Arezzo, 11 giugno 2023
Il Festival apertosi l’8 giugno con la marcia per la pace che ha coinvolto 3.500 persone ha visto la partecipazione di 260 volontari, 70 relatori e 40 eventi.
La giornata conclusiva dedicata al ruolo, azioni e prospettive delle donne per la pace, con la presenza dell’on. Laura Boldrini e Maryan Ismail e alla ricerca dell’armonia con la natura e con se stessi
Si è conclusa la settima edizione di YouTopic Fest, il Festival internazionale del Conflitto di Rondine, che quest’anno ha fatto registrare nel corso di “Quattro giorni disarmanti” la presenza di circa 2mila persone, tra giovani, studenti, famiglie che hanno preso parte ai 40 eventi culturali e artistici, workshop e panel, esplorando e percorrendo i passi possibili della via di riconciliazione.
«Usciamo da YouTopic Fest 2023 con tanta speranza in più; una speranza toccata in questi giorni, a iniziare dai giovani e dagli adulti che nei dialoghi intergenerazionali, praticati, scoprono di avere un sacco di energie da mettere a disposizione del mondo per cambiare – ha chiosato Franco Vaccari, presidente e fondatore di Rondine Cittadella della Pace –. È stato un Festival disarmante all’ingresso, e alla fine siamo un po’ più disarmati, non completamente, ma con la consapevolezza che le mille vie della pace sono tutte da percorrere e da battere. E come sempre, mentre chiudiamo la settima edizione, annunciamo il tema di YouTopic Fest 2024, che sarà: “La fiducia: averla, riceverla, perderla, ritrovarla al cuore del rischio della vita”».
Protagoniste della giornata conclusiva del Festival sono state le donne: la loro presenza attiva e la loro inclusione in tutti gli ambiti della società civile e nei processi decisionali assicurano un maggiore coinvolgimento delle comunità, come dei gruppi più fragili, e sanno accrescere la fiducia, l’elemento essenziale delle relazioni pacificate.
A metà mattina si è tenuto il panel dal titolo “TESSERE LA PACE: L’AZIONE DELLE DONNE VERSO LA RICONCILIAZIONE – Ruolo, azioni e prospettive delle donne per la pace”, moderato da Alice Pistolesi di Atlante delle Guerre e dei Conflitti e animato da relatrici che da sempre guardano all’universo femminile con spiccata sensibilità quali Laura Boldrini, Deputata della Repubblica Italiana; Megan Corrado, Director of Policy & Advocacy Alliance for Peacebuilding; Alessandra Morelli, divulgatrice diplomazia umanitaria, già UNHCR; Maryan Ismail, docente di Antropologia dell’immigrazione; Aygun Garayeva, Fondatrice Shahla Garayeva Scholarship Program, Rondine d’Oro e Melissa Bridi, operatrice umanitaria, Rondine d’Oro.
Con l’aumento della violenza e dei conflitti armati, le questioni ambientali e la crisi climatica, gli effetti della pandemia da Covid-19, la piena partecipazione delle donne è rallentata; nel panel si è voluto dare spazio a esperienze e storie che testimoniano nuove strategie e soluzioni creative adottate per costruire la pace.
L’On. Laura Boldrini, in particolare, ha portato la sua esperienza personale: quella umanitaria, durata 25 anni, e quella italiana istituzionale, per cercare di mettere in atto processi di riconciliazione: «A superare l’odio si arriva solo parlando, dialogando, come si fa a Rondine; i sistemi di giustizia riparativa, a cui io ho avuto modo di partecipare, non funzionano sempre perché la riconciliazione non può essere attuata attraverso la rimozione, ma attraverso l’integrazione. In questo, ci dobbiamo ricordare che le donne sono una risposta alla guerra e le Comunità internazionali dovrebbero renderle parti dei processi di riconciliazione anche quando i decision maker locali non vogliono, perché le donne si dimostrano sempre la parte più affidabile nella via della riconciliazione».
«Sono sorella dell’ex ambasciatore somalo a Ginevra, ucciso in attentato a Mogadiscio – ha raccontato Maryan Ismail – quel giorno mi trovai ad affrontare un bivio: o annegare nella disperazione, nella ricerca della vendetta, coltivare il dolore o, quello che ho scelto, essere ulteriormente attiva. Con la mia autorevolezza da matriarca decisi di non volere la pena di morte per coloro che uccisero mio fratello, decisi di applicare un grande detto africano che dice “le donne africane reggono il cielo” io ho iniziato a reggerlo dicendo “no alla morte, ma sì ad una giustizia riparativa”. Io sono pronta a parlare e riflettere con le madri, con le moglie dei terroristi per riflettere insieme sul dolore che ci provocano. Così chiedo a tutti di responsabilizzare gli uomini e con loro reggere questo cielo».