C’è un solo materiale prodotto dall’uomo che possiamo trovare ovunque nel mondo: nei suoli, nei fiumi, nell’aria, nel cibo, nella profondità degli abissi e nel nostro stesso sangue: la plastica. I danni per specie e salute umana sono (quasi) irreversibili, come evidenziano i dati del nuovo report WWF intitolato “Plastica: dalla natura alle persone. È ora di agire”. Eppure, una strada per salvare il mondo (e le persone) è ancora possibile.
Ecco l’intervista con la dottoressa Eva Alessi, responsabile sostenibilità di WWF Italia.
Cosa significa che l’inquinamento da plastica in Natura ha superato il “limite planetario”(Planetary boundary)?
Esistono 9 grandi limiti in natura, soglie calcolate dallo Stockholm Resilience Centre che individuano lo spazio sicuro per l’azione dell’uomo. Riguardano vari aspetti dell’impatto umano sull’ambiente: la perdita di biodiversità, la diminuzione dello strato di ozono, le emissioni di gas serra, l’alterazione dei cicli geochimici di fosforo e azoto; e l’immissione di sostanze che gli ecosistemi e la natura non riescono a metabolizzare. Per ognuno dei punti è stata stabilita una soglia. La scienza ci dice che abbiamo superato la soglia di immissione di sostanze chimiche – come la plastica – e siamo talmente al di sopra di questo limite che è stata compromessa la capacità degli ecosistemi di fornire tutti quei servizi che sono indispensabili alla vita.
Perché l’Italia risulta essere tra i peggiori Paesi inquinatori che si affacciano sul Mediterraneo?
Perché l’Italia sconta una serie di problematiche. Prima di tutto, l’Italia ha delle coste lunghissime e molto abitate tutto l’anno, ma che durante il periodo estivo diventa un flusso di persone imponente. Inoltre, insieme a tutti gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ha un problema di gestione dei rifiuti. Infine, siamo i secondi maggiori produttori di rifiuti plastici in Europa.
Qual è lo stato di salute del Mediterraneo?
Non bello. Il Mediterraneo – insieme a soli altri tre luoghi del Pianeta – ha superato il limite massimo tollerabile di presenza di microplastiche. Il Mare Nostrum ha un altro triste primato: quello della più alta concentrazione di microfibre – soprattutto tessili – nei fondali marini mai registrata al mondo. Ne sono stati trovati 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato! Queste fibre, per la maggior parte, non derivano dagli scarichi industriali, ma da quelli urbani: sono i residui dei lavaggi in lavatrice dei nostri vestiti in fibra sintetica. Il recupero e la pulizia del mare è purtroppo impossibile”.
Quali animali subiscono maggiormente i danni derivati dalla plastica?
Tutti gli animali soffrono la presenza della plastica. Di certo i pesci e gli animali marini in genere soffrono particolarmente. E’ infatti difficile trovare specie nel Mar Mediterraneo che non siano mai venute in contatto con la plastica. Pensiamo agli animali come i capodogli, i delfini o le tartarughe marine che si spiaggiano sulle nostre coste. Spesso nei loro stomaci sono stati trovati chili e chili di plastica: tubi per innaffiare, vasi dei fiori, flaconi di detersivo… Ma tutte le specie soffrono per la plastica. Sia perché possono ingerirla volontariamente – gli uccelli e le tartarughe marine confondono la plastica per delle prede – o accidentalmente, come quando i capidogli aprono la bocca per ingerire le prede (in genere i krill) ma così facendo ingeriscono anche grandi quantità di plastica.
Anche noi subiamo l’eccessiva presenza di plastica?
Sì. Un recente studio ha scoperto la presenza di microplastiche anche dentro il nostro corpo: nelle urine, nelle feci, nelle profondità polmonari e nel circolo sanguigno. Inoltre, le microplastiche riescono a superare anche la barriera placentare: dalla mamma possono arrivare al feto”.
Come liberarci da tutto questo veleno?
