Si vive più a lungo e il progressivo invecchiamento della popolazione è ormai noto a tutti, esperti e non. La speranza di vita alla nascita nel 2022 è stimata in 80,5 anni per gli uomini e in 84,8 anni per le donne. Secondo gli ultimi dati ISTAT, la popolazione ultrasessantacinquenne, che nell’insieme raccoglie 14 milioni 177mila individui a inizio 2023, costituisce il 24,1% della popolazione totale. “Il numero stimato di ultracentenari (100 anni di età e più)– certifica l’ISTAT- raggiunge nel 2022 il suo più alto livello storico, sfiorando la soglia delle 22mila unità, oltre 2mila in più rispetto all’anno precedente. Nel corso degli ultimi 20 anni, grazie a un incremento di 15mila unità, il numero di ultracentenari è triplicato. È stato definitivamente superato il quinquennio 2015-2019, quando si è assistito a un temporaneo declino degli ultracentenari per via del graduale ingresso in tale contingente dei nati tra lo scoppio del primo conflitto mondiale e la pandemia da influenza spagnola, ovvero di soggetti non solo meno numerosi in origine, ma anche sottoposti a regimi di mortalità più rilevanti nel corso della successiva esistenza”.
Ma come si vivono gli ultimi anni di una lunga vita?
Spesso sono anni di non autosufficienza per tanti nostri anziani. “La non autosufficienza dell’anziano è un problema di salute”, è questo il titolo del convegno nazionale, promosso dal Coordinamento per il diritto alla sanità per le persone malate e non autosufficienti-CDSA, che si terrà il 17 maggio, dalle ore 15 alle ore 18, presso la Sala del Refettorio della Biblioteca della Camera dei Deputati, Roma, via del Seminario 76, palazzo San Macuto (https://www.pressenza.com/it/2023/05/garantire-la-tutela-sanitaria-agli-anziani-malati-appello-al-governo-del-coordinamento-per-il-diritto-alla-sanita/).
La survey condotta da Fadoi, la società scientifica di medicina interna, in 98 strutture indica che dalla data di dimissioni indicata dal medico a quella effettiva di uscita passa oltre una settimana nel 26,5% dei casi, da 5 a 7 giorni nel 39,8% dei pazienti, mentre un altro 28,6% sosta dai due ai quattro giorni più del dovuto. Il motivo? Il 75,5% dei pazienti anziani rimane impropriamente in ospedale perché non ha nessun familiare o badante in grado di assisterli in casa, mentre per il 49% non c’è possibilità di entrare in una Rsa. Il 64,3% protrae il ricovero oltre il necessario perché non ci sono strutture sanitarie intermedie nel territorio mentre il 22,4% ha difficoltà ad attivare l’Adi. E il tutto ha un costo per il Ssn di circa un miliardo e mezzo l’anno. La metà dei ricoveri riguarda pazienti over 70 e in oltre il 50% dei casi restano in reparto circa una settimana in più del necessario, visto che non hanno un familiare che possa assisterli e che nemmeno possiedono una pensione così ricca da potersi pagare i circa duemila euro di retta mensile per una Rsa.
Qui tutti i dati della ricerca: https://www.fadoi.org/press-room/ospedali-anziani-dimessi-7-giorni-piu-tardi-oltre-2-giornate-di-degenza-improprie-lindagine-fadoi/.
E il convegno di mercoledì prossimo promosso dal CDSA si pone proprio l’obiettivo di rivolgere un appello al Governo e al Parlamento affinché, attraverso i decreti attuativi della Legge Delega sulla non autosufficienza, venga confermato il diritto alla tutela della salute e alla cura dei malati non autosufficienti, garantendo prima di tutto il loro status di utenti del servizio sanitario nazionale per le cure di lungo termine, di fatto negato dalla Legge Delega approvata il 23 marzo 2023, n. 33, “Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”. L’appello sottolinea la necessità che le prestazioni sociali (Leps), introdotte dalla Legge Delega debbano rimanere prestazioni aggiuntive e non possono essere sostitutive delle prestazioni socio-sanitarie rientranti nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, garantiti dalle cure sanitarie, anche perché questi Leps prevedono diritti condizionati alle risorse disponibili e alla valutazione socio-economica personale e familiare e, quindi, privi di certezza e continuità nell’assistenza sanitaria. Le prestazioni socio-sanitarie Lea- rimarca l’appello- in base alla normativa vigente (legge 833/1978, d.lgs. 502/1992 e Dpcm 12 gennaio 2017) sono diritti acquisiti e imprescindibili. Così come assolutamente fondamentale e da salvaguardare è l’indennità di accompagnamento, prevista dalla legge 18/1980.
Ma in Italia vi è un problema anche con gli istituti di tutela, non solo con gli istituti “di vecchia concezione” , come l’interdizione e l’inabilitazione, ma riguarda anche e soprattutto l’amministrazione di sostegno, introdotta nel nostro ordinamento dalla Legge 6/04 con lo scopo di superare ciò che non funzionava dei “vecchi istituti”, ma che in definitiva ha riproposto -purtoppo– le vecchie logiche e le stesse negative modalità in sede applicativa. Un istituto già oggetto d’attenzione come si può evincere dalle Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, pubblicate nel 2016 e a distanza di anni ancora del tutto disattese.
Da qualche settimana è online il trailer di “La prigionia dei vecchi e degli inutili”, un docufilm realizzato dalla giornalista Barbara Pavarotti, con la regia di Roberta Zanzarelli e lo speaker Massimo Veschi, che punta a denunciare gli abusi e le violenze commessi nell’applicazione dell’amministrazione di sostegno e a contribuire a promuovere la riforma di questo istituto di tutela.
Barbara Pavarotti e l’Associazione Diritti alla Follia hanno anche promosso una petizione nel web, che si prefigge le medesime finalità del docufilm e che si possono così riassumere: garantire il diritto alla difesa, per legge, a chiunque sia oggetto di un ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno, questo perché i ricorsi sono troppo spesso basati su affermazioni generiche senza alcuna prova di supporto (un tipico esempio è la cosiddetta “prodigalità forsennata”); togliere ad un unico Giudice monocratico il potere di decidere sulla vita di una persona, e affidarlo ad un Collegio, composto anche da figure specialistiche in materia di disabilità; stabilire, per gli amministratori di sostegno, l’obbligo tassativo di non avere in carico più di un beneficiario; riconoscere al beneficiario il diritto di essere direttamente sentito dal Giudice Tutelare; equiparare, per quanto riguarda i rapporti affettivi da preservare, congiunti di fatto e amici di lunga data, ai congiunti di sangue.
Qui il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=zToLmnUMg8g;
Qui la proposta di riforma dell’istituto: https://dirittiallafollia.it/wp-content/uploads/2022/11/Proposta-riforma-Amministrazione-di-Sostegno-Diritti-alla-Follia-1.pdf ;
Qui la petizione: https://www.change.org/p/no-alla-reclusione-dei-vecchi-e-degli-inutili-imposta-per-legge.