondo avviene a Ginevra il 10 dicembre 2022. Nella giornata mondiale dei diritti umani portano la mobilitazione davanti alla sede centrale dell’UNHCR e chiedono l’immediato rilascio delle persone ancora imprigionate ad Ain Zara e in tutti i lager libici.
L’UNHCR reagisce nuovamente e vengono liberate altre 50 persone. Ma non basta. L’Agenzia Onu ha poteri limitati, dipende finanziariamente e politicamente dalle decisioni degli Stati europei, diretti responsabili del dolore e delle sofferenze delle persone ancora rinchiuse.
Il passo successivo deve raggiungere il centro politico decisionale dell’Unione Europea. E così il 30 giugno e il 1° luglio, il movimento organizza un contro vertice a Bruxelles, mentre lə capə di Stato e di Governo stanno discutendo la riforma del nuovo sistema d’asilo che punta a ridurre ulteriormente la libertà di movimento.
Bruxelles, 30 giugno 2023, conferenza stampa al Parlamento Europeo
Nella conferenza stampa al Parlamento Europeo del 29 giugno che ha inaugurato il contro vertice, lə portavoce del movimento chiedono nuovamente la liberazione delle persone incarcerate. Seguono incontri con parlamentarə europeə dove vengono mostrate le immagini delle condizioni di vita dellə detenutə e le torture subite. Il corteo conclusivo, a cui si aggiungono i movimenti locali di persone migranti e sans papiers, marcia attraverso la capitale dell’Unione Europea, passa davanti alle sedi delle sue istituzioni e agli uffici degli esecutori delle politiche migratorie: Consiglio dell’UE, Commissione, Parlamento, UNHCR, OIM, Frontex, ICMPD.
Al termine del contro vertice arrivano le notizie sperate. Viene disposto dalle autorità libiche, a seguito dell’intervento dell’UNHCR, il rilascio immediato dellə detenutə e l’avvio delle procedure di verifica.
L’11 luglio, lə 225 sopravvissutə a torture e lavori forzati possono finalmente firmare l’accordo che esplicita condizioni e modalità del rilascio: trasferimento in un’area urbana, assistenza in denaro (sotto forma di contanti e carte di credito) per l’alloggio e l’acquisto di beni non alimentari, interventi medici individuali in base alle esigenze specifiche.
L’assistenza offerta, però, è inadeguata e non corrisponde alle loro necessità. Le persone sono lasciate per strada senza un riparo o un sostentamento, nonostante la promessa di mettere a disposizione una guida per la ricerca dell’alloggio. L’indennizzo fornito è stato di soli 300 dinari in contanti, insufficienti per affittare una casa a Tripoli, e di 700 dinari in carte da utilizzare nei negozi di alimentari. Tuttavia, queste carte regalo sono valide solo in luoghi specifici e inutilizzabili in altre città, limitando di fatto la capacità di fare scelte indipendenti e tenendoli sotto sorveglianza.
Il documento dell’UNHCR che esplicita condizioni e modalità del rilascio
La gioia di vederlə liberə è tanta, ma rimane la preoccupazione per il loro futuro. Oggi si trovano nella stessa condizione di un anno e mezzo fa. La maggior parte di loro viene dal Sudan, un Paese nuovamente afflitto dalla guerra civile. La Libia è ancora un inferno. Nei suoi centri di detenzione, ufficiali e non, sono ancora rinchiuse oltre 20.000 persone. La chiusura di tutti i lager e l’evacuazione verso Paesi sicuri rimangono ancora un imperativo.
La lotta, in mare e in terra, in Libia e in Europa, prosegue.