Questa settimana il Banco Alimentare ha festeggiato un anniversario importante: i vent’anni di Siticibo, il programma di recupero di alimenti freschi e cotti dalla Ristorazione e dalla Grande Distribuzione Organizzata.
Lo ha fatto con un convegno , in cui sono stati presentati alcuni dati aggiornati sullo spreco alimentare in Italia che, anche a causa dell’inflazione, è in calo del 12% rispetto al 2022.
Nonostante la diminuzione del fenomeno, ancora oggi nel nostro Paese viene sprecato cibo per un valore di 9 miliardi di euro all’anno. Proprio in questo scenario s’inserisce Siticibo, il programma di Banco Alimentare, che dal 2003 al 2023 ha permesso di recuperare oltre 13 milioni di pasti dalla Ristorazione e recuperare 95.000 tonnellate di alimenti dalla Grande Distribuzione Organizzata (equivalenti ad ulteriori 190 milioni di pasti). Un’iniziativa che, dunque, favorisce il contrasto allo spreco.
Nel nostro Paese circa l’1% del PIL, vale a dire qualcosa come 16 miliardi di euro l’anno, viene letteralmente bruciato in pratiche di spreco alimentare. Contrariamente a quanto si pensa, queste pratiche anti-ecologiche non avvengono principalmente nelle grandi distribuzioni alimentari, come supermercati o catene commerciali, ma in casa: lo spreco alimentare domestico vale infatti tra il 60% e il 70% del totale.
La necessità di una normativa che limiti tutto questo ha portato, nel 2016, all’approvazione della cosiddetta legge antispreco .
La legge 166/2016 conferma l’Italia tra i paesi che si stanno adoperando nel mondo per contrastare la dilapidazione delle eccedenze alimentari, facendo chiarezza su nodi spinosi come la conservazione, la scadenza del cibo e le procedure di donazione.
Lo scopo della legge è quello di ridurre lo spreco dalla produzione al consumo attraverso tutta la filiera alimentare. La normativa, che in Italia è stata approvata a sei mesi di distanza da un’analoga legge francese – basata quest’ultima sulla penalizzazione delle condotte irregolari -, si concentra sull’incentivare i comportamenti virtuosi e sullo snellimento delle pratiche burocratiche relative alle donazioni volontarie delle eccedenze.
In sostanza, chi non butta via il cibo viene premiato.
La norma consente la raccolta di tutti i prodotti agroalimentari che solitamente restano a marcire nei campi, permettendo ai coltivatori di reinserirli nella filiera di distribuzione e di cederli a titolo gratuito ad associazioni di volontariato; i ristoratori devono permettere ai clienti l’asporto del cibo avanzato durante il pasto.
È possibile donare gratuitamente tutti quegli alimenti che presentano etichette irregolari che non riguardino però la data di scadenza o la presenza di sostanze allergeniche.
Non è richiesta nessuna pratica burocratica scritta per regolare le donazioni gratuite di cibo; viene aumentata la collaborazione tra produttori e mense scolastiche, ospedaliere e aziendali.
Incentivi per la produzione agroalimentare a chilometro zero;
Per quanto riguarda le aziende produttrici, il comportamento virtuoso viene premiato attraverso la riduzione della tassa sui rifiuti per chi dona le eccedenze. Questo sistema sta progressivamente modificando il modello culturale di base: l’eccedenza alimentare non viene più considerata dai produttori come merce di scarto, ma acquista un nuovo valore sociale trasformandosi in un vero e proprio modello di welfare a sostegno delle categorie più fragili della popolazione.