Abbiamo intervistato Andrea Bonadonna, direttore artistico del Festival dell’Alta Felicità (FAF) che si svolgerà a Venaus da domani al 31 luglio

Può spiegarci cos’è il Festival dell’Alta Felicità e perché viene organizzato?

Questa è la settima edizione, è un festival organizzato dal movimento NoTav. Nel momento in cui abbiamo deciso di farlo abbiamo pensato di unire la lotta con la socialità. Mettiamo al primo posto il sogno di ogni essere vivente: quello di essere felice. Un territorio che viene stuprato da opere inutili e dannose non può considerarsi felice. Noi che lo vogliamo tutelare ci impegniamo ormai da trent’anni. Un tassello di questa lotta trentennale è il FAF che ormai richiama in Valsusa tantissima gente da ogni parte d’Italia e non solo e mette al centro per l’ennesima volta l’urgenza della questione climatica che non può essere demandata.
Anche quest’anno per la seconda volta consecutiva il festival è gemellato con il Climate Social Camp. Questo è uno dei motivi per i quali abbiamo deciso di iniziare il sabato e non il venerdì: per lasciare il doveroso spazio ai ragazzi che si battono per la giustizia climatica di manifestare in tranquillità, smontare il camp ed arrivare a Venaus per vivere insieme a noi il festival dall’inizio.

Come si struttura l’organizzazione del festival?

Organizzare questo evento che porta in media 60/70.000 persone ogni anno, anche solo per quanto riguarda l’accoglienza e i servizi principali da dare a queste persone, è un’impresa titanica. Parliamo di uno staff che comprende attivisti e militanti della Valle e di Torino: circa 400 persone che tutti gli anni contribuiscono all’organizzazione. A questi si aggiungono ogni anno altre centinaia di attivisti che vengono a comporre la “Ciurma”. Cioè quegli attivisti volontari che vengono a viversi il festival non soltanto come spettatori ma come protagonisti, diventando parte integrante dell’evento, dandoci quindi una grossa mano.
Senza tutto ciò un evento di questo tipo, se messo sul piano del mercato avrebbe dei costi impossibili da sopportare. Anche per quanto riguarda le competenze sfruttiamo la cooperazione di moltissime persone che a seconda di sensibilità, capacità, attitudine e voglia di farlo, si mettono a disposizione.

L’anno scorso oltre ai momenti di musica dal vivo ci sono stati molti dibattiti incentrati sui diritti. Quali sono le novità di quest’anno?

A quelle urgenze che ci hanno portato a costruire il festival ed animare quei dibattiti purtroppo non si è data risposta, sono quindi urgenze da mettere, anche in questa edizione, al centro dell’attenzione. Il festival rappresenta anche un momento per fare il punto della situazione qui in Valle. Ma soprattutto è un momento per confrontarsi e intessere relazioni positive con altri soggetti, movimenti, con altre realtà.
Quest’anno verrà posta particolarmente al centro la questione legata alla Francia. Il Tav, essendo un’opera transfrontaliera, ci mette inevitabilmente in relazione con la Francia, una relazione in questo caso negativa: tra l’altro Telt, società privata che gestisce l’opera, è una società a capitale misto italo-francese. C’è però un aspetto positivo in questa relazione: l’attivismo e il protagonismo delle persone – parlo di movimenti come “Tout le Monde” o gli attivisti NoTav d’oltralpe – ci arricchisce ed è un po’ l’elemento di novità di quest’anno. Sappiamo bene che la Francia quest’anno è stata ed è attraversata da una miriade di istanze di trasformazione sociale portate avanti da più soggetti.
In questo la componente giovanile legata alla lotta sul cambiamento climatico è tra i protagonisti. Aver stretto questo gemellaggio anche con gli amici e le amiche d’oltralpe è un ulteriore elemento di arricchimento.
Dal punto di vista artistico non facciamo salire sul palco solo gruppi che in passato o nel presente si definiscono militanti. Crediamo che qualsiasi espressione artistica, compresa la musica, possa essere parte dell’ingranaggio collettivo di spinta al cambiamento, in qualsiasi artista che salga sul palco portando un messaggio di solidarietà aderendo allo spirito del festival.
Ci muoviamo anche per coinvolgere artisti di fama nazionale e internazionale che si mettono al servizio della nostra causa, disposti ad abbassare, o in taluni casi azzerare, il proprio cachet, quest’anno, tra gli altri, avremo Miss Keta sul palco.
Il FAF è gratuito e accessibile per tutti, determinati costi di artisti di fama sarebbero per noi insostenibili. Coniughiamo quindi un’offerta artistica musicale all’altezza con una sostenibilità del festival stesso. Sempre più spesso eventi musicali come il nostro diventano un ulteriore elemento di selezione di classe, solo chi può permettersi certe cifre può coltivare il sogno di assistere ad un concerto in uno stadio, in un palazzetto o in un festival commerciale.
Lunedì, posso annunciarlo, ci sarà una sorpresa. Spesso artisti che hanno vinto il Festival di S. Remo, o molto famosi, ci vengono a trovare gratuitamente e la gente li può ascoltare.

Cosa vi aspettate da questa edizione del Festival?

Come ogni anno ci aspettiamo un’ampissima partecipazione, ci aspettiamo e speriamo in una partecipazione sempre più consapevole: rispettosa del territorio, rispettosa delle questioni legate ai comportamenti sociali e ai diritti. Pensiamo quindi anche a delle forme di rispetto non solo mentre si assiste al concerto, ma anche quando si è in fila per prendersi un panino, rispetto per i vicini di tenda, rispetto di genere. Ci aspettiamo anche un aiuto e un sostegno ad una dura lotta che è stata anche presa come simbolo contro le ingiustizie che pervadono i nostri territori da nord a sud, ma che necessita sempre di aiuto e sostegno, di forze nuove.
Ricordiamo le innumerevoli misure cautelari che come attivisti del movimento NoTav nel corso degli anni abbiamo subito,  ma come sempre abbiamo detto: “Resisteremo un minuto più di loro”. Aiutiamoci ed aiutateci quindi a resistere un minuto più di loro.