In occasione della Giornata internazionale contro la tratta del 30 luglio la Comunità Papa Giovanni XXIII ha diffuso sul proprio sito web il report “I nuovi volti delle persone intrappolate nella tratta” https://www.apg23.org/it/post/i-nuovi-volti-delle-persone-intrappolate-nella-tratta.html

Eccone una sintesi.

Cambiano i volti della tratta dopo gli anni della pandemia.

Se secondo la Commissione europea, le donne e le ragazze sfruttate sessualmente rappresentano ancora la maggioranza delle persone vittime di tratta transfrontaliera verso l’Europa – e lungo la rotta balcanica e algerina gli arrivi non si sono mai arrestati -, è in aumento anche la tratta di persone dell’Unione Europea che dall’Est vengono sfruttate verso nord e sud Europa nello sfruttamento sessuale indoor e nello sfruttamento lavorativo o nell’accattonaggio.

Ma non mancano neppure casi di tratta a scopo sessuale di persone transgender da Perù, Venezuela, Argentina attraverso la Spagna e, visto alla mano, in direzione di altri paesi europei tra cui anche l’Italia.
Le si incontrano sui marciapiedi di Spagna e Italia, con un carico di debiti per i trattamenti ormonali di cui non possono fare a meno.
Discriminati in diversi contesti, in taluni casi senza più radici perché scacciati dalle loro stesse famiglie e privati della possibilità di un’alternativa in quanto transessuali, con un nome all’anagrafe di un genere e un nome del genere opposto per i clienti.

Tratta interna e reati finanziari

Non è necessario che la persona sia trasportata fisicamente da un luogo ad un altro affinché si riconosca il reato di tratta.
Sempre più frequentemente poi si va diffondendo la tratta interna ovvero entro i confini nazionali.
Atti, mezzi e scopo sono i tre elementi che distinguono il reato.
Anche per questo la protezione delle potenziali vittime deve avvenire in una fase anticipata rispetto al tempo di accertamento del reato e può essere indipendente dal dovere delle autorità di indagare su trafficanti e sfruttatori.
Ci sono donne bulgare (spesso appartenenti alle comunità rom adescate da finti fidanzati e allontanate dai loro villaggi) ingaggiate anche online nei bar sul Mar Nero per offrire “servizi di escort”.
La tratta di esseri umani può aver luogo anche se la vittima ha inizialmente acconsentito a fornire servizi o atti sessuali a pagamento.
Un trafficante può prendere di mira una vittima dopo che ha fatto domanda per un lavoro o è migrata per guadagnarsi da vivere.
Sono i mezzi utilizzati per sfruttare la persona che determinano il reato e non il consenso iniziale o successivo della vittima.
Cambiano i “volti” ma non la sostanza del crimine.
Ci sono donne cinesi nei centri massaggio e in contemporanea nelle fabbriche del lavoro nero che, pur vivendo da anni nei paesi europei, sono vittime di forme di tratta e grave sfruttamento in città diverse nello stesso paese.
Gestite da agenti di intermediazione che inculcano la normalizzazione di questo reclutamento.
La persona nei suoi racconti risulta non vedere e non aver mai sperimentato nessun’altra modalità lavorativa e nemmeno se la immagina.
La vergogna – che ricadrebbe sulla sua famiglia di origine se non adempisse ai suoi compiti – è la forma di ricatto e minaccia su cui fanno leva gli sfruttatori.
Tra le cause di questa incalcolabile crescita e varietà di “volti” della tratta, secondo il Report Trafficking in Persons, la profonda crisi economica e la violenza politica che si stanno ampliando sia come conseguenza del Covid-19 e sia a causa del conflitto russo-ucraino, associate ad un utilizzo delle nuove tecnologie veloce e di difficile controllo da parte dei trafficanti per reclutare le prede e organizzarne lo sfruttamento.

La tratta di esseri umani è un crimine motivato dagli alti profitti.
Le banche e gli altri istituti finanziari sono nella posizione migliore per identificare e denunciare i reati che spesso si verificano in concomitanza con la tratta di esseri umani, come il furto di stipendi, il riciclaggio di denaro e la corruzione, i pagamenti associati al trasporto delle vittime e altri servizi logistici (ad esempio, hotel o biglietti aerei) e la raccolta o il movimento dei proventi generati dallo sfruttamento delle vittime della tratta e dalla vendita di beni prodotti attraverso il loro sfruttamento.
Per questo le vittime possono essere prese di mira per reati finanziari a cui sono costretti dagli stessi sfruttatori ovvero transazioni illegali utilizzando le identità e i conti bancari delle loro prede. In tutti questi nuovi casi di tratta, non va dimenticata l’urgenza di tutelare la privacy stessa delle vittime.
Attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie infatti il rischio di essere rintracciate e vittime di re-trafficking per diversi scopi è altissimo.

La Comunità Papa Giovanni XXIII è dalla parte delle vittime di tratta fin dagli anni ’90 quando approdarono in Italia un numero crescente di migranti dall’Albania e successivamente dalla Nigeria.
In particolare, don Oreste Benzi ha dato inizio al Servizio Antitratta con la cosiddetta “condivisione di strada” ovvero l’incontro con donne e adolescenti costrette alla prostituzione sulle strade italiane per costruire una relazione di fiducia, ridare dignità alla donna e offrire una via d’uscita.
L’incontro e il dialogo con donne, uomini, adolescenti, bambine e bambini di strada si è poi diffuso in diverse parti del mondo e con diverse modalità per mettersi dalla loro parte là dove sono e offrire una occasione di riscatto ad ogni persona che in quanto tale non può essere considerata una merce.

Operatori e volontari del Servizio antitratta, nel corso degli anni, hanno adottato un approccio centrato sulla persona, interculturale e interreligioso, intersezionale e sensibile al trauma. Ogni persona sopravvissuta alla tratta e allo sfruttamento, con un proprio background migratorio, una propria dimensione spirituale e una propria storia di violenze multiple prima, durante e dopo il viaggio, può sentirsi affiancata in un contesto familiare di accoglienza e, dopo una prima fase di recupero, diventare protagonista del suo benessere e della sua inclusione.