La plastica è un materiale straordinario che ha cambiato la storia dell’umanità, in meglio, ma ne stiamo producendo e utilizzando troppa. E’ infatti un materiale pensato per creare oggetti che durino per secoli. Invece, produciamo oggetti che hanno un ciclo di vita molto più breve, anche usa e getta. Pensiamo ad esempio agli imballaggi o al monouso. La strada maestra è dunque: abbassare la produzione e il riciclo. L’Italia è tra i Paesi virtuosi e tra i migliori in Europa nella raccolta differenziata. Questo ci fa onore, ma ci sono ancora delle dispersioni”.
Cosa propone fattivamente il WWF?
Il WWF propone tanti livelli di azione a seconda del ruolo che abbiamo nella società. Ai cittadini chiediamo di non usare la plastica non necessaria nella vita quotidiana (sacchetti, borracce, bicchieri, posate, contenitori…) e di sostituirla con materiali durevoli e biodegradabili, riutilizzabili più e più volte. Il secondo consiglio che diamo è quello di riciclare gli imballaggi in plastica e di non disperderli nell’ambiente o nell’indifferenziata. Questo è il ruolo che possono giocare i cittadini”.
Qual è il ruolo delle aziende?
Il ruolo delle aziende è determinante. In primis eliminando anche loro tutti i materiali plastici difficilmente riciclabili. Non produrre o/e non utilizzare più prodotti non riciclabili: oggi ancora esistono e vengono utilizzati imballaggi non riciclabili. E’ necessario in questo puntare sull’innovazione e rendere ‘circolari’ tutti i prodotti che vengono prodotti.
A livello internazionale, cosa possono fare le Nazioni insieme?
A livello internazionale serve un trattato globale. È terminata la settimana scorsa a Parigi la seconda sessione del comitato sulla ‘Plastic Pollution’. La riunione è andata estremamente bene: erano presenti 175 Paesi che hanno votato all’unanimità la volontà di scrivere una ‘bozza zero’ del trattato globale per l’eliminazione dell’inquinamento da plastica entro il 2024. L’ultimo round dovrebbe giocarsi il prossimo novembre. L’obiettivo del futuro trattato mira a diminuire drasticamente la produzione globale annuale di plastica, che ha raggiunto i 460 milioni di tonnellate e che potrebbe triplicare entro il 2060. Il trattato e la sua messa in opera è dunque un passo cruciale”.
Cosa chiede il WWF al governo italiano?
Al governo il WWF chiede una cosa semplice e fattibile anche nel breve periodo: di andare oltre il riciclo dei soli imballaggi e di estendere la raccolta differenziata a tutti i prodotti in plastica di largo consumo. Questo, allo scopo di far crescere l’economia circolare come valore condiviso. Pochi sanno che in Italia non si ricicla tutta la plastica, ma solo gli imballaggi, vale a dire quei contenitori che ci permettono di trasportare le cose (saponi, cibo, bevande ecc.) dal supermercato a casa. Tutta la plastica riciclabile che non è un imballaggio, come i pettini, le posate, la sedia da giardino, i giocattoli, le parti del computer etc. anche se prodotti con materiale riciclabile, in Italia non viene riciclata ma buttata in discarica o bruciata nei termovalorizzatori.
Questo vale anche per il vetro: in Italia si riciclano solo bottiglie e vasetti. Tutto il resto (bicchieri, piatti, specchi, vetri delle finestre o delle lampadine anche se prodotto con vetro riciclabile) va gettato in discarica e dunque non si ricicla.
Per tale motivo, onde evitare sprechi, il WWF ha chiesto al governo di estendere la raccolta differenziata a tutti gli oggetti di largo consumo. In modo che vengano prodotti per essere riciclati già in fase di progettazione; e poi vengano effettivamente riciclati e riutilizzati per la produzione di nuovi oggetti.
Il riciclo salverà il Pianeta. E ognuno di noi può fare la differenza”.
(Intervista a cura della agenzia stampa Interris.it)