Diamo il benvenuto a tutti in questo spazio di interviste sulla fine della vita. Oggi abbiamo con noi Víctor Pichinini, un ricercatore presso il Centro di Studi Umanisti della Città di Buenos Aires, co-fondatore di REHUNO SALUD, una rete umanista di notizie sulla salute, e fondatore del progetto “L’arte dell’accompagnamento”, un programma di formazione per volontari sull’accompagnamento personale e spirituale nelle cure palliative e alla fine della vita.
Victor è anche autore di diverse opere, tra cui L’arte di accompagnare, Contributi alla psicologia del Nuovo Umanesimo e Il flusso del tempo.
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Trascrizione dell’intervista
Diana, di “Alla Fine della Vita”: Ciao Victor e benvenuto in questo spazio di conversazione.
Victor Piccinini: Ciao Diana, grazie mille per questo spazio, sono molto felice di condividere questo momento.
D: Anche noi siamo felicissimi di riaverti qui, e oggi parleremo di accompagnare gli altri. Victor, in particolare parleremo di presenza. In diversi tuoi interventi e convegni tu parli della presenza come atteggiamento e strumento essenziale per un buon accompagnamento. Potresti approfondire un po’ di più questo concetto?
V.P: Sì, Diana. La parola presenza è talvolta usata anche come sinonimo di ‘il modo di essere nell’accompagnamento’. Riguarda principalmente l’atteggiamento, il modo di essere quando si accompagna una persona, che sia per la propria attività professionale, o perché si tratta di una persona cara, o perché sei un amico che lo accompagna negli ultimi momenti della sua vita. E l’importanza di questo modo di essere è la sua influenza e che la persona e l’ambiente la percepiscano; questo crea una differenza importante con un altro modo di essere.
La presenza si realizza quando sento che i miei pensieri, le mie emozioni e l’azione del mio corpo sono uniti in quel momento, nell’azione di accompagnare l’altro.
Il contrario della presenza è la distrazione, perché ci si sta occupando di una persona che si trova in un momento davvero cruciale. Con il corpo, stiamo accompagnando una persona cara, in qualità di amico o di professionista; il corpo è lì ma la testa è altrove: sto pensando a qualcosa che devo fare tra un’ora, e a volte anche l’emotività è frammentata perché arrivo lì con un problema che ho a casa e sono turbato da questa emozione che mi allontana, che mi travolge.
La distrazione è quindi l’opposto della presenza, e questo è molto importante perché si diffonde e non permette una comunicazione profonda con la persona che accompagniamo, rendendo difficile approfondire un buon accompagnamento. In altre parole, la presenza sarebbe un “ESSERE”, un essere con lettere maiuscole. Io sono qui, il mio corpo, il mio pensiero e la mia azione sono uniti nell’azione di accompagnare. Ed è una situazione che segna una differenza molto importante con la situazione di frammentazione tra il pensiero da una parte, la testa occupata da una cosa, il corpo che cerca di muoversi e le emozioni frammentate.
Alcuni la chiamano piena consapevolezza, dedizione… nomi diversi… e non importa. L’importante è come ti senti quando accompagni, e cosa prova nei tuoi confronti la persona che accompagni; perché in questo importantissimo stato interiore in cui si trova la persona, essa vive un processo interiore molto profondo e avverte molto forte lo stato d’animo di chi la sta accompagnando.
In altre parole, la presenza è un modo di ‘essere’, uno stato che permette una comunicazione profonda. La persona che accompagni lo percepirà e tu lo percepirai.
D: Quindi, per sapere se abbiamo davvero questo atteggiamento, questa presenza quando accompagniamo una persona nel processo di fine vita, qualcosa ci dice che siamo lì, è questa concentrazione in quel momento, ma se siamo distratti, se stiamo pensando a tante altre cose, allora non siamo più in questa presenza, non stiamo più usando questo approccio.
V.P: Infatti, e la cosa più importante, Diana, ancor più della teoria, è come percepisci la presenza, come te ne accorgi, come la senti in quel momento, come sai di trovarti in uno stato di presenza. Ed è ciò che chi accompagna sa, e lo sa perché può percepire una sensazione, è come un registro di unità interna, di unità. Sento che il mio pensiero, la mia sensibilità e la mia azione sono uniti nella stessa direzione, nello stesso atto di accompagnamento.
