Chiara Castellani, medica e chirurga, vive e opera da anni in Congo. Oggi si occupa di formazione, poiché un incidente l’ha privata del braccio destro. Con lei parliamo della situazione di questa terra martoriata dai conflitti interni e dall’ingerenza dei poteri occidentali, interessati alle abbondanti risorse del paese e insensibili alle drammatiche conseguenze che la loro politica predatoria genera sul territorio.
Chiara Castellani è un medico e chirurgo di guerra che opera in un piccolo villaggio del Congo. In seguito a un incidente, che ha visto la Jeep che la trasportava cadere in una grossa buca nel terreno provocata da una mina antiuomo ha perso un braccio. Chiara è come un angelo senza un’ala. Prima di questo tragico evento lavorava nell’ospedale del piccolo villaggio di Kimbau, nella provincia di Kenge, una grande città capoluogo di regione: operava e faceva nascere i bambini, soprattutto quelli di donne violentate durante gli episodi di guerra tra le varie faide e i molteplici gruppi etnici che si contendono il territorio in quella zona.
La guerra in Congo è causata soprattutto da gruppi politici nemici e antagonisti che si contendono le miniere di coltan, litio e diamanti e i territori minerari, manovrati dai poteri forti. Chiara Castellani è l’angelo senza un’ala che continua comunque e imperterrita la sua missione in quella terra insanguinata. Adesso si occupa della formazione medica e chirurgica delle ostetriche, appunto perché con un solo braccio non può più operare direttamente.
Tu hai creato dal basso la fondazione di volontariato Insieme a Chiara Castellani. Quali sono gli obiettivi che vi ponete?
La formazione è la chiave dello sviluppo economico e sociale, ma soprattutto dello sviluppo umano integrale. Me lo ha insegnato la mia grande maestra e amica, Rita Levi Montalcini. Lei avrebbe aggiunto “delle donne” e ne sono convinta anche io. Benché nei primi anni dopo l’amputazione abbia dovuto imparare a operare con la sinistra appoggiandomi alla mano destra dei miei infermieri, avere finalmente al mio fianco giovani medici laureati anche con il mio aiuto, mi ha permesso di cedere il testimone.
Fra quei giovani medici, i due posti di maggior responsabilità – la direzione dell’ospedale di riferimento di zona, equivalente al nostro distretto sanitario, di Kimbau dove come unico medico avevo lavorato per vent’anni, e la direzione dell’ospedale di riferimento Provinciale di Kenge – sono occupati da donne. Entrambe hanno fatto il primo triennio di studi all’università di Bandundu, alla facoltà di medicina che oggi abbiamo reso finalmente autonoma e capace di laureare medici anche per il triennio clinico, il più importante.
Quali sono i principi a cui ti ispiri?
Formazione per “volare tenendosi abbracciati”: è questo il sunto della poesia-preghiera del compianto Tonino Bello, apostolo della nonviolenza, presidente di Pax Christi, colui che scrisse che Dio creò gli uomini come “angeli con un’ala soltanto”. Poesia che ho fatto da tempo mia.
Il Congo è una terra molto difficile e insanguinata perché sempre oggetto di manovre economiche, azioni belliciste e atti militareschi. Quanto l’Occidente cosiddetto civilizzato è responsabile di questa terribile situazione?
Molto: nella misura in cui i nostri telefoni cellulari hanno bisogno del coltan del Congo che costa meno se frutto di un sanguinoso contrabbando e dello sfruttamento di bambini minatori schiavi. Ai bambini viene oggi chiesto di estrarre a mani nude il cobalto indispensabile per le batterie delle auto elettriche, ecologiche per noi, letali a breve o lungo termine per loro. È una guerra economica e non tribale. Planetaria, delle transnazionali e non civile locale. Al centro ci sono il cobalto e il coltan, per non citare l’uranio utilizzato per le bombe di Hiroshima e Nagasaki.
Tu eri molto legata all’ambasciatore in Congo Luca Attanasio, recentemente vittima di un attentato che gli è costato la vita. Puoi raccontarci l’accaduto e le ragioni di questo terribile omicidio
A mio avviso è riconducibile proprio a chi finanzia questa guerra di sfruttamento economico – una catena lunga di interessi strategici –, che ha individuato in Luca Attanasio un testimone scomodo. Luca sapeva troppo e soprattutto voleva sapere la verità. Troppi elementi poco chiari nella sua fine, ultimo in ordine di tempo il rifiuto del governo italiano di costituirsi parte civile.
La formazione è la chiave dello sviluppo economico e sociale, ma soprattutto dello sviluppo umano integrale.
Hai avuto un colloquio privato con Papa Francesco. Cosa vi siete detti in quell’incontro?
“Giù le mani dall’Africa”, ha giustamente intimato Papa Francesco durante la sua visita in Congo. È questa visione chiara su ciò che realmente ostacola il decollo di un continente che unisce il nostro comune impegno per una pace mondiale basata sulla giustizia e su uno sviluppo umano integrale. Per tutto ciò ho chiesto e ottenuto il suo supporto incondizionato.
Secondo te, come afferma Alex Zanotelli, siamo davvero sul crinale del baratro nucleare? A cosa è servito il Premio Nobel per la Pace alla rete internazionale Ican per il disarmo nucleare universale e per la proibizione degli ordigni di distruzione di massa nucleari?
Rispondo ricordando l’amore incondizionato per la vita dei congolesi, che si esprime in un indelebile sorriso sulle labbra pur di fronte a enormi difficoltà e diventa anche rispetto per la vita altrui e impegno politico basato sulla partecipazione e sulla costruzione di uno stato di diritto attraverso le strategie della nonviolenza.