L’istruzione, la padronanza della lingua italiana, il conseguimento di titoli di studio sono gli strumenti indispensabili per permettere inserimento sociale, autonomia personale e possibilità di lavoro. Tutti gli ostacoli che impediscono il diritto allo studio creano disuguaglianze, discriminazioni, sofferenze e disagio sociale.
A Torino, tranne che per poche studentesse nella parte sud della città, l’istruzione degli adulti esclude dal diritto allo studio le mamme che devono, per mancanza di servizi adeguati, accudire a tempo pieno i propri figli in età pre-scolare.
I Cpia, le scuole di Stato degli adulti, non aprono le loro porte alle donne immigrate con bambini da zero a sei anni: nel migliore dei casi stipulano accordi con il privato sociale che prevedono solo qualche superficiale intervento della scuola, insegnamento da parte di volontarie e volontari , accudimento dei bambini da parte di personale non qualificato, baby parking e non servizio educativo.
Le associazioni svolgono un apprezzabile ruolo di supplenza rispetto alla mancanza del servizio da parte della scuola di Stato per adulti: poter studiare l’italiano per molte mamme è comunque importante.
Però la “supplenza” del privato sociale non può nascondere che l’ostacolo, non rimosso né dall’Amministrazione scolastica né dall’Amministrazione comunale, determina una situazione di discriminazione di genere nell’accesso al diritto allo studio: mamme che non possono fruire delle stesse opportunità che hanno i padri dei loro figli, che hanno gli uomini.
C’è un piccolissimo quadrilatero di Torino, compreso tra via Bologna, corso Novara, corso Vercelli e via Sempione, in cui risiedono circa 2.000 bambini di famiglie straniere rispetto a poco più di 9.000 dell’intera città: tante mamme a cui è negato di fatto il diritto all’istruzione. Unica loro possibilità è frequentare i corsi delle associazioni, che sono in grado di accogliere solo una minima parte delle richieste.
In Barriera di Milano, nelle situazioni in cui ci sono accordi con il cpia del territorio, le mamme sono inserite in percorsi che non prevedono tutte le materie e un orario completo: generalmente per raggiungere le competenze necessarie e formalizzare il loro impegno con titoli di studio utili all’inserimento lavorativo, impiegano anni, molto più tempo del necessario. Un handicap notevole per il loro inserimento sociale e per il loro percorso di autonomia personale.
Spesso succede che le mamme inserite nei corsi nelle associazioni siano giudicate non in grado di sostenere l’esame, in modo talvolta brutale, da insegnanti sconosciuti. Un titolo di studio senza una preparazione adeguata ha poco valore ma è pedagogicamente assurdo non offrire lezioni, opportunità di apprendimento e poi giudicare chi non ha avuto il servizio di cui aveva diritto come se lo avessero avuto.
Vengono discriminate soprattutto le donne di bassa scolarità: non viene data loro la possibilità di apprendere e poi vengono penalizzate e “colpevolizzate” perché non hanno appreso! Spesso i “giudizi negativi” vengono vissuti come piccole ma dolorose violenze in esperienze di vita spesso già ricche di violenza.
In Barriera di Milano l’esclusione totale o parziale delle mamme dai percorsi di studio è, quantitativamente e socialmente, più grave che in altri quartieri. Negli ultimi anni il servizio è diminuito in modo esponenziale per responsabilità sia dell’Ufficio scolastico regionale che ha quasi dimezzato gli organici proprio in quel territorio sia del Cpia che, nonostante la situazione, ha irrazionalmente ridotto le ore di lezione di italiano “dirottando” molte di quelle ore in attività di organizzazione.
Il Consiglio Comunale di Torino, ha recentemente approvato, con voto unanime dei presenti, una mozione che impegna la Giunta Comunale a sostenere le esperienze di insegnamento della lingua italiana alle mamme presso la scuola frequentata dai loro figli o presso le associazioni: una soluzione che cerca di dare una risposta allo stato delle cose ma che non può risolvere il problema delle mamme escluse dai percorsi di studio della Scuola di Stato. Una soluzione, in grado di coinvolgere, con offerta formativa spesso limitata all’insegnamento dell’italiano, solo una parte delle mamme che avrebbero bisogno e intenzione di studiare. Alcune mamme possono preferire la frequenza di un corso di italiano presso la scuola dei propri figli oppure presso una delle tante associazioni che organizzano corsi per loro: ma la loro deve poter essere una scelta, non l’unica possibilità che hanno essendo loro preclusa la frequenza nei Cpia. D’altra parte i Cpia non possono essere passivi “esamifici”.
Una vera parità di genere, nell’istruzione degli adulti, potrà esserci solo quando Comune di Torino e Amministrazione scolastica si impegneranno a fornire un servizio che permetta alle mamme, che lo desiderano, di poter frequentare tutte le materie di studio mentre i loro figli sono inseriti in un percorso educativo con personale qualificato come sta avvenendo a Mirafiori sud dove è in atto una progettazione che dura da due anni.
Solo con proposte simili anche negli altri quartieri, ed in particolare in Barriera di Milano, le mamme potranno frequentare la scuola di Stato e avere una effettiva parità di diritto allo studio. Altrimenti, le mamme, resteranno imprigionate dal lavoro di cura dei loro figli a tempo pieno e marginalizzate socialmente.