Il settore agricolo mondiale è alle prese con i primi, ma già devastanti, effetti della crisi climatica. I recenti avvenimenti che hanno colpito l’agricoltura italiana ne rappresentano un perfetto quanto tragico esempio. Prolungati periodi di siccità seguiti da alluvioni distruttivi, grandinate senza precedenti, gelate tardive e imprevedibili. Gli eventi meteo estremi iniziano a manifestarsi con sempre più frequenza e violenza, mentre la politica, dopo aver tentato miseramente di negare o minimizzare ciò che ormai non si può più né negare né minimizzare, temporeggia, fa promesse, stanzia fondi (pochi e male). Le mediocri soluzioni di adattamento e mitigazione avanzate finora dal Governo italiano e dalle associazioni di categoria preannunciano un destino disastroso per gli agricoltori e gli allevatori italiani. Gli interessi economici delle grandi industrie dell’agroalimentare rappresentano ancora un ostacolo alla rivoluzione green di cui tale settore necessita. Tornaconti ultra capitalistici che sbarrano la strada a misure, quali la riduzione delle emissioni di azoto, e che trasformano in meri strumenti di profitto le nuove pratiche, come il carbon farming.
Cos’è il carbon farming?
Delle azioni efficaci, utili alla riduzione dell’impatto ambientale dell’agricoltura, si parla poco, nelle università, in qualche raro convegno dedicato o in luoghi isolati, aziende di eccellenza alimentare e ambientale, capaci di creare prodotti di qualità, utilizzando metodi in grado non solo di tutelare gli ecosistemi, ma anche di rigenerarli. L’agricoltura rigenerativa, che sembra prendere sempre più piede anche in Italia, fa parte della lista di pratiche agricole green, per certi aspetti “miracolose”. Conservare e arricchire la fertilità del suolo, ripristinando allo stesso tempo l’equilibrio biologico dei terreni rappresenta una sfida non facile da affrontare, ma allo stesso tempo una importante opportunità economica e ambientale per l’intero settore agricolo. Un suolo in ottimo stato può infatti rappresentare un’arma in più nella lotta ai cambiamenti climatici, poiché in grado di sequestrare grandi quantità di CO2 dall’atmosfera.
«Aumentare il contenuto di carbonio organico nei suoli agricoli (SOC) è altamente auspicabile e può contribuire alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici. Le pratiche di carbon farming grazie alle quali si possono ottenere tali aumenti sono ben note e probabilmente porteranno molteplici benefici collaterali come una migliore stabilità della resa e la conservazione della biodiversità». Ancora una volta la scienza sottolinea l’importanza di azioni radicali, di cambiamenti necessari utili a salvare il salvabile. La “coltivazione di carbonio“, entrata recentemente nel mercato dei crediti di carbonio attraverso la Comunicazione sui Cicli Sostenibili del Carbonio della Commissione UE, comprende pratiche agricole capaci di sequestrare anidride carbonica dall’atmosfera immagazzinandola nei suoli. Nel “Manuale di orientamento tecnico” è presente l’elenco delle possibili prassi da poter attuare in tal senso. Quattro i settori in cui poter operare tramite diverse azioni di mitigazione:
- Uso del suolo: Conversione dei seminativi in prati per sequestrare il carbonio organico nel suolo, nuova agroforestazione, conversione/ripristino delle zone umide/torbiere, piantagione boschiva, prevenzione del disboscamento e della rimozione degli alberi dai terreni agricoli, gestione di terreni boschivi, siepi, fasce tampone boscate e alberi di terreni agricoli esistenti;
- Gestione delle terre coltivate: Miglioramento della rotazione delle colture, lavorazione del terreno ridotta o minima (agricoltura rigenerativa), permanenza dei residui delle colture sulla superficie del suolo, interruzione della pratica di abbruciamento dei residui agricoli e della vegetazione, utilizzo di colture protettive/intercalari;
- Gestione del bestiame: Gestione della salute del bestiame, utilizzo di seme sessato per la riproduzione di mandrie da latte di sostituzione, selezione di razze con un impatto minore in termini di emissioni di metano, utilizzo di additivi per mangimi nelle diete dei ruminanti, ottimizzazione delle strategie di alimentazione del bestiame;
- Gestione dei nutrienti e del suolo: Piani di gestione del suolo e dei nutrienti, miglioramento dell’efficienza dell’azoto, fissazione biologica dell’azoto nelle rotazioni delle colture e nei miscugli d’erba, miglioramento dell’efficienza energetica nelle imprese agricole.
Secondo la Commissione europea: «Le iniziative pilota dovrebbero essere sviluppate a livello locale o regionale al fine di raccogliere esperienze per potenziare il carbon farming. Ciò consentirà di migliorare gli aspetti della progettazione, in particolare la certificazione della rimozione del carbonio, e di ampliare la conoscenza e la comprensione dei potenziali benefici per gli agricoltori». Sono già due i progetti cofinanziati dal’UE inerenti la coltivazione di carbonio. Il programma Life Carbon Farming e il progetto INTERREG Carbon Farming mirano entrambi alla mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso il miglioramento dello stato dei suoli agricoli e allo sviluppo e all’adozione di nuovi incentivi utili al sequestro di carbonio.
Ottenere i massimi benefici dall’agricoltura e al contempo tutelare l’ambiente è quindi possibile. Oltre agli invasi per la raccolta dell’acqua piovana (utili ma non risolutivi), alla manutenzione degli alvei fluviali (necessari ma non determinanti) e alla stipulazione di assicurazioni agricole, occorrerebbe incoraggiare gli agricoltori e gli allevatori italiani ad adottare pratiche di produzione sostenibili e, prima ancora, ad acquisire informazioni su tali tecniche. Secondo lo studio “Carbon Farming: Prospects and Challenges“, in un contesto in cui occorre far fronte alle crescenti esigenze umane con metodi di produzione che mitighino i cambiamenti climatici: «L’agricoltura del carbonio offre un metodo di gestione dell’uso del suolo onnicomprensivo e sostenibile, vantaggioso sia per l’ambiente che per la società».
Tutto ciò sembra essere ancora un’utopia in un Paese che ha stravolto il significato di sovranità alimentare, declassificandolo a concetto utile alla propaganda sovranista. Le discutibili uscite pubbliche del ministro Francesco Lollobrigida, appoggiato in pieno dalle maggiori associazioni di categoria, completano il triste quadro di una situazione già complicata. I vuoti discorsi sul Made in Italy e sulla continua difesa degli interessi degli agricoltori italiani si scontreranno presto con la triste realtà. Se non si agisce subito e in maniera efficace molto presto non ci sarà alcun Made in Italy da valorizzare né alcun interesse economico agricolo da difendere.
Marco Pisano