In un contesto politico di future elezioni nella Repubblica Democratica del Congo, l’elaborazione di una nuova legge di “congolesità” suscita polemica, in un clima di animosità. Pressenza ha voluto dar voce ai cittadini.

Qui con noi c’è Irène, giovane donna africana. Condivide con noi il suo percorso di vita allo stesso tempo particolare e risultato di un meticciato molto frequente a Kinshasa.

Nota: il testo è un adattamento delle parole di Irène, che potete ascoltare (in francese) nel podcast.

Buongiorno! Puoi presentarti?

Buongiorno, mi chiamo Irène. Sono nata a Kinshasa il 18 febbraio 1988. Ho lasciato Kinshasa per andare in Francia all’età di 1 anno e mezzo, trascorrendo quindi lì tutta la mia vita. A 33 anni, dopo il mio primo viaggio in Congo, ho deciso di venire a vivere qui. Ho rinunciato a tutto ciò che avevo in Francia per venire a vivere a Kinshasa. Sono qui ormai da tre anni.

Cosa ne pensi del conflitto tra Ruanda e RDC? E come ti senti in quanto franco-congolese?

Personalmente penso che sì, indubbiamente il Ruanda sta invadendo il nostro territorio, questo è certo! Penso anche che la Francia lo aiuti molto. Avendo vissuto in Francia e studiato un po’ di sociologia, penso che la Francia sia uno di quei paesi che vogliono continuare a dominare sulla ricchezza di certi paesi africani. Penso che sì, c’è complicità per ottenere l’accesso alle materie prime. Anzi, vorrei che si trovasse una soluzione perché a causa di questo conflitto molte persone vengono uccise, famiglie, donne, bambini. È questo l’aspetto che mi fa arrabbiare.

Poi, tutto ciò che riguarda la guerra per la ricchezza dipende da loro (i politici)! Devono lasciare in pace le popolazioni che non dovrebbero soffrire per una simile guerra.

Cosa sai della legge Tshiani? Ti senti preoccupata per questa legge? Quali sono le tue impressioni?

Se ho capito bene la legge Tshiani, penso sia stata introdotta per evitare, secondo gli autori e tra virgolette, che ci siano stranieri al potere, cioè qualcuno che non sia congolese “di entrambi i genitori” come si suol dire. Quindi equivale a dire che la persona in questione deve avere genitori congolesi, oltre a essere lui stesso congolese. Ecco, penso che sia così.

Sei mai stata vittima di violenze simili al razzismo o alla xenofobia nella RDC, tu che sei anche francese? 

Io sono congolese di entrambi i genitori, quindi non mi sento troppo coinvolta, ma per contro i miei cugini sono meticci. Nel loro caso, cosa faranno? Hanno comunque un genitore congolese, e non è perché hanno una madre o un padre stranieri che non possono rivendicare questa parte congolese. Quindi ci sarà un problema a livello di meticciato!

Poi sono d’accordo che la legge riguardi le persone che non sono per niente congolesi. Questa legge deve essere rivista perché, se riconosce davvero solo le persone con ambedue i genitori congolesi, porrà un grosso problema dal momento che in Congo c’è molto meticciato.

In Francia, fintanto che, tra virgolette, non hanno bisogno di stranieri, siamo lasciati indietro, messi da parte o addirittura controllati dall’identità razziale. Ma d’altra parte, durante il periodo elettorale, vengono e ci adulano per ottenere i nostri voti.

Bene, non seguo troppo la politica, a cui non ci faccio molta attenzione. Ma è vero che ho visto e sentito ugualmente la tensione della situazione. È come se oggi ci fosse una guerra di tribù, cultura, nazionalità. È vero che si sente. Anche se io o le persone intorno a me non siamo stati presi di mira, si sente. È nell’aria, si sente comunque.

Considerato tutto questo, ti sentiresti a tuo agio ad andare in Ruanda in questo momento? 

No, in effetti non andrò in Ruanda, sapendo che sono loro la causa di quanto sta accadendo nel mio Paese e che non c’è sanzione. Per il momento, anche se non lo vivo personalmente, sarebbe come se contribuissi a questo conflitto. Anche se i ruandesi non sono tutti uguali, non sono i cittadini a dare gli ordini; è il presidente e il suo governo, ma se domani andassi in Ruanda sarebbe come se tradissi un po’ il mio paese. Quindi, se un domani dovessero invitarmi, non ci andrei.

Cosa dire a un bambino congolese con madre congolese e padre ruandese? E viceversa? È congolese o ruandese? Cosa dirgli? 

Gli direi di abbracciare entrambe le sue culture; è tanto congolese quanto ruandese. E quindi non deve abbandonare una cultura a scapito di un’altra. È quello che dico ai miei nipoti, perché tutti loro sono meticci. Dico sempre loro che devono imparare da entrambe le culture, che imparino davvero da entrambe, senza rinnegarne nessuna.

Per loro non è un problema dal momento che hanno entrambe le nazionalità. Sono sia congolesi che ruandesi, il che significa che hanno gli stessi diritti, che stiano in Congo o in Ruanda.

