I femminicidi e ogni violenza contro le donne sono violenze maschili
È un mostro, un pazzo, una bestia. Sono alcune delle frasi che impazzano in queste ore sui social riferendosi al femminicidio di Giuliana Tramontano. Ancora una volta l’attenzione mediatica si è scatenata e altissima è l’onda emotiva generale. Tra qualche ora, al massimo tra qualche giorno, passerà in attesa del prossimo femminicidio che romperà il silenzio generale. Perché non sia solo un ipocrita (e complice) giochetto mediatico è necessario andare oltre l’onda emotiva del momento. E iniziare a riflettere, indignarsi ed agire, alla radice di ogni male, sulle cause strutturali di un’oppressione e di un abuso di potere di cui i femminicidi sono tra i vertici della piramide.
Fissando alcuni punti. Il primo è che non sono mostri, pazzi, bestie, schegge impazzite e simili che tutti assolvono e fanno pensare “tanto sono pochi, tanto gli altri non sono come lui, è lui che è sbagliato e gli altri normali”. No, siamo di fronte a uomini che in quanto uomini uccidono donne in quanto donne, maschi che perpetrano violenze e pretese di dominio e proprietà in quanto maschi. Nessun uomo verrà mai ucciso in quanto uomo, nessun maschio verrà mai assassinato, violentato, molestato, in quanto maschio. E nessun uomo, nessun maschio può assolversi o pensare che non lo riguardi. Perché il patriarcato e l’oppressione maschile sono sistemici, tutti ci siamo immersi. E l’assolvimento personale, il disinteresse, il “tanto quello è diverso” o simili è un puro egoismo, al massimo dato puntuale di fronte un qualcosa di molto più strutturato e sistemico. E fin quando quest’oppressione millenaria proseguirà, fin quando continueranno ad essere privilegi per gli uomini e violenze (di ogni tipo) contro le donne tutti siamo colpevoli. E’ stata uccisa Giuliana perché lui voleva dominare, opprimere, comandare, perché si considerava padrone. E considerava lei una sua proprietà, un oggetto o poco più. Una grandissima parte delle violenze contro le donne avviene da parte di fidanzati, mariti, compagni. O ex. Perché anche dopo la fine di una “relazione” si pretende ancora di comandare, dominare, imporsi, di continuare ad essere padrone.
Fin quando non si ripudierà ogni aspetto di queste pretese/privilegi/oppressioni, fin quando si considerà accettabile quel che è accettabile non deve essere – ad ogni livello – e fin quando si penserà “ma io sono diverso, a me non mi riguardà” saremo complici e il peso di ogni violenza ricadrà su tutti noi.
1) non è un tema “da donne”, è una responsabilità maschile. Senza indugi e senza spettacolini a proprio uso e consumo sono gli uomini che devono ribellarsi, denunciare, impegnarsi, smontare ogni retorica e narrazione e disarmare la propria violenza. Non può essere una denuncia solo delle donne e delle femministe, dovrebbe essere un dovere di ogni uomo.
2) bisogna avere finalmente l’obiettivo di ammetterlo e rinunciarvi per sempre: non esiste nessuna proprietà maschile, le donne non sono le proprie fidanzate/mogli/compagne. Cancellare il “la mia”. E farlo ogni giorno. Rinunciando a pensare di legare e alla relazione così come concepita da millenni: nessuno possiede nessun’altra, se dev’essere sia un cammino di libertà, siano libertà che si incontrano e camminano indietro. Fin quando questo non accadrà tanti sono i passi indietro, le rinunce, che vanno fatte. Senz’indugio. Scendere dal trono del privilegio di genere e fin quando il concetto di “relazione” è quel che domina rinunciare a farli i passi, smetterla di mettersi al centro e riperpetrare meccanismi e dinamiche che alimentano tutto quel che vediamo. Può far soffrire? è una rinuncia difficile? E’ doveroso, non può e non deve essere più l’uomo al centro. E’ un prezzo che va pagato, è anche questo rispetto della libertà di una donna. Se un cammino sarà non parta mai più da lui, non sia il maschio protagonista. E ogni giorno abbatta ogni ripetizione, anche se non soprattutto nella quotidianità, di meccanismi, dinamiche, relazioni di fatto maschili e maschioprivilegianti. Assoluto rispetto della libertà femminile e nessuna pretesa, nessun protagonismo, nulla di nulla maschile. Può arrivare a costare perché si rischia di rinunciare ad esprimersi, a lasciar parlare anche la parte umana e nobile (ammesso ci sia) ma va fatto.