Una sottile linea rossa unisce i diversi Paesi che non vogliono riconoscere il diritto al servizio civile alternativo per coloro che, per motivi etici o religiosi, si rifiutano di svolgere il servizio militare.
Dopo aver accennato allo “strano caso della Corea del Sud”, merita di essere preso in esame anche quello relativo all’Azerbaigian.
L’ex repubblica sovietica, ha assunto oggi una forma di repubblica semipresidenziale. Sebbene ciò abbia portato a un maggior rispetto per i diritti umani, tanto che lo Stato azero fa parte di varie organizzazioni internazionali tra cui le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa, negli ultimi anni nel paese vige un regime di detenzione applicato nei confronti di chi si rifiuta di svolgere il servizio militare. Come spesso accade in questi casi, i primi a caderne vittima sono stati diversi testimoni di Geova. Royal Karimov, Seymur Mammadov, Emil Mehdiyev e Vahid Abilov, i cui nomi sono stati anche al centro delle cronache internazionali relative alle violazioni dei diritti umani, sono quattro dei ragazzi che recentemente hanno dovuto affrontare questo durissimo percorso nonostante abbiano più volte espresso la loro piena disponibilità a svolgere un servizio civile alternativo perché ritenuto non in contrasto con la loro coscienza e con i principi biblici che applicano nella propria vita.
La loro disponibilità è però rimasta tristemente inascoltata. Nonostante le ripetute indicazioni giunte al riguardo dalle Nazioni Unite e da altri organismi internazionali per i diritti umani (inclusa la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) ad oggi il governo di Baku non ha ancora provveduto ad adeguare la propria normativa e non concede agli obiettori di coscienza la possibilità di usufruire di un servizio civile alternativo. Solo grazie ai vari ricorsi presentati dagli avvocati difensori, nella maggior parte dei casi, gli obiettori sono stati scarcerati (spesso per la sospensione della pena e non per l’annullamento della sentenza di condanna) dopo periodi di tempo più o meno lunghi.
Inoltre nel periodo in cui erano detenuti questi ragazzi hanno talvolta visto negarsi anche delle richieste relative a quelli che per loro erano dei bisogni essenziali e sicuramente inoffensivi, come ad esempio quello di poter avere una Bibbia. Non è la prima volta che l’Azerbaigian finisce al centro delle cronache internazionali per il mancato rispetto dei diritti civili. Alcuni comportamenti hanno talvolta percorso i binari dell’intolleranza religiosa e in un caso hanno persino portato all’arresto di due donne solo perché nella loro opera di volontariato stavano facendo, con dei loro vicini di casa, delle conversazioni che avevano come oggetto il messaggio contenuto nella Bibbia.
Così come in altri Stati è quindi più che mai auspicabile che l’Azerbaigian recepisca le indicazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per concedere ai propri cittadini la possibilità di usufruire di un vero e proprio servizio civile alternativo, e cessi di adottare tali comportamenti punitivi, applicati nei confronti di chi con grande coraggio decide di non imbracciare nessun tipo di arma e di fare la propria parte per rendere il mondo maggiormente pacifico, essendo disposto anche a sacrificare la propria libertà.