Una umiliazione per l’esercito russo e soprattutto un’umiliazione per Vladimir Putin: sarebbe stata anche questo la “marcia di giustizia” da Rostov sul Don a Mosca intrapresa da Evghenij Prigozhin, l’ex “cuoco del presidente” ora capo del gruppo paramilitare Wagner.
La tesi è di Dmitrij Makarov, giurista, 40 anni, rappresentante in Russia del Gruppo Helsinki, un’organizzazione nata nel 1976 dagli accordi sottoscritti nella capitale finlandese con l’obiettivo di favorire cooperazione, diritti umani e pace in tutta Europa superando le contrapposizionie est-ovest della Guerra fredda.
L’intervista con l’agenzia Dire si tiene all’indomani della “marcia” di Prigozhin, conclusa in serata con una marcia indietro, nonostante unità di Wagner si fossero posizionate nella principale città del sud della Russia e fossero poi state segnalate a poche centinaia di chilometri da Mosca.
Makarov parla da Voronezh, un capoluogo regionale, dove ieri si erano verificate esplosioni, in particolare presso un deposito di carburante. Nella zona, 500 chilometri a sud di Mosca, erano
in spostamento colonne paramilitari ed era stato introdotto un regime “anti-terrorismo”.
“Gli apparati di sicurezza hanno fatto quello che fanno di solito, ordinando raid nelle sedi di Wagner, avviando procedimenti penali e minacciando” sottolinea Makarov. “I governi
regionali hanno dichiarato fedeltà sui social media, mentre media propagandistici inviavano messaggi ambigui prima che, dopo un’intera giornata, il presidente parlasse dell’accaduto come di
un tradimento”.
L’attivista continua: “Tutto ciò non ha fermato una banda di mercenari che ha superato rapidamente le difese militari, ha abbattuto aerei ed elicotteri, ha preso il controllo di una città
grande e si è avvicinata a Mosca, mentre parte della popolazione applaudiva e i prezzi di carburante e dei generi alimentari andavano alle stelle”.
Secondo Makarov, la giornata di ieri si è conclusa con “un negoziato folle”, mediato dal presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko: i combattenti di Wagner hanno avviato il ritorno nelle loro basi e il Cremlino ha confermato un accordo che prevede la revoca delle accuse nei confronti di Prigozhin e una sua partenza per la Bielorussia.
L’ultima battuta con l’attivista del Gruppo Helsinki è sul futuro, pieno di incognite. “Resta evidente”, dice Makarov, “l’impotenza totale dello Stato russo nonostante la sua spavalderia”.