Protecting Rights at Border (PRAB), il network di ong e associazioni che in 8 Paesi europei (Bielorussia, Human Constanta; Bosnia-Erzegovina, Danish Refugee Council DRC BiH; Grecia, Greek Council for Refugees GCR e DRC Greece; Italia, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione ASGI, Diaconia Valdese DV e DRC Italia; Lituania, Diversity Development Group e Sienos Grupé; Macedonia settentrionale, Associazione dei giovani avvocati macedoni MYLA; Polonia, Stowarzyszenie Interwencji Prawnej SIP; Serbia, Centro umanitario per l’integrazione e la tolleranza HCIT; Belgio, DRC Bruxelles) monitora le pratiche di respingimento lungo le frontiere interne ed esterne dell’Unione, ha pubblicato il suo sesto Report, What we do in the shadows (Cosa facciamo nell’ombra), in cui ancora una volta si evidenzia una gestione sistematicamente violenta dei confini da parte delle autorità che li pattugliano. Non si tratta di casi isolati, ma di respingimenti, abusi fisici e furti che vengono perpetrati ogni giorno: tra gennaio e fine aprile 2023 i casi individuali di persone respinte alle frontiere dai vari governi europei sono stati 10.691 e fra questi 1.611 sono le persone respinte che hanno partecipato a interviste approfondite poi pubblicate da PRAB.
“Le critiche alla gestione delle frontiere europee – si legge nel Rapporto – non vengono mosse solo dalle ONG. Nel febbraio 2023, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha rilasciato una dichiarazione ai leader degli Stati membri dell’Unione europea (UE), chiedendo di porre fine alle violazioni dei diritti umani contro i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti. Lo stesso appello è stato lanciato dal Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa nel marzo 2023, con un rapporto che esprime la necessità di porre fine alle pratiche illegali di respingimento e di aumentare le garanzie contro i maltrattamenti”.
La percentuale di persone che hanno denunciato abusi fisici e/o aggressioni è a dir poco scioccante e ammonta al 62% al confine tra Ungheria e Serbia e al 54% al confine tra Grecia e Turchia. Di tutti i respingimenti registrati, il 16% riguardava bambini, di cui il 9% viaggiava con la famiglia e il 7% era costituito da bambini non accompagnati o separati dalla famiglia. Dalla raccolta di dati congiunta dei partner del PRAB emerge inoltre che nessuna nazionalità è risparmiata dalle violazioni dei diritti che si verificano alle frontiere dell’Unione Europea.
Il Rappo affronta in modo più dettagliato: la continua crisi umanitaria al confine UE-Bielorussia, con testimonianze di abusi, respingimenti e morti, nella “no man’s land”, l’uso di nuovi inquadramenti giuridici per le guardie di frontiera e le condizioni di ingresso sempre più disumane in Polonia e i limiti dei meccanismi di controllo esistenti, lodati invece come successo dall’Europa e dai Paesi che li operano.
I numeri e testimonianze raccolte rappresentano –si legge nel Rapporto– “solo la punta dell’iceberg, poiché la maggior parte dei respingimenti non sono nemmeno documentati”. Si tratta di un “trattamento di benvenuto” che l’Europa riserva a coloro che vengono respinti senza avere neppure la possibilità di fare domanda di protezione, anche quando appartengono a una nazionalità cui spetterebbe di diritto essere accolta. Ma sfogliando il Rapporto ci si accorge che nessuna nazionalità viene risparmiata dai trattamenti inumani e vessazioni.
Sul sito di Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, che fa parte del network PRAB, è possibile leggere e scaricare: il report (in inglese); La sintesi (in italiano); Il Policy Note “Walls and high-tech at Europe’s borders”.