Sono passate poche ore da quando un ministro in carica, Matteo Salvini, ha attaccato don Lugi Ciotti, uno dei simboli della lotta alla mafia in Italia. Nessuna risposta del “signore in tonaca”, solo un comunicato breve di Libera, l’associazione fondata da don Ciotti.
Poi le parole arrivano senza alcun riferimento specifico: la replica a Salvini parte da un luogo affatto casuale, nella giornata inaugurale del “Buona Vita Festival” al bene confiscato “Alberto Varone” di Maiano di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, dove don Luigi Ciotti arriva in jeans e maglietta blu, come al solito.
Abbracci con i responsabili della cooperativa “Al di là dei sogni”, stretta di mano col Prefetto di Caserta e poi dice alla sala strapiena: ““Non voglio polemizzare con nessuno. Ho il massimo rispetto per le istituzioni, ma credo che bisogna alzare la voce perché arrivano segnali inquietanti”. Non nomina mai il ministro, ma conferma che questo non è un buon momento per la sempre difficile lotta alla criminalità organizzata. In pochi giorni si sono susseguite violente prese di posizione verbali contro chi ha contribuito a cambiare il Paese negli ultimi 30 anni e a liberare interi territori dal giogo della mafia. Proprio come è accaduto in quel bene confiscato alla periferia di tutto, nella sperduta campagna di Caserta, dove adesso ogni giorno decine di ragazzi vanno a seguire corsi di formazione alla legalità.