A un mese esatto dall’alluvione che ha colpito i territori che viviamo, sabato 17 giugno a Bologna è in programma una marcia popolare per portare alla sede della Regione Emilia-Romagna il fango spalato da migliaia di volontarie e volontari, che in queste settimane hanno risposto con solidarietà e rabbia alla catastrofe.
La manifestazione – a cui parteciperanno collettivi e associazioni da tutta la regione, ma anche realtà come Fridays for Future Italia e il Collettivo di Fabbrica GKN – è organizzata dalle centinaia di volontarie e volontari che in queste settimane si sono auto-organizzate per dare una mano nelle zone alluvionate, e partirà alle 16:00 da Piazza XX Settembre. Il corteo sfilerà lungo via Matteotti, Piazza dell’Unità, via della Liberazione, via Aldo Moro fino alla sede della Regione Emilia-Romagna, dove sarà consegnato il fango spalato in queste settimane. Successivamente, il corteo sfilerà su via Serena e via Donato Creti, per concludersi in Piazza dell’Unità.
Di seguito è riportato il testo integrale della dichiarazione finale dell’assemblea popolare svoltasi il 27 maggio in piazza del Nettuno a Bologna, che convoca la marcia popolare.
DICHIARAZIONE FINALE DELL’ASSEMBLEA POPOLARE DEL 27 MAGGIO 2023
Il 17 giugno, a un mese esatto dall’alluvione: 10mila stivali per portare sotto la Regione il fango che abbiamo raccolto – Per una ricostruzione sociale dei territori
Partenza del corteo: 16.00, Piazza XX Settembre, Bologna
La crisi climatica ha mostrato i suoi effetti sull’Emilia-Romagna, mentre la cementificazione del territorio ha trasformato precipitazioni intense in una catastrofe con morti e devastazioni. Siccità prolungate, ondate di calore e poi inondazioni improvvise provocano disastri e mettono in discussione la possibilità di produrre cibo di qualità e di avere acqua per tutte.
Piogge intense saranno sempre più frequenti e l’acqua, su territori cementificati e impermeabilizzati, scorrerà velocemente verso il mare, lasciando alle proprie spalle la distruzione delle alluvioni e i pozzi comunque a secco.
Eventi sempre più frequenti che distruggono case e luoghi di lavoro, ma anche gli spazi sociali e collettivi, mentre nuovi lockdown diventano normalità, con la chiusura delle scuole e dei luoghi di socialità; tante lavoratrici e lavoratori sono costrette a mettere a rischio la propria vita perché anche in situazioni d’emergenza la macchina del profitto non si può fermare. L’ennesima crisi graverà sulle nostre spalle e scaricherà con la solita violenza il lavoro di cura in primis sulle donne, sulle povere, sulle ultime. Crisi che si svolge in simultanea con la folle escalation bellica. Guerra e crisi climatica sono due riquadri dell’emergenza continua in cui viviamo.
Tutto ciò non è un evento improvviso, è crisi climatica; è la volontà politica di investire per decenni sul costruire un territorio per il profitto e non per la vita bella e sicura di chi lo vive. E la crisi climatica è stata studiata ed annunciata, con i report sui tavoli di amministrazioni locali, regionali e governi. Sapevamo, sapevano! Di fronte a questa responsabilità, è ancora più irresponsabile affermare che “ricostruiremo tutto come prima”, e che le grandi opere vanno avanti. Dobbiamo fermarli!
La ricostruzione deve essere cura e salvaguardia del territorio, perché esso sia ospitale per quante lo abitano. Non ci servono grandi opere che, cementificando il territorio, mettono a rischio le nostre stesse vite, ma grandi scelte capaci di mettere la nostra vita degna e bella prima di ogni altro interesse.
Fermare le cause che peggiorano la crisi climatica, fermare il consumo di suolo, ricostruire socialmente i territori. Non possiamo accettare la logica dell’emergenza, che impone che le decisioni sulla ricostruzione siano prese in modo autoritario e verticale. Vogliamo soldi per la ricostruzione, basta soldi spesi in armi per le guerre! Diciamo chiaramente NO a una ricostruzione che punti a rifare tutto come prima. E NO a una ricostruzione costruita da un Capo-Commissario con le mani sporche di cemento. Al contrario, dobbiamo commissariare noi chi in questi anni ha costruito il disastro. Vogliamo esercitare un legittimo potere di veto sulle scelte dannose per i nostri territori e le nostre vite. Vogliamo che le scelte su politiche e fondi non siano appannaggio di qualche capo supremo, ma siano un’occasione per ripensare collettivamente i territori. Per ridisegnare socialmente, ecologicamente e radicalmente la Regione.
Chiediamo anche la moratoria immediata su due grandi opere simbolo delle scelte irresponsabili di amministrazioni locali, Giunta Regionale e governo:
- il rigassificatore di Ravenna, che ci costringerebbe a decenni di dipendenza dalle fonti fossili, la cui combustione è una delle principali cause dei cambiamenti climatici;
- il Passante di Bologna, il cui allargamento consentirebbe l’ampliamento delle altre autostrade regionali e che è l’opera simbolo della cementificazione della nostra regione con decine di ettari che verrebbero sacrificati sull’altare dell’asfalto.
Per tutti questi motivi, l’assemblea di piazza del Nettuno a Bologna del 27 maggio lancia per il 17 giugno, a un mese esatto dall’alluvione del 17 maggio, una marcia popolare che partirà alle ore 16 da piazza XX settembre a Bologna e arriverà sotto la sede della Regione Emilia-Romagna. In questi giorni, a migliaia, stiamo spalando fango in tutta la regione. Il 17 giugno questo fango lo porteremo sotto le istituzioni che hanno la responsabilità di quanto è successo.
La crisi climatica non ci pone solo la sfida di salvare il Pianeta, ma quella di costruire giustizia sociale e climatica. Case belle e per tutte e tutti, redditi e servizi sanitari di qualità, nuove forme di welfare, mobilità collettiva e gratuita nelle città e nelle aree rurali e montane, cura delle aree interne e appenniniche e del sistema idrogeologico, difesa del suolo e della biodiversità, nuovi spazi pubblici e forme di mutualismo cooperativo per affrontare le conseguenze del riscaldamento globale, devono essere le bussole intorno al quale ricostruire dopo la catastrofe. Che il 17 giugno sia anche un grande momento di convergenza! La sfida che lanciamo è quella di andare con 10mila stivali sotto la Regione!
Spaliamo il fango con solidarietà e rabbia, perché sappiamo che non è stato un caso. Spaliamo, ma non siamo angeli mansueti come ci vogliono dipingere! Continueremo a farlo finché sarà necessario, ma siamo pronte e pronti a portare quel fango a chi vuole far finta di niente, a chi vuole decidere sulle nostre teste. Perché dobbiamo fermarli, o le cose andranno sempre peggio. Dobbiamo cambiare i rapporti di forza in questa società. Dobbiamo costruire un nuovo territorio e un nuovo futuro possibile.