Si è da poco conclusa la 72a assemblea nazionale del Movimento di Cooperazione Educativa tenutasi a Napoli nei giorni 14, 15 e 16 aprile. L’associazione fu fondata nel 1951 a Fano sulla scia del pensiero pedagogico e sociale di Célestin ed Elise Freinet. All’indomani della guerra, nel momento di pensare alla ricostruzione, alcuni maestri quali Giuseppe Tamagnini, Adriana Fantini, Aldo Pettini, Ernesto Codignola e più tardi Bruno Ciari, Mario Lodi, Alberto Manzi, Albino Bernardini, Giovanna Legatti e tanti altri si unirono attorno all’idea di una cooperazione solidale che diviene crescita e integrazione sociale.
A 72 anni di distanza rimangono vivi gli ideali iniziali; d’altra parte la scuola non sembra avere fatto propri quei cambiamenti che già le giovani maestre e i giovani maestri auspicavano. La discussione, come al solito avvincente e approfondita, ha tenuto conto delle problematiche che attraversano e hanno attraversato le scuole alla luce della pandemia e delle guerre, che mettono angoscia e privano di sicurezza il futuro dei giovani. L’educazione alla pace e alla nonviolenza infatti rappresentano da sempre uno dei punti cardine dell’attività pedagogica dell’associazione.
I partecipanti all’assemblea hanno convenuto che, nonostante il superamento dei programmi nazionali – prescrittivi dal punto di vista dei contenuti dell’apprendimento – e il passaggio alla scuola del curricolo operato dalle indicazioni nazionali del 2012, molti docenti costruiscono ancora il loro programma sulle materie da trasmettere, come accadeva nella vecchia scuola, tanto criticata dai maestri come Mario Lodi: il soggetto che apprende, oggi come ieri, non è al centro del progetto educativo.
I cambiamenti intervenuti nella ricerca pedagogica faticano a riflettersi nella scuola di tutti i giorni; nelle aule in molti casi si ricorre ancora a pratiche trasmissive, centrate sulle discipline scollegate tra loro, il libro di testo, la lezione frontale. Le attività rimangono lontane dalla vita interiore dei soggetti e non favoriscono lo sviluppo di capacità critiche, creative e di libera espressione così come l’imparare ad apprendere, l’acquisizione di abiti mentali, l’apprendimento per lo sviluppo di competenze.
Ed è in questo contesto che le più giovani e i più giovani tra gli insegnanti percepiscono le contraddizioni di un invito all’esercizio del pensiero critico: privato degli strumenti reali per intervenire sulla realtà, per l’assenza di occasioni autentiche di confronto intergenerazionale, il pensiero ripiega nell’omologazione, quando non si spinge a sposare addirittura il paradigma neoliberista del successo individuale come sola condizione per l’esigibilità di qualsiasi diritto.
Le tecniche cooperative sono fondamentali in questa direzione, perché realizzano contesti e propongono pratiche socio-costruttive e cooperative, riconoscono la centralità del soggetto, danno dignità e valore ai portati culturali, alle lingue e ai linguaggi presenti nel gruppo e ai bisogni formativi di ognuno e ognuna.
Ancora una volta, al termine dell’assemblea, i partecipanti tornano ciascuno nelle proprie realtà con tanto entusiasmo e idee da proporre nelle classi, con la consapevolezza che la situazione politica attuale richiede tenacia e capacità propositive a tutti i livelli. L’Assemblea Nazionale del Movimento di Cooperazione Educativa non ha mancato di ribadire il proprio impegno per la pace e per una diversa cultura della risoluzione dei conflitti con l’utilizzo di mezzi nonviolenti.
Ha altresì sottolineato l’importanza di avviare una riflessione sull’eventuale costituzione di un gruppo nazionale di ricerca-azione e di educazione alla pace che approfondisca le tematiche per la risoluzione nonviolenta dei conflitti, per la giustizia e l’uguaglianza nel mondo e per l’affermazione dei diritti dell’infanzia e l’adolescenza, che verrà eventualmente formalizzato nella prossima assemblea, nel 2024.