In occasione del Primo Maggio intendiamo soffermarci sul valore del lavoro come l’espressione più significativa della persona e ripercorrere le tappe storiche che hanno portato al riconoscimento dei diritti che oggi sono ritenuti inalienabili.
L’origine della giornata celebrativa va ricercata nello sciopero generale del 1886 indetto negli Stati Uniti per ridurre la giornata lavorativa a otto ore. Furono tre giorni di proteste, rivolte e sangue culminati nel massacro di Chicago in cui persero la vita sette poliziotti e quattro scioperanti. Qualche anno dopo a Parigi, nel 1890, ci fu una straordinaria mobilitazione e la manifestazione divenne il più efficace simbolo delle rivendicazioni operaie.
Anche il nostro Paese aderì a questa festività che si trasformò purtroppo, dal 1924 al 1944, in qualcosa di diverso. Intanto non fu più celebrata il 1° maggio, ma il 21 aprile e non fu più chiamata Festa del Lavoro, ma Natale di Roma, andando a coincidere con la leggendaria data di fondazione della capitale.
Solo alla fine della dittatura fascista la giornata celebrativa ritrovò la sua vera natura che era quella di tutelare tutti i lavoratori calpestati nei loro diritti; nel 1947 divenne infatti Festa Nazionale.
Per quanto riguarda gli altri Paesi, già agli inizi del ‘900 la festa superò gli originari confini francesi e iniziò ad essere rivendicata e celebrata un po’ ovunque. Gli operai ormai avevano compreso che bisognava impegnarsi seriamente e lottare tutti insieme, con efficacia e costanza per il riconoscimento dei loro diritti. Quindi, nonostante la reazione repressiva di molti governi, il 1° maggio ottenne un’altissima adesione.
Attualmente il 1° maggio, oltre a ricordarci il prezzo che è stato pagato dai lavoratori e dalle lavoratrici di tutto il mondo per ottenere il riconoscimento dei loro diritti, coniuga il sapore della festa per i molti traguardi raggiunti e l’originario carattere di lotta e di mobilitazione delle categorie più svantaggiate che vedono ancora lontani i loro diritti e la loro stabilità lavorativa. Diritti lontani e violati che riguardano non solo i Paesi meno evoluti, ma anche quelli più sviluppati come ci dimostrano le statistiche sugli infortuni sul lavoro, il diffondersi della piaga del lavoro sommerso e la crescita drammatica della povertà sul lavoro. Si tratta di emergenze che vanno contrastate certamente con la forza del diritto, ma anche con l’acquisizione della consapevolezza che un lavoro dignitoso e sicuro è la condizione essenziale per la partecipazione “all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” di tutti i lavoratori e le lavoratrici” (art.3).
Il CNDDU tiene a sottolineare l’importante valore storico, sociale, economico e politico di tale giornata e intende ricordare che l’art. 1 della Costituzione italiana fissa in modo solenne quello che fu il risultato del Referendum del 2 giugno 1946: L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Il Lavoro è allo stesso modo riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani perché ovviamente è conforme alla dignità umana.
Nessun popolo e nessun Paese possono vivere il presente e pensare al futuro se l’attività lavorativa è carente, precaria, inadeguata, non tutelata. Occorre unire le forze, progettare, tutelare. Occorre investire, creare nuove possibilità ed essere presenti e reattivi in questo complesso periodo storico che ha colpito duramente tutti.
( Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani)
Primo Maggio, Giornata internazionale del lavoro
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