E questo lo percepisco tramite indicatori molto chiari dentro di me; da una parte lo percepisco come unità. Il contrario sarebbe provare una divisione interna. Quindi diciamo che lo sento come un’unità, come un registro di unità energetica, una sensazione di unità interna.
Lo sento come un miglioramento personale, sento che sto facendo bene le cose. Lo sento anche perché vorrei ripetere questo modo di essere, questo atteggiamento di presenza. Comincio a vedere che accompagnare in questo modo produce una sensazione piacevole, lontana dalla sensazione che a volte abbiamo o che una persona che accompagna può avere, di non sapere cosa fare. Si chiede se dovrebbe fare questo o se dovrebbe fare quello. La cosa migliore dell’essere in presenza è che ci sei tu e non ci sono pensieri disturbanti e rumorosi.
Sentiamo dunque un miglioramento personale. C’è il desiderio di ripetere questa presenza, di renderla più permanente. Grazie a questa presenza, raggiungi la pace interiore. Sei calmo, non sei preoccupato per ciò che sta accadendo perché stai iniziando ad immergerti in un’atmosfera tranquilla, di buon accompagnamento, dove tutte le paure e tutti i rumori che provengono dalla coscienza disturbata e contaminata da questo tabù inesistente vengono scartati. Si ha allora l’impressione di una vera azione valida, solidale, unitiva, che vogliamo ripetere nel tempo e che permette di accompagnare bene, indipendentemente da quello che stiamo facendo.
D: Perciò Victor, questo sarebbe uno degli aspetti importanti della presenza, un indicatore che ci dice che accompagniamo bene. Ci sono altri aspetti importanti?
V.P: Quello che stai sottolineando è che è importante la presenza e non un altro modo di essere. Ciò è molto importante perché la presenza ci permette di aprire la porta a una comunicazione più profonda con la persona che stiamo accompagnando. Non si tratta più di comunicazione formale dove parlo e dico ciò che la situazione mi impone formalmente, ma di una comunicazione che, grazie alla presenza, permette di generare una comunicazione cuore a cuore, una comunicazione più insolita che la persona, nel suo alto grado di sensibilità in quel momento, percepirà.
Da un lato è importante, perché ci aiuta a generare una comunicazione profonda con la persona che accompagniamo. La presenza è come una porta verso una coscienza più profonda, informale, non meccanica, non rumorosa.
D’altra parte è importante sottolineare un punto che abbiamo accennato all’inizio: tu diffondi ciò che provi. Quindi se sei diviso pensando che domani avrai un problema finanziario da risolvere e così via, si manifesta nell’atmosfera e la persona che accompagniamo lo percepisce. È quindi anche importante, perché la persona e l’ambiente percepiscono ciò che diffondi.
Se accompagni una persona cara, una persona che ami, la cosa migliore che puoi darle è affetto profondo, amore profondo. E come puoi dare affetto, amore, compassione se non ci sei tu, se non c’è la tua testa?
Perché esserci non è solo una presenza fisica, la presenza è allo stesso tempo interiore, fisica ed emotiva, quindi per dare amore, per dare compassione, per condividere affetto, bisogna esserci. Dunque, la presenza consente anche questa comunicazione amorevole e compassionevole e anche questo è molto importante, perché una delle cose che dicono le persone in fin di vita è che non vogliono morire da sole; vogliono essere circondati dall’affetto di chi è più vicino, con amore, con quelle emozioni profonde.
Pertanto, la presenza è l’atteggiamento e lo strumento migliore per condividere questo momento di fine della vita con la persona che accompagni, con profondo affetto e compassione, perché lo aiuti a non morire con un sentimento di solitudine. Diffondi questa presenza, sinonimo di profondo affetto.
D: Bene, Victor, penso che sia stato molto chiaro e invito tutte le persone che possono praticare questo approccio di presenza a connettersi allo spazio della compassione e a facilitare il lavoro di coloro che sosterranno qualcuno in questa fase di fine della vita. È stato un piacere e grazie mille Victor, speriamo di rivederti presto in un’altra intervista. Grazie ancora.
V.P: Grazie Diana, grazie al programma Al final de la vida (Alla fine della vita) per questi spazi.
Traduzione dal francese di Enrica Marchi. Revisione di Thomas Schmid.