Quali soluzioni adottare vista questa animosità tra ruandesi e congolesi? Come porre fine a questo odio?

Prima di tutto bisogna trovare una soluzione a questa guerra. Aiuterebbe molto. E, dopo, far capire a congolesi e ruandesi che non siamo nemici. Ciò che ci rende nemici è il capitalismo, è la sete di ricchezza e appunto di arricchimento. Bisogna quindi far capire che sono questi i fattori che suscitano odio reciproco, perché alla fine siamo tutti esseri umani.

È un po’ quello che subiamo noi stranieri in Francia. Il più delle volte è ignoranza perché non sanno, cioè che fin da piccoli è stato loro inculcato che i ruandesi, o i congolesi, sono il nemico. E sono cresciuti con quest’idea. Ma poi, quando cresci, diventi amico dei ruandesi, li conosci. Ho amici ruandesi, non li giudico, andiamo molto d’accordo. Vado a casa loro, loro vengono a casa mia e non parliamo mai di queste cose perché non credo siano affari loro; inoltre non sanno nemmeno cosa sta succedendo, non sanno nemmeno perché è iniziato. E quindi penso che il problema principale sia che molte persone non conoscono le cause di tutto questo ed è per via di questa ignoranza che esistono i conflitti.

Cosa sai di questi conflitti? Hai una chiara spiegazione di “come è iniziato il conflitto?”

Fondamentalmente ho fatto ricerche e dato un’occhiata, anche se ammetto che ancora oggi non capisco, ma la maggior parte delle volte che lo chiedi ti sentirai rispondere: no, ci hanno attaccato. Ma non c’è davvero una spiegazione chiara. Qual è quindi la causa? Perché ci hanno attaccati? Perché tutto questo? A oggi non ho alcuna risposta e non lo so. Quindi mi sento un po’ come loro, mi sento ignorante quanto loro. Ecco perché da un lato non mi schiero troppo, ma essendo congolese e sapendo che comunque sono i ruandesi a compiere questi massacri a est, è proprio in relazione a quello che non vorrei andare in Ruanda o che boicotto il Ruanda.

Ma, come ho detto, non tutti i ruandesi sono uguali. Non è perché siamo in guerra con il Ruanda allora odio tutti i ruandesi, per niente.

Quando ti trovi in Europa sei un’africana tra africani, ruandesi, congolesi. Parlate tra di voi di questi conflitti? Il conflitto esiste anche tra di voi?

Fuori, per quanto mi riguarda se parlo della Francia, la maggior parte dei ruandesi e dei congolesi parlano tra loro, si va d’accordo. È proprio qui che si vede di più la differenza perché laggiù, come ho detto, siamo un po’ all’oscuro, non sappiamo bene cosa stia succedendo qui e voglio dire che nemmeno ci interessa. Perché non vogliamo mescolarci, non sappiamo e non ci preoccupiamo di indagare. Perciò credo che in ogni caso, per chi è nato o cresciuto in Europa, va bene. Invece chi è emigrato dopo arriva già con tutti questi condizionamenti, e li ripetono cercando poi di indottrinare gli altri. Ma noi che siamo cresciuti lì, che ci siamo nati, non siamo in questo tema.

Gims (rapper e produttore discografico congolese, N.d.R.), panafricanista, è spesso citato come presa di posizione in questo conflitto. Cosa ne pensi? Pensi che la soluzione universale al conflitto tra ruandesi e congolesi possa essere l’intervento della Chiesa? 

Sì, ma a certe condizioni, perché ci sono sempre persone iperradicali. Quello è il problema. Voglio dire che sono per il panafricanismo, ma non per il radicalismo. In alcuni panafricani c’è troppo radicalismo. Sì, sono state falsificate alcune cose, è vero. Io sono per il ripristino della verità, ma non sono per il radicalismo e rifiuto l’incitamento all’odio. Sono proprio favorevole all’apprendimento, alla sensibilizzazione.

Questo è ciò che affermo; siamo tanti africani e tanti europei e altri ancora, tutti nell’ignoranza perché ci sono cose che sono state fatte in passato che sono state falsificate, manipolate. Ognuno ha messo del proprio ed è quello che dobbiamo aggiornare. Le persone dovrebbero essere in grado di ottenere un minimo di informazione, perché penso che tutte queste guerre, tutti questi conflitti e persino il razzismo, sia tutto dovuto alla pura e semplice ignoranza.

Un’ultima parola…

Vorrei solo che trovassimo una soluzione per fermare questi massacri e sostenere la convivenza. Quindi, invece di andare in guerra, proviamo a trovare soluzioni, compromessi, trattati e viviamo insieme, andiamo avanti ed evolviamo insieme.

Essendo l’Africa molto religiosa, penso che sì, la Chiesa ha un ruolo da svolgere.

Grazie Irene!

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Intervista di Jessica Ikete

Traduzione dal francese di Enrica Marchi. Revisione di Thomas Schmid.