Premessa 1: questo articolo parte da un approccio umanista, secondo l’aspirazione e l’atteggiamento di chi pone “l’essere umano come valore centrale”. Premessa 2: mi sembra di osservare una sempre più feroce e disperata ricerca da parte delle élites (a volte seguita, assecondata o per i più subita dai popoli) di stringere a se le maglie del potere, massimizzando per questo il profitto, cercando di raggiungere situazioni di monopolio e quindi esasperando il controllo, che deve arrivare attraverso i vari media fino a dominare il singolo individuo. Tre temi “caldi” sono utilizzati a tal fine: la Salute, l’Ambiente e la Pace. Si arriva tramite operazioni di “terrorismo psicologico” e “ricatto morale” ad un completo svuotamento dei significati e dell’esperienza soggettiva condivisa di questi concetti per sostituirli con “diktat” a carattere prima persuasivo poi impositivo a carattere “impersonale”, diktat “scientifici” (o “naturali”), arrivando quindi anche alla manipolazione del concetto di cultura, di scienza e di ricerca e ad uno svilimento dell’etica della libertà. Una “religione tecnocratica”, che porta a sperimentare ancora meno salute, ancora più avvelenamento dell’ambiente (anche psicosociale) e sicuramente più guerra, oltre che sempre maggiore povertà.
L’influenza dei miti: tutto ciò avviene in una atmosfera di “epoca di decadenza” o di “caduta degli dei”, dove in questo contesto spingono potenti i caratteri “apocalittici” dei grandi miti che stanno nel fondo delle attuali culture in crisi. In particolare mi “cade l’occhio” su quello finora egemone, proveniente dalla mitologia nordica-germanica-anglosassone, con il suo pantheon di Dei guerrieri, eroi vichinghi che aspirano all’immortalità nel Wahalla, di eterei elfi, orchi e gnomi assetati di oro.
Suggestivo è il mito del Ragnarock, tradotto e sviluppato da Wagner come “il crepuscolo degli dei”, già mito trainante dell’ascesa nazista meno di un secolo fa, probabilmente non chiusura di un’epoca ma “evocazione” e avvertimento inascoltato di future tragedie. Mito dove un’indovina evocando la Voluspa, canterà: ”Feroce latra il cane guardiano dell’inferno, sta per rompere la catena, la fiera sta per liberarsi; molto io so, più lontano io vedo: l’ora fatale dei forti dei. Nasceranno tra fratelli lotte e morti, parenti stretti avranno discordie; un tempo di orrori, di molto adulterio, di asce, di spade, di venti, di lupi; annuncio sarà il crollo del mondo”. E allora il Serpente che circonda la terra agiterà il mare su cui salperà la nave Naglfar, fatta con unghie di morti, mentre il lupo Fenrir si libererà e avanzerà con le fauci aperte e la sua mascella inferiore toccherà la terra e quella superiore il cielo, lanciando fuoco dagli occhi e dal naso. Quindi “il frassino Yggdrasill, centro del mondo, tremerà e non vi sarà nulla che non abbia paura in cielo e in terra”… ci sarà l’ultima e estrema lotta per la sopravvivenza dei grandi Dei. Odino sarà divorato dal Lupo, che sarà comunque a sua volta ucciso… questo trasfodo mitico ha dei parallelismi anche nei 4 cavalieri dell’Apocalisse cristiana con le sue pestilenze, ma echeggia anche nel “libro dei Giudici”, dove Sansone (anche lui probabile evocazione del Sole) grida nel tempio a Gaza: “Muoia Sansone con tutti i filistei!”.
Quanto è forte il trascinamento degli insogni di potenza, vendetta e ricerca di redenzione nella tragedia. Un trascinamento che viene da molto lontano per concludere la propria parabola all’alba di questo nuovo millennio. Ineluttabile sembra il destino dei popoli, schiacciati dalla volontà di chi si sente erede degli eroi mitici, cercando di assaltare i cieli senza abbandonare gli inferi.
Quanta tragedia si eviterebbe riconoscendo il fallimento di ciò che non era destinato a compiersi. E così ci troviamo incastrati in questa gabbia della “civiltà occidentale” che pur di non voler accettare il fallimento e farne tesoro per una nuova fase di comprensione e apertura ad un nuovo mondo di multipli dei e di multipli destini umani, preferisce continuare a sognarsi “cuspide del mondo” e dal proprio Ygdrasill giudicare e non essere giudicati, da li rivendicare senza umiltà e fare la voce grossa, provocare il male e voler esserne contemporaneamente la cura.
Questa situazione sta generando molta sofferenza pratica e mentale, e in questo contesto si rischia di non vedere e poter abbracciare i segni di un “nuovo mondo”, di una “nuova spiritualità” che dovrà ripartire dal “Riconoscimento” dell’altro come “se stesso”, dal riconoscimento di essere in una Comunità, che sia essa un quartiere, un villaggio o che abbracci l’intero pianeta. Allora, come scrive Silo a continuazione di quella bella descrizione dei miti nordici che ho citato dal suo libro Miti-radici universali le immagini degli dei e delle antiche genti svaniranno come una allucinazione, simile a quella subita da Thorr quando credette che lo stessero vincendo. Svanirà l’illusione di un mondo e degli dei corrispondenti… allora, gli uomini che stavano nascosti avranno per nutrimento la rugiada del mattino. La terra sarà bella e verde; darà frutti senza essere seminata e vi saranno palazzi in aria.” E così miti nuovi e vecchi potranno convivere e rigenerarsi all’interno del mito “della Nazione Umana Universale”, che molto probabilmente non avrà più bisogno ne di potenti dei o di invincibili eroi, che sicuramente non vuole vincitori ne vinti, ma ascoltare lo Spirito che si cela in ogni cuore che palpita nella speranza dell’Amore e della Compassione.
E come ho aperto, osservando l’enorme violenza che i retaggi di un vecchio mondo che vuole vendersi “nuovo” sta generando, così osservo che i migliori esempi del nuovo stanno nel “fare il vuoto alla violenza”, nella disobbedienza a volte silenziosa ma tenace e nellamare la realtà che si costruisce”, figlia di questa nuova consapevolezza che molta gente umile sta coltivando dentro e fuori di se.