Questa mattina ho partecipato, insieme a quello che si definisce il “popolo giallo” al presidio che si è tenuto a Roma per l’ennesima udienza del processo riguardante il rapimento, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni. Dopo un’udienza veloce, il Gup incaricato di seguire il procedimento ha rinviato alla Consulta gli atti. Gli indagati per tale orrendo reato, commesso 7 anni e mezzo fa, hanno nomi e cognomi, sono funzionari del governo egiziano, del regime di Al Sisi, quello con cui l’Italia ha ottimi e non disturbabili rapporti commerciali legati soprattutto alla vendita di armi e al petrolio. Il governo del Cairo si rifiuta di collaborare con le autorità italiane e non permette di far giungere agli indagati la notifica di reato per cui sono sotto processo.
Non essendo quindi questi informati si cerca di sottrarli a un giusto processo da tenere in Italia. Il rinvio è legato al fatto che la “riforma Cartabia” non prevede fra gli ostacoli al processo la non collaborazione di uno Stato estero. Ci vorranno mesi prima di giungere a una decisione, ma almeno per ora l’impianto accusatorio è salvo e si è scampato il rischio del “non luogo a procedere” che avrebbe fermato il dibattimento.
In rappresentanza del nostro Partito, ma senza bandiere, insieme alla scorta mediatica presente davanti al tribunale per chiedere verità e giustizia per Giulio, auspico che la suprema Corte mostri maggior coraggio di questo governo e di quelli che lo hanno preceduto. Governi vigliacchi che, in nome dei buoni affari, poco o nulla hanno fatto per garantire che il processo si potesse svolgere. Anche noi siamo fra quelli che non dimenticano e che considerano la battaglia per Giulio Regeni, condotta in primis dalla sua famiglia e dalla loro legale, come una battaglia di libertà valida per tutte e tutti.
Stefano Galieni, Responsabile immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, Coordinamento Unione Popolare