Quando un giorno gli storici e gli studiosi guarderanno all’Italia dei nostri tempi non potranno che constatare quanto questo Paese si sia immiserito e sia oggi mediocre e spento: culturalmente, politicamente, socialmente. Si dovrà tornare su questo tema, per riflettere e capire come sia potuto accadere. Per il momento, però, basta rilevare – a dimostrazione dell’affermazione forse apodittica di cui sopra – come la stampa e i media nostrani, e a ruota i rappresentanti politici, hanno commentato e reagito alla notizia che gli Stati Uniti avrebbero fornito le cosiddette «bombe a grappolo» (cluster bombs) all’Ucraina. Perché questo è un esempio di come si è impoverito non solo il panorama culturale e informativo italiano, ma di come l’assenza di analisi critica, riflessione e discussione lo stiano trasformando, lasciandolo scivolare verso l’abulia, l’ignoranza e la totale passività.
Le «bombe a grappolo» sono bombe che molti paesi vietano, per le quali hanno sottoscritto una moratoria internazionale (non gli Usa, però, né l’Ucraina e la Russia). Perché sono micidiali, infide. Una forma di bomba più cattiva delle altre, se possibile, che semina altre bombe, lasciandole inesplose. Eppure, il presidente Biden ha deciso di mandarne all’Ucraina. Il giorno che il fatto viene annunciato il New York Times parla di una decisione non facile, senza però spiegare cosa ha convinto il presidente.
E i nostri giornali? Scorrendo le pagine web di Repubblica, Domani e anche il Corriere, la sera del 9 luglio (dopo che già al mattino era apparsa negli Usa), la notizia non era comparsa. Certo, la notizia era “apparsa” durante il giorno, ma a sera è già sparita (mentre di La Russa, Santanché e compagnia cantante si parla sempre). Il Manifesto, invece, la ha riferita e commentata (e l’articolo, a sera, c’è ancora).
Ora, dal momento che è una vergogna che la Nato fornisca queste armi a Kiev, sarebbe anche una vergogna difendere quella decisione. Quindi? Meglio non parlarne e il problema è risolto.
Indegno giornalismo, questo, vergognoso davvero. Ma i nostri giornali più diffusi, lo sappiamo, sono i difensori della «democrazia occidentale». Difficile sarebbe difendere una decisione che, invece, appare solo ignominiosa.
Il giorno dopo, complice il summit Nato in arrivo a Vilnius, i giornali sono stati costretti a tornare sulla notizia, anche perché diversi Paesi (Italia inclusa) hanno mostrato riserve sulla decisione americana. Il Manifesto, già dal titolo, fa risaltare un aspetto evidente della decisione unilaterale americana di fornire le famigerate bombe all’Ucraina: la contrarietà di molti Paesi («tutto il mondo», dice il titolo). L’articolo della Repubblica, invece, evidenzia lo “strappo”, quello della Meloni con Biden, e non cita la contrarietà di molti, come Germania, Francia e Gran Bretagna – con governi tra loro diversi per orientamento e tutti paesi Nato – che esprime una contrarietà ad adottare una decisione che va contro gli accordi internazionali. Sottolineare in questo caso che l’aspetto principale sia che la Meloni non è filo-americana come pretende appare, però, un tantino specioso. Il contenuto dell’articolo di Repubblica, a firma di tal Daniele Ranieri, è desolante. È vero, sembra dire, en passant, molti altri Paesi sono contrari. La decisione americana, però, riguarda nient’altro che l’uso di un’arma «in più» che, forse farà molti danni, ma quel che conta è uccidere il maggior numero di russi. Poco importa che Zelensky dica che userà le bombe solo in territorio ucraino. Chi impedirà alle future generazioni di rimanere vittime delle “bombette” inesplose che verranno disseminate a centinaia?
Quel che conta, sembra a leggere la Repubblica, è solo che gli ucraini abbiano un’arma in più (l’hanno usata anche i russi, in passato, e tanto basta). Non conta che tutti gli alleati si oppongano, non conta che quella sia una delle armi più viziose e maledette, non conta che la decisione Usa non abbia senso strategico né politico. Ancor più desolante è stato il pezzo del giorno dopo di tal Gianluca Di Feo, su Repubblica, in cui l’autore si diletta di spiegare quali saranno i vantaggi che verranno dall’uso della micidiale arma.
Come abbiamo imparato in questi mesi, per la Repubblica e tutti i media a favore dell’invio di armi non solo si deve stare dalla parte della Nato contro i russi, ma da quella americana, persino contro gli alleati, persino quando va contro le convenzioni internazionali. Invece di esecrare questa decisione dissennata, si sta dietro all’alleato protettore servilmente.
Non una critica, non un dissenso, non un fondo a deplorare la decisione. Quel che è peggio, poi, è che non abbiamo sentito un solo rappresentante politico tra quelli favorevoli all’invio di armi esprimersi contro la decisione. Perché, sembra di capire, se sei in guerra usi tutti i mezzi a disposizione, non importa quanto efferati, immorali o banditi dalle convenzioni. Li hanno usati anche i russi! Allora, usiamoli anche noi.
Certo, si capisce perché nelle classifiche mondiali sul grado di libertà di stampa il nostro Paese si trova in compagnia di altri che nessuno di noi invidia. Perché la «libertà di stampa» sarebbe anche questo: porre interrogativi, dare spazio ad altre opinioni. Qui non si tratta di criticare i giornalisti, che forse fanno quello che le testate per cui lavorano impongono o preferiscono. Si tratta però di mettere in evidenza che si è persa la bussola e tutti, supini, lasciamo che le cose passino sopra alle nostre teste, sperando di uscirne incolumi.
Lo spazio pubblico, nel nostro Paese, è stato occupato dai media filo-governativi – quale che sia il governo – e filo occidentali, comunque sia. Il contributo critico, dissenziente, è stato espunto. Nella discussione politica – la cui povertà è solo proporzionale a questa mancanza di pubblica discussione – non si avverte nessuna lucidità, nessuna prospettiva.
Un tempo, giornalisti come Montanelli, Scalfari, Bocca, Biagi, Arrigo Levi (solo per citarne alcuni certamente non “anti-americani”) avrebbero espresso una loro posizione autonoma e forse anche critica. Politici di orientamento diverso avrebbero detto la loro. E non mi riferisco qui a persone come Alexander Langer che, su questo, avrebbero gridato «vendetta!». Con cieca miopia, la nostra attuale classe politica, non solo quella al governo, ha dato di nuovo prova di sé, anche dai banchi di quella sinistra da cui ci si aspetterebbe una posizione diversa, di civiltà. Ma questo è quanto questa Italia mediocre e spenta sa offrire.
Pier Giorgio Ardeni