Eravamo abituati a leggere dati, ricerche e analisi che rappresentavano un Sud povero, disoccupato, con scarsi servizi ma che, nonostante una perdurante crisi economico-finanziaria e un divario sempre più crescente con il Centro Nord, restava tutto sommato un “luogo felice”. Qualcuno, anche di recente, era arrivato addirittura a definirlo come una sorta di “modello mediterraneo della felicità” non dipendente dalla produttività come quello del Nord, ma centrato sulla comunità, sulla famiglia e sui piaceri della vita.
A mettere in dubbio una tale narrazione ci ha pensato però di recente l‘ISTAT con il suo Report “La soddisfazione dei cittadini per le condizioni di vita – Anno 2022”.
Scrivono i ricercatori dell’Istat: “Nel 2022 le differenze territoriali tornano ad ampliarsi. Il Nord rappresenta la ripartizione in cui la quota di persone che esprimono una soddisfazione elevata per la vita è maggiore (49,3%), il Mezzogiorno quella in cui è più bassa (42,4%). Rispetto al 2021 si osserva tra i residenti nella sola parte nord-occidentale una crescita (dal 48,8% al 49,4%) a cui si contrappone un’analoga contrazione nell’Italia meridionale (dal 42,3% al 40,5%) ma non nelle Isole. La regione con il più elevato livello di soddisfazione resta il Trentino-Alto Adige (61,8%), mentre quella con il livello più basso è la Campania (35,7%), dove si registra il calo più marcato rispetto al 2021. L’Umbria, al contrario, è la regione in cui la soddisfazione cresce di più (49,9%)”. E anche a proposito della famiglia, l’Istat ci dice che: “La quota maggiore di soddisfatti per le relazioni familiari risiede nel Nord (89,4%), mentre quella minore nel Mezzogiorno (88,0%). Nel Centro si registra una soddisfazione pari all’89,0%”. Anche nei confronti delle relazioni amicali è il Nord con l’80,5% dei residenti a esprimere un giudizio positivo (molto o abbastanza soddisfatto), mentre il Mezzogiorno si ferma al 78,3%. La stessa soddisfazione per la salute risulta essere più alta nel Nord che in altre ripartizioni: l’81,5% contro il 77,0% del Mezzogiorno, così come la soddisfazione per il tempo libero: Il 67,7% delle persone di 14 anni e più che vive al Nord e il 66,8% nel Centro è soddisfatto di come trascorre il tempo libero. Nel Mezzogiorno la quota è pari al 62,2%.
Per quanto riguarda poi la soddisfazione per la situazione economica personale scrive l’Istat che “emerge netta la distanza tra la soddisfazione del Nord e del Mezzogiorno. Nel Nord si dichiara molto o abbastanza soddisfatto il 61,5% dei cittadini, mentre nel Mezzogiorno la percentuale scende al 50,9%”. Una situazione d’insoddisfazione che si ripercuote anche sulla fiducia verso gli altri: più diffusa nel Centro Italia (27,5% di residenti), mentre il Mezzogiorno (18,8%) si conferma il territorio che esprime maggiore diffidenza e che registra il maggior calo di fiducia rispetto al 2021 (era il 21,5%).
D’altra parte l’Istat già aveva rappresentato una grande fuga dal Sud quando nel suo Report “Migrazioni interne e internazionali della popolazione residente – Anno 2021” aveva registrato che: “Nei 10 anni 2012-2021 sono stati pari a circa 1 milione 138mila i movimenti in uscita dal Sud e dalle Isole verso il Centro-nord e a circa 613mila quelli sulla rotta inversa. Il bilancio tra uscite ed entrate si è tradotto in una perdita netta di 525mila residenti per il Mezzogiorno. Nel 2021 la ripresa della mobilità interna ha interessato anche gli spostamenti lungo questa direttrice. Ammontano a circa 112mila i trasferimenti dai Comuni meridionali verso quelli settentrionali, in lieve aumento (+3%) rispetto al 2020, ma in deciso calo (-17%) rispetto al periodo pre-pandemico. La regione del Mezzogiorno da cui si parte di più è la Campania (30% delle cancellazioni dal Mezzogiorno), seguita da Sicilia (23%) e Puglia (18%). In termini relativi, rispetto alla popolazione residente, il tasso di emigratorietà più elevato si ha in Calabria (circa otto residenti per 1.000). Tassi sopra il 6‰ si registrano per Basilicata e Molise. La regione verso cui si dirigono prevalentemente questi flussi è in termini assoluti la Lombardia (28%) ma in termini relativi l’Emilia-Romagna è quella che li attrae di più (quattro trasferimenti dal Mezzogiorno per 1.000 residenti).
Un Sud sempre più insoddisfatto e smarrito, che continua la sua incessante dissoluzione, in attesa del colpo finale che verrà assestato dalla cosiddetta “Autonomia differenziata”. Un Sud che non è riuscito a riprendersi l’antica dignità di soggetto del pensiero e che non è stato in grado di “interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato solo da altri”.
Scriveva il compianto Franco Cassano nel suo “Il pensiero meridiano” (Laterza, 1996), quasi trent’anni fa, che: “Il Sud ha rinnegato la propria tradizione e l’ha assunta come una colpa salvo poi a reincontrarla sformata e prostituita di fronte all’immane raccolta di merci. Esso oggi si specchia in queste maschere scoprendosi solo come vizio, ma prima o poi dovrà ritrovare il profilo alto e austero di sé, dovrà cercare un radicamento nuovo ma non esterno alla propria storia. E qui tradizione non vuol dire restaurazione, sogno nostalgico di gerarchie indiscutibili e quindi doppiamente oscene, ma democrazia della misura, libertà che si tiene per mano con la dignità. È per preparare quel momento, per evitare che esso arrivi solo dopo costi altissimi che è necessario parlare sin da oggi del pensiero meridiano”.